L'Europa crede nel green: accordo tra le banche centrali

L'obiettivo è sostenere tutti i membri dell'Eurosistema nella transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio e nel conseguimento degli obiettivi climatici
L'accordo contribuirà infatti a rafforzare la consapevolezza dei rischi climatici, promuovendo anche la diffusione di informazioni sull'argomento
Banca d'Italia gestisce un portafoglio finanziario investito per il 10% in titoli azionari e in quote di organismi d'investimento collettivi del risparmio di natura azionaria
Il portafoglio “verde” di Banca d'Italia
Ma quali sono i criteri d'investimento della Banca d'Italia, nel dettaglio? Come precisato in una nota, per coprire i costi e preservare la propria solidità patrimoniale, l'istituto guidato da Ignazio Visco gestisce un portafoglio finanziario investito per una quota minoritaria (intorno al 10%) in titoli azionari e in quote di organismi d'investimento collettivi del risparmio di natura azionaria. Si tratta in gran parte di titoli quotati nell'area euro e in misura minore negli Stati Uniti e in Giappone. La gestione, precisa Bankitalia, è “ispirata a un criterio generale di neutralità di mercato” e “realizzata mediante la replica di indici di riferimento”. Un criterio recentemente integrato anche dai fattori esg (environmental, social and governance).
“L'adozione di criteri di investimento in grado di tenere conto dei profili esg ha riguardato gli investimenti finanziari dei fondi propri della Banca e, in particolare, i portafogli di azioni emesse da società dell'area dell'euro (inclusa l'Italia), che ammontano a circa otto miliardi di euro, pari al 6% degli investimenti finanziari in euro e comprendono titoli di circa 140 società quotate”, scrive l'istituto, sottolineando come l'adozione dei nuovi criteri d'investimento non riguardi “le operazioni e gli investimenti connessi con le attività istituzionali, condotte nell'ambito dei compiti assegnati al Sistema europeo delle banche centrali dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea”.
Green deal: e le conseguenze geopolitiche?
Ma l'economia, intanto, non rappresenta l'unico tassello del Green deal europeo. Secondo un policy paper congiunto redatto dallo European council on foreign relations e l'istituto Bruegel, un aspetto da non sottovalutare è l'impatto geopolitico del pacchetto di iniziative sull'equilibrio energetico europeo e sui mercati globali, sui vicini paesi produttori di gas e petrolio, sulla sicurezza energetica del continente e sull'andamento del commercio mondiale. Un contesto che renderebbe necessario l'intervento su sette linee fondamentali.
Innanzitutto, sostenere i paesi esportatori di gas e petrolio nel vicinato europeo a gestire le ripercussioni del Green deal, favorendo la loro diversificazione economica e la produzione di energia rinnovabile e idrogeno verde. Poi, rafforzare la sicurezza delle forniture di materie prime critiche, contraendo la dipendenza dalla Cina. Lavorare con gli Stati Uniti e altri partner per costruire un “climate club” volto ad applicare eguali misure di aggiustamento del carbonio alla frontiera e diventare uno “standard-setter” mondiale per la transizione energetica. E infine “internazionalizzare il green deal europeo”, “promuovere condizioni globali per la mitigazione del cambiamento climatico” e “una piattaforma globale sulla nuova economia dell'azione climatica”, concludono i ricercatori.