La più grande minaccia per il buon vino? Il disinteresse dei giovani

Teresa Scarale
Teresa Scarale
30.1.2023
Tempo di lettura: 3'
Dagli Usa alcuni studi presentati in una conferenza online lanciano l’allarme: le generazioni più giovani sarebbero sempre meno interessate al consumo vinicolo. Ma dietro l’angolo potrebbero esserci due soluzioni per una svolta positiva, utili anche per l’export italiano

L’età, croce e delizia per i grandi vini. Letteralmente: un buon vino non può dirsi tale se non ha trascorso il tempo dovuto in botte. Con il tempo migliora. L’industria vinicola ha però bisogno di nuove generazioni di giovani consumatori per continuare a prosperare e sopravvivere: fatto non scontato, anzi.

Consumo di vino per età, i dati Usa

Secondo una recente ricerca di Customer Vineyard infatti, negli ultimi tre anni l'industria vinicola statunitense ha subito un tracollo nel consumo del nettare di Bacco da parte delle coorti più recenti. Come se non fossero bastati gli incendi devastanti in California, la pandemia e i danni indotti in generale dalla mutazione climatica. 


Come si può vedere dal grafico, il gruppo demografico che maggiormente consuma vino è quello degli ultra 60enni. Secondo il rapporto annuale sull'industria vinicola 2023 di SVB tale popolazione viene sostituita al ritmo di 10.000 unità al giorno da consumatori più giovani. Mentre le vendite dirette di vino agli anziani sono cresciute negli ultimi 15 anni (2007-2022), è emersa una tendenza preoccupante: le vendite nelle fasce d'età più giovani sono in calo. 

La figura mostra che la quota di vendite è cresciuta del 6,5% tra le persone di età compresa tra i 70 e gli 80 anni dal 2007, ma nello stesso periodo è diminuita nelle tre categorie di persone immediatamente più giovani. È infine aumentata del solo 0,1% tra coloro che hanno tra i 21 e i 30 anni (gen Z e ultimi millennial). Il tutto, in un contesto di generalizzato pesante calo del consumo di vino nel nuovo millennio. 



Un nuovo trend (con qualche soluzione)

Come mostra il successivo grafico (stime della Shanken Impact Databank Review and Forecast), la crescita è tornata negativa negli ultimi due anni, dopo il breve picco avutosi nell’anno della pandemia (2020). «Non possiamo continuare ad aspettare», è il grido d’allarme di Rob McMillan, fondatore della divisione vino della Silicon Valley Bank, riferendosi alla speranza che la generazione Z diventi un giorno la prossima grande generazione di acquirenti di vino. Secondo i dati di Wines Vines Analytics, l'ultima stima del mercato vinicolo statunitense è stata di 83,5 miliardi di dollari, con un aumento del 6% rispetto all'anno precedente. Il rapporto annuale della SVB ha rilevato che le bottiglie con prezzo inferiore o uguale a 11 dollari rappresentano circa il 73% delle vendite totali di vino negli Stati Uniti. 

Tuttavia, ci sarebbe una tendenza da parte dei consumatori ad abbandonare i vini a basso prezzo per opzioni di qualità superiore, più costose. Amy Hoopes, chief revenue officer di Wine Group, ha riscontrato durante una conferenza online sullo stato di salute del mercato che «le persone hanno bevuto un po' meno, ma hanno optato per vini di migliore qualità». 

Potrebbe essere una prima chiave di volta su cui investire per far tornare a crescere il mercato. Un altro suggerimento emerso dalla conferenza è stato quello di puntare su politiche di marketing mirate sugli stili di vita e i gusti dei più giovani, invece di concentrarsi solo sulla sua platea di acquirenti più anziani e benestanti. Alcuni vigneti californiani hanno con successo testato campagne pubblicitarie su TikTok, puntando su sostenibilità e inclusività (come la storica Wente Vineyards della Livermore Valley, fondata nel 1883). 

Il paragone in spesa pubblicitaria è stato poi fatto con il segmento della birra: secondo la Shanken Impact Databank, nel 2021 l'industria della birra contava per il 48% della spesa pubblicitaria annuale per le bevande alcoliche; quella del vino era invece inferiore al 5%. Una strada per l’industria vinicola statunitense potrebbe essere quella di considerare un marketing collettivo, come avvenne negli anni '80 a livello federale per incentivare il consumo di prodotti agricoli Usa. Una faccenda solo a stelle e strisce? Mica tanto: gli Stati Uniti costituiscono il primo mercato di sbocco per l’export italiano di vino, che nel 2022 si è attestato a 8 miliardi di euro, in crescita del 12% rispetto all’anno precedente (dati dal Wine Nomisma).

Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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