Vendemmia a prova di covid: l'Italia resiste e insiste

Lorenzo Magnani
Lorenzo Magnani
18.9.2020
Tempo di lettura: 5'
Se il covid ha impestato tutto ciò che ha trovato sul suo cammino si è dovuto fermare innanzi alla bellezza dei filari italiani. La vendemmia 2020 sta rendendo infatti bene sia in termini di quantità che di qualità, mentre i vini pregiati della Penisola sono sempre più l'alternativa ai grandi classici francesi
Nell'anno in cui davanti agli indicatori industriali di (quasi) tutti i paesi e settori è frapposto il segno meno, l'Italia del vino è in parte un'eccezione. I viticoltori infatti possono sorridere anche di fronte allo spauracchio del segno negativo. Stando ai dati di settembre nello Stivale la produzione di vino è calata solo del 1% rispetto all'anno precedente. Per di più tutti i principali competitor inseguono. Ma se in un attimo da un accenno di sorriso si è passati a un riso più compiuto, con la stessa velocità arrivano le cattive notizie. Rimane infatti critico il lato della domanda, dove i consumi a livello globale e dunque le nostre esportazioni sono in forte calo. Le uve di alta qualità tuttavia potranno forse fare tornare il sereno sul cielo della Penisola.

Calo dei consumi e dell'export


Il dilagare dell'epidemia e la conseguente crisi reale, le tensioni commerciali e la Brexit che potrebbero proiettare l'ombra dei dazi, non hanno certo creato un contesto favorevole per una domanda sostenuta. In Cina il consumo di vino italiano è calato del 44%, nel Regno Unito le vendite sono diminuite del 12% mentre la Francia ha ceduto il 14%. Il consumo in Germania e Stati Uniti, i porti sicuri delle bottiglie nostrane, è invece rimasto più stabile perdendo solo l'1%. Complessivamente le esportazioni si sono contratte del 4% segnando di fatto un cambio di rotta storico che da 30 anni a questa parte non si era mai registrato. Ma fintanto che il Covid impesterà le economie di tutto il mondo è difficile pensare a uno scenario diverso. Tuttavia secondo Raffaelle Borriello, direttore generale di Ismea: “Il settore vitivinicolo italiano ha dato prova di una straordinaria capacità di ripresa e resilienza riuscendo a reggere l'urto di questa crisi senza precedenti che si è abbattuta sul sistema produttivo globale". I dati positivi arrivano dalla vendemmia di quest'anno anticipata ad agosto e che si protrarrà, per alcune uve più tardive, fino a fine ottobre.

La vendemmia 2020


Secondo le prime stime, sul 20% del vendemmiato, realizzate da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana vini è prevista una flessione minima del 1% rispetto al 2019. Nonostante il lieve calo la bandiera tricolore rimane sul tetto del mondo per quantità mettendo a segno 47,2 milioni di ettolitri e in fila le storiche rivali del settore, con la Francia che registra una produzione di 45 milioni di ettolitri e la Spagna, 42 milioni. Da un punto di vista regionale il Veneto si conferma la principale area produttrice con circa 11 milioni di ettolitri, seguita da Puglia (8,5 milioni), Emilia-Romagna (7,7 milioni) e dall'Abruzzo (3,4 milioni). Complessivamente queste regioni fanno il 65% della produzione vinicola italiana. Con riguardo alle maggiori variazioni di produzione rispetto all'anno scorso, la Sicilia e la Toscana segnano un -15%, mentre la resa in Sardegna, Liguria e Lombardia è molto positiva e rispettivamente del +18%, +15% e +10%.

Uve sempre più di qualità


A confortare gli operatori oltre che i dati sulla produzione molto incoraggiante è la qualità delle uve. "L'annata 2020 - afferma il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella - si presenta con delle uve di ottima qualità, sostenute da un andamento climatico sostanzialmente positivo, che non possono che darci interessanti aspettative per i vini provenienti da questa vendemmia". Una prospettiva che dunque fa ben sperare e che, contestualizzata nel mondo dei vini pregiati, può confermare il sempre più frequente apprezzamento dei vini italiani da parte della critica internazionale. Di fronte a un universo dominato dai più antichi chateau della Borgogna e della zona del Bordeaux, negli ultimi anni sempre più cantine italiane si sono fatte valere. Nella classifica stilata da Liv-ex, piattaforma leader nel commercio dei fine wines, dei cento vini migliori del 2019 il Sassicaia si è posizionato al settimo posto, dietro solo a mostri sacri come Krug e Leroy.  Dieci anni fa, secondo il report liv-ex 100 Power 2019, il peso che l'Italia aveva sugli scambi in termine di valore era del 2%. Ora è del 8,5% e il numero dei vini scambiati sulla piattaforma in questo periodo è aumentato del 1000%.

“L'italia possiede tutti gli elementi per diventare uno dei più importanti paesi produttori di vini pregiati: cantine con una prospettiva internazionale, elogi da parte della critica e una qualità decisamente ottima. Se i collezionisti continueranno a diversificare il loro portafoglio al di fuori dei confini francesi, l'Italia è destinata a vincere alla grande” concludeva il report “The fines wine of Italy: past, present e future” dello scorso settembre.
Laureato in Finanza e mercati Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, nella redazione di We Wealth scrive di mercati, con un occhio anche ai private market. Si occupa anche di pleasure asset, in particolare di orologi, vini e moto d’epoca.

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