Standard Esg per pmi italiane: una tendenza destinata a durare

Investire sul futuro, oggi, significa investire sulla sostenibilità. Può sembrare uno slogan scontato, forse abusato, ma in realtà esprime una tendenza sempre più consolidata a livello globale. Si tratta di uno scenario – l’attenzione verso la sostenibilità - ormai diffuso in ogni settore ma che nasce da un progetto unitario: Agenda 2030 è il traguardo fissato dalle Nazioni Unite per raggiungere un modello di sviluppo sostenibile in un mondo a zero emissioni, con standard più elevati in quanto a promozione della salute, tutela dei diritti umani, diffusione dello stato di diritto.
In questo contesto la finanza ha avuto sinora un ruolo crescente per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati per il 2030 dalle Nazioni Unite. È proprio nell’ambito degli investimenti finanziari, infatti, che sono stati dapprima introdotti i fattori Esg (Environmental, social e governance) ovvero i criteri necessari per misurare la sostenibilità di un investimento nel medio-lungo periodo: una valutazione, dunque, che tenga conto non solo degli aspetti finanziari in senso stretto ma anche l’impatto a lungo termine dell’investimento, in relazione agli aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Nel contesto europeo, poi, con l’approvazione del Next Generation Eu, il piano di rilancio dell’economia per sostenere la ripresa dopo la pandemia, l’impegno verso la sostenibilità diventa centrale per un modello di crescita inclusiva e a ridotto impatto ambientale.
Il rispetto dei principi Esg non è, dunque, soltanto un volano di marketing ma un’occasione di sviluppo per tutte le imprese.
Dal punto di vista degli investitori, infatti, l’investimento in sostenibilità è da un lato un modo per rendere più efficiente la propria attività e i propri asset, dall’altro è uno strumento per influenzare in modo concreto le azioni di aziende e istituzioni. Ma dal punto di vista delle imprese la ricerca della sostenibilità è un’opportunità per l’apertura di nuovi mercati, l’attrazione e il mantenimento delle risorse umane, l’aumento della produttività e la riduzione dei costi e il miglioramento delle condizioni di accesso al credito. Ma nel lungo periodo una strategia Esg garantisce la minimizzazione dei rischi d’impresa (si pensi a rischi derivanti al mancato adeguamento alla normativa ambientale, alla diversificazione delle fonti di energia riducendo la dipendenza dalle fonti fossili, alla compliance fiscale, alla trasparenza dell’organizzazione aziendale) e anche un vantaggio competitivo legato a un miglioramento reputazionale (si pensi a quanti consumatori oggi sono sensibili alla questione del cambiamento climatico, al commercio equo e all’eguaglianza sociale).
Cosa si intende con Esg
In linea generale, con i tre termini si intende:
Environmental: l’impegno che l’azienda dedica alle tematiche ambientali, l’impegno per la riduzione di emissioni, l’efficientamento energetico, la riduzione dei rifiuti, la dematerializzazione, il contrasto all’inquinamento e allo spreco delle risorse naturali.
Social: la modalità di valorizzazione degli individui all’interno dell’impresa, l’adozione di politiche qualitative per l’ambiente di lavoro, per la formazione del personale, oltre che l’attenzione alle diversità di sesso, abilità ed età, agli standard lavorativi, alle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro.
Governance: i valori legati alla modalità con cui l’azienda è amministrata, ad esempio la trasparenza dell’organo amministrativo, la presenza di consiglieri indipendenti o non esecutivi, le politiche di diversità nella composizione dei cda, il codice di condotta dei fornitori, la presenza di piani e obiettivi di sostenibilità tra cui anche lo sviluppo dell’impresa a lungo termine (ad esempio con la pianificazione del passaggio generazionale).
In un primo tempo il mondo Esg si è concentrato sull’aspetto ambientale con la diffusione dei cosiddetti fondi green che investono in società che si occupano di energie rinnovabili e transizione ecologica. Ora, invece, la tendenza vede sempre maggiore attenzione per gli aspetti sociali e di governance. Un tema che spazia dalle multinazionali alle piccole e medie imprese: basta pensare alla diffusione delle politiche di Corporate social responsability (Csr), dal sostegno alle istituzioni del territorio alla sponsorizzazione di eventi culturali e alle donazioni a organizzazioni no-profit, nell’ottica della creazione di valore economico e sociale a favore della comunità in cui opera l’impresa.
I tre pilastri Esg, ormai al centro del dibattito pubblico, sono divenuti i punti fermi che consentono di monitorare l’impatto a livello ambientale, sociale e di governance delle attività aziendali con un effetto positivo a cascata su tutta la catena di fornitura poiché ai fornitori aziendali viene chiesto di rispettare gli stessi parametri di sostenibilità dell’azienda capofila. La conseguenza necessaria è che le imprese saranno orientate a scegliere i loro fornitori sulla base degli stessi principi. Da questo quadro si comprende come per valutare un’impresa non basti più guardare ai soli dati di bilancio e che per le pmi è fondamentale il rispetto dei criteri Esg e l’impegno verso uno sviluppo sostenibile.
Le opportunità dell’adeguamento agli standard Esg per le aziende italiane
Le aziende che intendono migliorare il proprio profilo Esg, infatti, effettuano anche la valutazione del rischio di sostenibilità dei propri fornitori all’interno della filiera di approvvigionamento. In prospettiva la conseguenza naturale non potrà che essere l’interruzione nella catena di fornitura e l’uscita del mercato nei fornitori che non rispetteranno gli standard richiesti.
Dall’altro lato, è risaputo che la globalizzazione ha progressivamente allungato le catene dal valore interconnettendo imprese eterogenee per modelli di business, economie di appartenenza e cultura aziendale. Un modello - i cui limiti sono stati resi evidenti dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina – che oggi rendi imprescindibile l’analisi della filiera, oltre che per la valutazione del mero impatto ambientale, anche per gli ulteriori rischi derivanti dalla catena di fornitura. Su questo fronte il rischio reputazionale è molto forte e dunque è fondamentale richiedere il rispetto degli standard a tutta la filiera.
Sul fronte delle opportunità che l’adeguamento agli standard Esg apre per le aziende italiane bisogna ricordare che nessuna azienda è in grado di diventare più competitiva per “legge” e tantomeno si può pensare che possa diventare sostenibile solo per effetto di una “compliance normativa“. Il rischio infatti è ricadere nel greenwashing, l’ecologismo di facciata, e nel rainbow washing, la finta inclinazione all’inclusività. Si tratta di manipolazioni della normativa che, una volta scoperte, comportano un danno reputazionale per l’azienda più grave del vantaggio ottenuto.
Al contrario, l’adozione effettiva dei principi Esg garantisce numerosi vantaggi, soprattutto per i cosiddetti early adopter, tra cui un miglior posizionamento e l’ampliamento delle opportunità commerciali, il contenimento del rischio reputazionale, il miglioramento dell’efficienza e della produttività, l’apertura di canali preferenziali per l’accesso al credito.
La crescente spinta del mercato verso la sostenibilità vede dunque uno scenario in continua evoluzione, con l’aggiornamento continuo delle normative di settore e delle procedure aziendali, tanto che molte imprese stanno strutturando degli advisory board composti da professionisti che uniscano alle competenze legali la conoscenza del business e dei principi Esg. Un approccio sempre più necessario per cavalcare il cambiamento in atto e conseguire un asset strategico per il futuro.
