Pmi: divulgare la sostenibilità favorisce l'accesso al credito

Rita Annunziata
17.11.2021
Tempo di lettura: 5'
Secondo un nuovo studio del Forum per la finanza sostenibile presentato in occasione della Settimana Sri, le pmi impegnate nel reporting di sostenibilità ottengono una serie di benefici. Non solo in termini di accesso a nuove linee di credito

Quasi la metà delle pmi (44%) dichiara di redigere un documento di sostenibilità. E per il 65% questo coincide con un bilancio o rapporto di sostenibilità, ma c’è anche chi produce un bilancio sociale (20%) o una dichiarazione non finanziaria (17%)

Arianna Lovera: “Rispetto ai benefici, le aziende dichiarano di averne ottenuti soprattutto sul piano reputazionale, mentre appaiono limitati dal punto di vista economico-finanziario in termini di acquisizione di nuovi clienti e quote di mercato”

Le piccole e medie imprese, attori chiave del tessuto economico tricolore, hanno mostrato negli ultimi anni un interesse crescente nei confronti di tutto ciò che è “green”. Ma gli operatori finanziari continuano a scontare una limitata disponibilità di informazioni relative alle loro politiche e performance di sostenibilità. E, qualora presenti, risultano lacunose e difettano di comparabilità. Eppure, i numeri lo confermano, divulgare dati esg porta con sé una serie di benefici. In termini non solo di accesso a nuove linee di credito ma anche di brand reputation.
È la fotografia scattata dalla nuova indagine “Pmi italiane e rendicontazione di sostenibilità” realizzata dal Forum per la finanza sostenibile in collaborazione con Altis - Alta scuola impresa e società dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, presentata nell'ambito della decima edizione della Settimana Sri in programma dall'11 al 25 novembre. Sotto la lente 240 imprese, di cui 105 rispondenti, principalmente di piccole dimensioni con un fatturato inferiore a 20 milioni di euro e un numero di addetti inferiore a 50 unità. Quasi la metà (44%) dichiara di redigere un documento di sostenibilità. E per il 65% questo coincide con un bilancio o rapporto di sostenibilità, ma c'è anche chi produce un bilancio sociale (20%), un bilancio d'impatto (17%) o una dichiarazione non finanziaria (17%).
Quanto alle motivazioni che le hanno spinte ad avviare un percorso di rendicontazione, sono principalmente di tipo interno. In una scala di intensità da 1 a 4, emergono la possibilità di esprimere valori e principi di corporate social responsibility (3,7), raccogliere informazioni utili per definire obiettivi di miglioramento delle performance esg (3,5), migliorare la propria reputazione (3,4) e migliorare la propria attrattività nei confronti di potenziali clienti (3,4). Le necessità di rispondere alle esigenze informative degli stakeholder, invece, resta sul fondo (2,7) insieme al colmare un gap con i concorrenti (2,6) e rispondere a un obbligo normativo (2,0).

“Rispetto ai benefici, le aziende dichiarano di averne ottenuti soprattutto sul piano reputazionale, mentre appaiono limitati dal punto di vista economico-finanziario in termini di acquisizione di nuovi clienti e quote di mercato”, racconta Arianna Lovera, senior programme officer del Forum per la finanza sostenibile. “Un dato che conferma la necessità di promuovere prodotti e servizi dedicati alle pmi attenti ai prodotti esg, perché l'offerta c'è ma evidentemente non è ancora sufficientemente conosciuta e promossa presso quelle interessate a sottoscriverla”. Anche perché, si legge nel rapporto, le imprese che hanno pubblicato il primo documento entro il 2018 rivelano un differenziale positivo in termini di accesso a nuove linee di credito (+15%) e miglioramento dei processi di pianificazione (+8,3%).

Tra le 59 imprese che non hanno ancora intrapreso un percorso di rendicontazione, intanto, 18 affermano di aver avviato una valutazione in tal senso. E la carenza di competenze specifiche in materia di reporting di sostenibilità interne all'azienda si rivela il principale ostacolo in tal senso. “Le pmi non considerano la dichiarazione di sostenibilità come qualcosa di costoso o difficoltoso nel reperimento dei dati. Non sono spaventate dall'assumere un consulente esterno, reperire le informazioni nella catena di fornitura, coinvolgere il personale o il management. Quello che le disturba è capire cosa devono dire, quali sono le domande cui devono rispondere, e connettere quale sia il beneficio connesso a questo sforzo, se non di natura reputazionale”, spiega Alfonso Del Giudice, professore ordinario di finanza aziendale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

L'industria finanziaria, aggiunge, è chiamata a svolgere un ruolo proattivo, aiutando le aziende a sviluppare sistemi di reporting più semplici e accessibili. “Credo che in un momento come questo il mercato abbia una grande opportunità, che in Europa si chiama Next generation Eu e in Italia Pnrr”, interviene Adelaide Mondo, responsabile ufficio corporate lending and solutions di Bper Banca. “Le pmi a breve potranno accedere a numerose risorse. E le banche non possono perdere l'occasione di stare al loro fianco, supportandole in questo cambiamento”, aggiunge. Anche affiancando “alle risorse pubbliche le risorse private per incentivare gli investimenti”, conclude Anna Roscio, responsabile direzione sales&marketing imprese di Intesa Sanpaolo.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.
La redazione vi consiglia altri articoli

Cosa vorresti fare?