Finlandia, Svezia e Danimarca leader della sostenibilità. E l'Italia?

16.12.2021
Tempo di lettura: 5'
La crisi pandemica ha interrotto il cammino dell'Ue verso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'Onu. Ma alcuni paesi sono stati comunque in grado di ottenere score da record a livello globale. Ecco quali
La Finlandia è in cima all’Sdg index sia nel contesto europeo che in quello mondiale (con un punteggio di 80.8) avendo subito meno i contraccolpi della crisi pandemica rispetto alla maggior parte degli altri paesi
Seguono Svezia e Danimarca, con un punteggio pari rispettivamente a 80.6 e 79.3. Paesi che, come il resto d’Europa, stanno tuttavia affrontando sfide significative sul fronte del clima e della biodiversità
La pandemia ha interrotto, almeno in parte, il cammino tutto europeo verso il raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (i cosiddetti “Sdgs”). Riducendo le aspettative di vita e spingendo verso l'alto tassi di povertà e disoccupazione. Al punto che, per la prima volta dalla sottoscrizione dell'Agenda 2030 nel 2015, il punteggio dell'Sdg index dell'Unione europea non è aumentato, anzi, è leggermente diminuito. Anche se alcuni paesi sono stati in grado di ottenere score da record a livello globale.
Secondo la terza edizione del rapporto del Sustainable development solutions network in partnership con Sdsn Europe e l'Institute for european environmental policy, la Finlandia è in cima all'Sdg index sia nel contesto europeo che in quello mondiale (con un punteggio di 80.8) essendo “stata meno colpita dalla pandemia rispetto alla maggior parte degli altri paesi Ue”, scrivono i ricercatori. Seguono Svezia e Danimarca, con un punteggio pari rispettivamente a 80.6 e 79.3. Paesi che, come il resto d'Europa, stanno tuttavia affrontando sfide significative nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile nei settori della dieta e dell'agricoltura sostenibili, del clima e della biodiversità. Tanto che il ritmo dei progressi su molti di questi ambiti viene giudicato troppo lento per raggiungere gli Sdgs entro il 2030 e l'Accordo di Parigi entro il 2050.
Certo, stando alla classifica, l'Europa resta comunque leader degli Sdgs a livello globale. I primi 10 paesi nel ranking sono infatti europei (Finlandia, Svezia, Danimarca, Austria, Norvegia, Germania, Svizzera, Estonia, Slovenia e Francia) mentre l'Italia si posiziona 23esima con un punteggio di 68.5. Ma, nel complesso, il continente dovrebbe affrontare tre grandi sfide. La prima è legata alle scarse prestazioni sugli obiettivi ambientali, coperti dall'Sdg2 (“sconfiggere la fame”), l'Sdg12 (“utilizzo responsabile delle risorse”) e l'Sdg15 (“utilizzo sostenibile della terra”). La seconda riguarda poi le diseguaglianze all'interno dei paesi. Mentre da una prospettiva internazionale i sistemi di protezione sociale e le altre politiche socioeconomiche rendono infatti l'Unione europea uno dei continenti più egualitari al mondo, esistono divari persistenti nell'accesso e nella qualità dei servizi e nelle opportunità offerte alle differenti fasce di popolazione; si parla in questo caso dell'Sdg3 (“buona salute e benessere”), dell'Sdg4 (“istruzione di qualità”) e dell'Sdg5 (“uguaglianza di genere”).
La terza sfida, infine, riguarda le ricadute internazionali negative connesse ai flussi commerciali e finanziari. Attraverso le importazioni (di cemento, acciaio e combustibili fossili, per esempio) l'Europa genera infatti emissioni di Co2 in altre parti del mondo, tra cui Africa, Asia-Pacifico e America Latina. E mentre le emissioni domestiche sono calate in media dal 2015, quelle estere sono aumentate di circa il 3,5% solo nel 2018. Senza dimenticare che le catene di approvvigionamento alimentare dell'Ue generano notevoli impatti negativi su biodiversità e uso del suolo nel resto del mondo. Il che, secondo gli esperti, richiede “ulteriori sforzi” attraverso interventi nazionali ma anche una più forte cooperazione internazionale.
In definitiva, sono invece quattro le azioni prioritarie individuate dall'istituto per accelerare il raggiungimento degli Sdgs, sia a livello europeo che a livello internazionale:
La terza sfida, infine, riguarda le ricadute internazionali negative connesse ai flussi commerciali e finanziari. Attraverso le importazioni (di cemento, acciaio e combustibili fossili, per esempio) l'Europa genera infatti emissioni di Co2 in altre parti del mondo, tra cui Africa, Asia-Pacifico e America Latina. E mentre le emissioni domestiche sono calate in media dal 2015, quelle estere sono aumentate di circa il 3,5% solo nel 2018. Senza dimenticare che le catene di approvvigionamento alimentare dell'Ue generano notevoli impatti negativi su biodiversità e uso del suolo nel resto del mondo. Il che, secondo gli esperti, richiede “ulteriori sforzi” attraverso interventi nazionali ma anche una più forte cooperazione internazionale.
In definitiva, sono invece quattro le azioni prioritarie individuate dall'istituto per accelerare il raggiungimento degli Sdgs, sia a livello europeo che a livello internazionale:
- pubblicare una dichiarazione politica congiunta dei tre pilastri della governance dell'Ue (Consiglio europeo, Parlamento europeo e Commissione europea), confermando il loro impegno per l'Agenda 2030 in risposta alla crisi pandemica e le sue conseguenze e per un nuovo slancio verso il raggiungimento degli Sdgs;
- preparare un comunicato della Commissione europea che chiarisca come l'Ue miri a raggiungere gli Sdgs, inclusi obiettivi, scadenze e tabelle di marcia, da aggiornare regolarmente;
- istituire un nuovo meccanismo o rinnovare il mandato della Piattaforma multi-stakeholder per un impegno strutturato con la società civile e gli scienziati sulle politiche e sul monitoraggio degli Sdgs;
- predisporre una revisione nazionale volontaria a livello dell'Ue in vista del vertice sugli Sdgs di settembre 2023 alle Nazioni Unite che copra priorità interne, diplomazia e azioni internazionali per ripristinare e proteggere i beni comuni globali e affrontare le ricadute internazionali.