10 aziende (3 in finanza) con le migliori strategie di sostenibilità

Rita Annunziata
15.6.2023
Tempo di lettura: 3'
Eni, Hera e Poste Italiane ottengono quest’anno il miglior punteggio al “test” di ET.Group sul grado di integrazione della sostenibilità nelle strategie aziendali. Mentre si articolano le professionalità dedicate, dal cfo al commercialista

Eni guida la graduatoria, guadagnando una posizione rispetto allo scorso anno. Seguono Hera e Poste Italiane

L’88% delle aziende cerca competenze di sostenibilità nell’area risorse umane, seguita dalla governance (85%) e da marketing e comunicazione (81%)

Selmi: “La funzione finanza deve facilitare un processo di inclusione degli obiettivi di sostenibilità anche all’interno dei piani strategici”

Integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali? 10 aziende hanno individuato la chiave migliore per farlo, ottenendo il punteggio più alto al “test” annuale di ET.group. Si tratta dell’Integrated governance index, che quest’anno ha coinvolto oltre alle prime 100 società quotate italiane anche le società che hanno redatto la dichiarazione non finanziaria nel 2021 (paniere Consob) e le prime 50 società non quotate per un totale di circa 300 aziende. A compilare il questionario sono state in 98, di cui 80 quotate e 18 non quotate, con un tasso di risposta che si aggira intorno al 30%.


Eni guida la graduatoria, guadagnando una posizione rispetto allo scorso anno, seguita da Hera (che balza dalla prima alla seconda posizione, appunto) e Poste Italiane (che sale dalla quinta alla terza posizione). Chiudono la top10 generale Snam, Erg, Unicredit, Saipem, Iren, Enel e Intesa Sanpaolo. Ai vertici della classifica delle società non quotate si collocano invece Astm, Bnl Bnp Paribas e Crédit Agricole Italia, seguite da Cdp e Alperia. Nella top5 delle società quotate non rientrati tra le prime 100 per dimensione ci sono infine Sit, Fiera Milano, Gefran, Newlat food e Fnm. L’ufficio studi di ET.Group ha poi diviso le partecipanti in quattro gruppi a seconda del livello di sviluppo dell’identità Esg (termine con il quale si intende l’insieme degli elementi distintivi di un soggetto che, partendo dal suo purpose Esg, caratterizzano la sua struttura organizzativa per arrivare alla coerenza della sua offerta al mercato, passando per le modalità con cui il soggetto pensa e comunica sul fronte sostenibile, ndr): “top performer”, “leader”, “conscious” e “builder”. Appena il 19,5% delle aziende rispondenti rientrano nella categoria top performer, mentre le leader raggiungono il 24,5%.


Come cambiano le funzioni chiave in azienda

“Quest’anno abbiamo chiesto alle rispondenti in quale funzione aziendale cercano le competenze di sostenibilità”, racconta Giulia Bandini, esg research officer & junior consultant di EticaNews nella cornice del Palazzo Giureconsulti di Milano. “Quello che è emerso è che la maggior parte delle risposte dominano nell’area delle risorse umane (88,46%), seguita dalla governance (84,62%) e da marketing e comunicazione (80,77%)”. Anche perché, spiegano gli esperti intervenuti all’Esg business conference, l’evoluzione delle normative in chiave sostenibile sta alzando l’attenzione dei controlli interni ed esterni, arrivando a coinvolgere tutte le funzioni chiave dell’azienda. A partire dalla figura del dottore commercialista. “Circa 210 imprese nel nostro Paese redigono obbligatoriamente una dichiarazione non finanziaria secondo la direttiva attualmente in vigore”, ricorda Sara Pelucchi, presidente della commissione sostenibilità dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. “La Corporate sustainability reporting directive (Csrd) punta a coinvolgere le pmi, che rappresentano circa il 95% delle aziende europee. Se partiamo da questo dato, capiamo che se non coinvolgiamo le pmi italiane, tanti obiettivi verranno raggiunti con molta più fatica. Ma bisogna mettere in atto un grande investimento in formazione, anche dei commercialisti, affinché diventino più consapevoli del loro ruolo in questo processo”.


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Secondo una ricerca condotta da Andaf (Associazione nazionale direttori amministrativi e finanziari) su un campione di circa 600 aziende sulla consapevolezza dell’importanza delle tematiche Esg, il 78% dichiara di aver individuato in qualche modo queste tematiche ma almeno il 50% ammette di averlo fatto con approcci “che non seguono esattamente ciò che prescrive la letteratura”, raccolta Giovanni Selmi del consiglio direttivo di Andaf Lombardia. “Un ulteriore 50% dichiara di non aver coinvolto tutti gli stakeholder, creando quasi un vizio di autoreferenzialità nell’approccio e nella definizione di questi temi. Emerge dunque un deficit di conoscenza, più che di consapevolezza. Deficit in parte sulla normativa e in parte sulle competenze professionali”, continua Selmi. In questo contesto, secondo l’esperto, il chief financial officer gioca un ruolo di prim’ordine. “Il cfo deve sforzarsi di dialogare con le altre funzioni aziendali, non solo nell’ambito della rendicontazione di sostenibilità. Può essere un catalizzatore di strumenti più sofisticati di gestione all’interno dell’azienda, facilitando un processo di inclusione degli obiettivi di sostenibilità anche all’interno dei piani strategici”.

Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.
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