Imprese sostenibili, Italia fa progressi ma ancora sotto la media

Francesca Conti
Francesca Conti
3.12.2019
Tempo di lettura: 3'
Nel panorama europeo della sostenibilità, le imprese italiane restano sotto la media. Ma qualche chiaro passo avanti è stato fatto. I dati dell'ultimo studio di Refinitiv

Il 74% delle aziende italiane possiede una politica di riduzione delle emissioni. Un livello inferiore rispetto alla media europea (81%)

A livello globale il 63% delle aziende adotta una politica di riduzione delle emissioni. Il lato positivo è che si tratta del 14% in più rispetto al 56% di cinque anni fa

Solo il 35% delle aziende a livello globale ha obiettivi specifici di riduzione delle emissioni

Se è vero che la sostenibilità è sempre più ‘pop' e il mondo degli investimenti è già sulla strada degli Esg, è vero anche che per gli investitori le minacce di greenwashing restano dietro l'angolo. I gestori patrimoniali necessitano quindi di dati e strumenti di analisi per integrare la sostenibilità al meglio nella loro strategia di investimento.
Refinitiv, tra i principali provider di dati finanziari a livello globale, ha redatto uno studio per analizzare le iniziative aziendali in ottica di riduzione dell'impatto sull'ambiente, grazie all'utilizzo del database Esg (ambientale, sociale e di governance) proprietario, che annovera dati di 9.000 società quotate, pari al 70% della capitalizzazione di mercato globale. Ecco cosa è emerso.

Il panorama italiano

Nel panorama europeo della sostenibilità, l'Italia non si distingue e anzi è sotto la media. È infatti solo il 74% delle aziende italiane ad avere una politica di riduzione delle emissioni. Un livello inferiore rispetto alla media europea (81%). Tuttavia nel Belpaese si evince la maggiore progressione rispetto a 5 anni fa.

Solo il 37% delle aziende italiane ha fatto disclosure sui target di emissioni (rispetto al 51% a livello europeo), percentuale invariata rispetto al 2013. Più virtuosa la fotografia relativa alla produzione di rifiuti: in media un'azienda italiana produce 46,3 tonnellate di rifiuti per ogni milione di dollari di ricavi, rispetto ad una media globale di 3.681 e di 1.026 a livello europeo.

Cresce positivamente l'attenzione sull'impatto ambientale della supply chain: il 70% delle aziende italiane comunica le politiche ambientali dei propri fornitori, con un aumento del 36% rispetto a 5 anni fa (in linea con la media europea, pari al 71%, e significativamente superiore rispetto a quella globale, pari al 52%).

Del 56% delle aziende italiane con una policy di efficienza idrica (allineata alla media globale e di 3 punti percentuali inferiore a quella europea), solo il 14% ha evidenziato target specifici (25% in Europa). Tuttavia, le emissioni idriche inquinanti sono significativamente più basse (306 tonnellate rispetto a una media europea di oltre 15.000 e superiore a 1,5 milioni a livello globale).
A livello globale c'è ancora molta strada da fare

Le società non sembrano essere molto avanti sul fronte della sostenibilità. Il 63% delle aziende a livello globale, secondo i dati di Refinitiv, adotta una politica di riduzione delle emissioni. Il lato positivo è che si tratta del 14% in più rispetto al 56% di cinque anni fa. Il lato negativo, tuttavia, è che solo il 35% delle aziende ha obiettivi specifici di riduzione delle emissioni.

Il 78% delle società presenta delle politiche di riduzione delle risorse, tuttavia solo il 30% ha individuato obiettivi tangibili e solo il 26% presenta entrambi. Negli ultimi 5 anni sono però aumentate del 25% le aziende con politiche di efficienza idrica e del 34% delle aziende con obiettivi specifici.

I primi 5 settori industriali in termini di incidenza percentuale di aziende con politiche sulle emissioni sono: automotive e ricambistica, commercio al dettaglio di prodotti alimentari e farmaci, servizi di telecomunicazione, prodotti chimici e infine trasporti.

In tema di biodiversità, lo studio sottolinea come in generale le aziende non abbiano ancora definito lo sviluppo di politiche ad hoc per limitare il loro impatto su flora e fauna. Al di là della Francia, che sta aprendo la strada con un'attenzione al tema del 69% delle aziende analizzate, tutti gli altri Paesi segnalano il 40% o meno.

I commenti

"Stiamo vivendo un momento cruciale per i mercati dei capitali e gli investitori devono svolgere un ruolo attivo per sostenere e finanziare un'economia lungimirante e prospera”, ha commentato Elena Philipova, responsabile globale di Esg di Refinitiv. “Risulta quindi fondamentale - ha aggiunto -  promuovere la trasparenza e la standardizzazione dei dati per potenziare e informare gli investitori su quali aziende stanno migliorando il loro impatto ambientale, reindirizzando il capitale verso i settori, le aziende e le asset class vincenti per un futuro sostenibile”.

“La transizione verso un'economia verde è di fondamentale importanza per la conservazione del nostro pianeta e della nostra economia”, ha sottolineato Filippo Cambieri, specialist advisory & investment management di Refinitiv Italia. “Alla ventunesima riunione della Conferenza delle parti (Cop21) della Convenzione sui cambiamenti climatici, tenutasi a Parigi nel dicembre del 2015, è stato fissato l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, tuttavia se si osservano gli attuali contributi su scala nazionale, secondo le attuali proiezioni la tendenza punta più a 3,3°C alla fine di questo secolo”.

“Per ora la regolamentazione sta guidando l'evoluzione; infatti, il Parlamento europeo ha recentemente votato la riduzione delle emissioni di CO2 delle nuove autovetture del 37,5% entro il 2030, ma le imprese devono amplificare questa iniziativa prendendo iniziative proprie. Su scala globale il 63% si impegna effettivamente ad implementare nuove policy, ma posso emergere dei dubbi sull'efficacia di queste iniziative, dato che solo il 35% ha fissato specifici target. Auspichiamo un concreto cambiamento che porti le aziende ad impegnarsi a raggiungere “numeri reali” per sostenere la loro volontà di proteggere il pianeta”, ha concluso Cambieri.
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