La crisi ucraina mette a rischio la transizione energetica?

Rita Annunziata
10.3.2022
Tempo di lettura: 5'
Le tensioni in Ucraina potrebbero spingere l'Europa a bruciare ancora più carbone. O contribuire a diffondere l'idea delle rinnovabili come “energie della libertà”

Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature ha rivelato che i paesi del G20 hanno speso 14mila miliardi di dollari in misure di stimolo economico tra il 2020 e il 2021 ma solo il 6% è stato assegnato ad aree che ridurrebbero le emissioni

Stando all’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, nel 2021 le emissioni di anidride carbonica sono cresciute del 6%. Un incremento legato principalmente all’uso del carbone (che ha contribuito per il 40%)

La guerra Russia-Ucraina potrebbe mettere a rischio la transizione energetica. E, con essa, anche i deboli impegni assunti in occasione della Cop26 dello scorso novembre. Ma, come ogni grande crisi, potrebbe anche rappresentare un punto di svolta. Contribuendo a diffondere l'idea delle rinnovabili come “energie della libertà” e dando quel vero impulso a un mercato che finora, specie in Europa, continua a barcollare. Con la corsa al carbone che spinge le emissioni di anidride carbonica verso l'alto.
Come ricorda il Financial Times recuperando le parole del presidente della Cop26 Alok Sharma, la direzione di marcia definita nell'ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Glasgow era chiara. I paesi stavano “voltando le spalle al carbone”, la cui fine era ormai “in vista”. Ma, quattro mesi dopo, il quadro energetico ha subito un'inversione di marcia. Durante l'inverno l'uso del carbone a livello globale ha raggiunto livelli record, accompagnato da un incremento delle emissioni. E questo ancora prima che la Russia invadesse l'Ucraina, scatenando una crisi energetica globale che ha spinto i paesi (in particolare l'Europa) a cercare affannosamente un'alternativa al petrolio e al gas russo. Oltre a riconsiderare le tempistiche degli impegni assunti per ridurre la propria dipendenza dai combustibili fossili.
Secondo i dati raccolti da Dieter Helm, professore di politica energetica dell'Università di Oxford, l'80% dell'energia mondiale proviene ancora da queste fonti energetiche. E il consumo di carbone dell'Unione europea potrebbe continuare ad aumentare. In un tweet dell'8 marzo, Ursula von der Leyen ha ribadito come “siamo ancora troppo dipendenti dai combustibili fossili russi” e che bisognerebbe garantire ai cittadini europei “una fornitura di energia affidabile, sicura e conveniente”. Per il ministro federale delle Finanze tedesco Christian Lindner, l'energia pulita dovrebbe essere considerata “un'energia della libertà” (la Germania, a tal proposito, intende ridurre la propria dipendenza dalla Russia puntando al 100% di elettricità green nel 2035, ndr).

Ma secondo altri esperti l'Europa ha già perso l'opportunità offerta in tal senso dalla crisi pandemica. Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature recentemente ha rivelato che i paesi del G20 hanno speso 14mila miliardi di dollari in misure di stimolo economico tra il 2020 e il 2021 ma solo il 6% è stato assegnato ad aree che ridurrebbero le emissioni. La crisi ucraina, secondo Van de Graaf (professore associato di politica internazionale dell'Università di Gand), potrebbe essere diversa e innescare un'ondata di investimenti nell'energia pulita. La domanda è se questo cambiamento possa avvenire rapidamente favorendo il raggiungimento degli obiettivi climatici o se le tensioni nell'Est Europa possano invece rivelarsi un'ulteriore battuta d'arresto per la transizione verde.

Ricordiamo che, stando all'ultimo rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia, nel 2021 le emissioni di anidride carbonica sono cresciute del 6%. Un incremento legato principalmente proprio all'uso del carbone (che ha contribuito per il 40%). Il ministro dell'Economia e della protezione climatica tedesco Robert Habeck ha dichiarato a tal proposito che l'Europa potrebbe essere costretta a bruciare ancora più carbone per rispondere alla crisi ucraina e alla spirale dei prezzi del gas. E lo stesso vale per l'Italia, col premier Mario Draghi che ha evocato la riapertura delle centrali a carbone se utile a “colmare eventuali mancanze nell'immediato”. Una possibilità esclusa successivamente dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che martedì ha chiarito come le “centrali a carbone chiuse non riapriranno” ma “si potrebbero mandare a pieno regime” quelle ancora in funzione.

Nonostante quelli che sono stati definiti da Scott Mackin (managing partner di Denham Capital) come “dossi sulla strada”, nel quadro generale lo slancio verso la transizione energetica resta intanto “ancora molto forte”. Ma la velocità con cui questa transizione sarà messa in atto è anche una questione politica, spiega il quotidiano economico-finanziario britannico. Il conflitto potrebbe rendere complessa la cooperazione globale sul cambiamento climatico, che dovrebbe includere anche due grandi emettitori come la Cina e la Russia. In occasione della Cop27, che si terrà in Egitto quest'autunno, i paesi dovrebbero presentare nuovi piani climatici alle Nazioni Unite. E secondo Pete Betts, ex negoziatore capo per l'Unione europea, i segnali di un possibile miglioramento degli impegni assunti erano già deboli prima dello scoppio della guerra. Resta da capire se le tensioni tra Russia e Ucraina daranno davvero un nuovo senso d'urgenza all'addio al carbone, petrolio e gas. “La verità è che non abbiamo mai trattato il cambiamento climatico come una reale emergenza, allo stesso modo in cui stiamo trattando la guerra in Ucraina come un'emergenza”, spiega Van de Graaf. “Il paradigma sulla sicurezza nazionale possiede una forza di mobilitazione decisamente maggiore rispetto al paradigma della catastrofe climatica”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.
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