Il master of wine, carta vincente degli investimenti in vino

11.1.2022
Tempo di lettura: 5'
Gabriele Gorelli, primo e unico "master of wine" italiano è diventato brand ambassador del britannico OenoGroup, gruppo leader a livello globale negli investimenti in vino. La sua è una figura di estremo prestigio, i cui requisiti sono incontrati solo da pochissimi esperti. La scelta della società arriva in un momento propizio, proprio mentre la quota di mercato dei vini italiani da collezione è in volata
Quello del vino da investimento è uno dei mercati degli asset alternativi per eccellenza. Ad alto rendimento (+147% è l'apprezzamento a dieci anni dei fine wine secondo il Knight Frank Luxury Index 2021; +10,46% negli ultimi tre anni – dati OenoGroup), sofisticato, financo elegante, è un comparto in cui – forse più che altrove – il riferimento a figure professionali d'eccellenza è indispensabile. Una di queste è quella del master of wine, titolo di cui dal febbraio 2021 può fregiarsi Gabriele Gorelli, nativo di Montalcino, primo e per ora unico master of wine italiano.
Forte della sua certificazione, il professionista è diventato brand ambassador della britannica OenoGroup, realtà leader a livello internazionale negli investimenti in vino (nel 2021 “The World's No.1 Wine Investment Firm” – Investor Magazine; dal 2019 al 2020 “Fine Wine Investment Company” agli “European Global Business & Finance Awards”. Unica società di investimento nel fine wine appartenente al Wine & Spirit Trade Associazione – WSTA). «Era la legittimazione che cercavo», confida lo stesso Gabriele Gorelli a We Wealth. «Da sempre sognavo la possibilità di lavorare in Italia. E desideravo farlo a livello internazionale, con un profilo altissimo. Mi identifico profondamente con i valori e l'approccio di OenoGroup, realtà altamente innovativa e disruptive».
Ma chi è un master of wine? «È un professionista con il titolo più rispettato nel mondo del vino, a livello globale», rivela lo stesso Gorelli. «Nasce negli anni cinquanta del XX secolo – ormai quasi 70 anni fa – nel Regno Unito (la piazza di Londra è attiva da 300 anni), ad opera dell'ente certificatore denominato Institute of Master of Wine, una sorta di “Onu del vino”. Quella del master of wine è una figura consulenziale, dalle competenze trasversali, che spaziano dalle tecnicalità più logiche e specifiche (es. vinificazione, conservazione, mercato) a una sensibilità olistica, umanistica, costruita in anni di viaggi, studio, osservazione, esperienze sul campo».
Un circolo elitario: esistono soli 418 master of wine in tutto il mondo. È tuttavia un numero che, per quanto esiguo, permette a un master di «non sentirsi mai solo, in qualunque posto del globo. La rete relazionale fra tutti i master of wine è molto forte e vitale. E rappresenta un modo per avvicinare culture diverse: il mondo del vino da collezione parla la stessa lingua, ovunque».

Gabriele Gorelli vanta in particolare anche competenze di marketing, comunicazione e relazioni enologiche. «La sua innovativa visione del marketing lo rende una risorsa preziosa per l'industria vinicola italiana», dichiara Justin Knock MW, director of wine di OenoGroup ed egli stesso master of wine. È curioso che un paese come il nostro – culla di eccellenze eno-gastronomiche mondiali – abbia solamente da meno di un anno il suo primo “master of wine”. «E' il solito problema dell'autoreferenzialità dell'Italia. L'incapacità, a volte, di guardare oltre l'orizzonte, di professionalizzarsi». Ma il vento sta cambiando, e la scelta di OenoGroup, attiva nel mercato del vino da investimento dal 2015, parla chiaro.
Ma chi è un master of wine? «È un professionista con il titolo più rispettato nel mondo del vino, a livello globale», rivela lo stesso Gorelli. «Nasce negli anni cinquanta del XX secolo – ormai quasi 70 anni fa – nel Regno Unito (la piazza di Londra è attiva da 300 anni), ad opera dell'ente certificatore denominato Institute of Master of Wine, una sorta di “Onu del vino”. Quella del master of wine è una figura consulenziale, dalle competenze trasversali, che spaziano dalle tecnicalità più logiche e specifiche (es. vinificazione, conservazione, mercato) a una sensibilità olistica, umanistica, costruita in anni di viaggi, studio, osservazione, esperienze sul campo».
Un circolo elitario: esistono soli 418 master of wine in tutto il mondo. È tuttavia un numero che, per quanto esiguo, permette a un master di «non sentirsi mai solo, in qualunque posto del globo. La rete relazionale fra tutti i master of wine è molto forte e vitale. E rappresenta un modo per avvicinare culture diverse: il mondo del vino da collezione parla la stessa lingua, ovunque».

Gabriele Gorelli. Il primo e unico master of wine italiano, brand ambassador della britannica OenoGroup, leader globale nella gestione del vino da investimento
Gabriele Gorelli vanta in particolare anche competenze di marketing, comunicazione e relazioni enologiche. «La sua innovativa visione del marketing lo rende una risorsa preziosa per l'industria vinicola italiana», dichiara Justin Knock MW, director of wine di OenoGroup ed egli stesso master of wine. È curioso che un paese come il nostro – culla di eccellenze eno-gastronomiche mondiali – abbia solamente da meno di un anno il suo primo “master of wine”. «E' il solito problema dell'autoreferenzialità dell'Italia. L'incapacità, a volte, di guardare oltre l'orizzonte, di professionalizzarsi». Ma il vento sta cambiando, e la scelta di OenoGroup, attiva nel mercato del vino da investimento dal 2015, parla chiaro.

Justin Gibbs, cofondatore con James Miles dell'indice Liv-ex (London International Vintners Exchange, piattaforma di riferimento del mercato secondario del fine wine), racconta che fino a dieci anni fa la quota del vino italiano del mercato secondario era rappresentata per il 90% dai cosiddetti “Supertuscan” (come il Brunello). Ma la stessa fetta italiana era pari solo all'1% di tutto il mercato secondario. Poi, è aumentata esponenzialmente, fino ad arrivare all'attuale 15-16% (l'accelerazione della crescita si è avuta negli ultimi 2-3 anni). E siamo solo all'inizio. Per dirla con Liv-ex, «ancora molto deve accadere», essendo l'espansione del mercato in pieno corso. E «l'Italia giocherà il suo ruolo, crescendo sia in termini assoluti che relativi». Nel 2020 il sottoindice italiano in particolare è aumentato del 12,2%. E i vini italiani hanno agguantato la medaglia di bronzo nel podio del vino a maggior scambio commerciale, attestandosi «al 16% del mercato, dietro ai soli Bordeaux (40,5%) e Borgogna (20,4%)», ricorda Gorelli.
Lo ribadisce anche Ashley Ling, head of Europe di OenoGroup: «L'Italia continua ad affermarsi come uno dei mercati più forti a livello mondiale. Dopo la più che positiva performance registrata nel 2021, consumatori e collezionisti di tutto il mondo hanno iniziato a percepire maggiormente l'eccezionale valore del made in Italy». Non solo. Il settore dei vini di lusso «costituisce da sempre una copertura efficace in presenza di inflazione». Ciò «spinge oggi più che mai gli investitori a migrare verso mercati alternativi, proprio come quello del fine wine», conclude Ling.

Sul concetto di vino come bene rifugio – benché voluttuario – insiste anche lo stesso Gabriele Gorelli, auspicando che questo pleasure asset abbia un peso sempre maggiore nel portafoglio degli investitori. Sarebbe anche un buon modo per sostenere la filiera italiana dell'eccellenza enologica e il sistema-Paese nel suo complesso. «Cresce il volume, ma anche la varietà dei vini italiani scambiati. Oltre ai classici Sassicaia, Solaia, Brunello, Barolo, stanno emergendo molti vini ancora sottovalutati, e quindi ideali per l'investimento. Non solo in Toscana, Piemonte e Veneto, ma anche in altre aree poco note a livello globale come Etna, Campania, Marche, Abruzzo, Umbria».