Elisabetta II, i segreti della sua collezione d’arte

Sandra Romito
22.9.2022
Tempo di lettura: 5'
Probabilmente nelle arti la Regina Elisabetta II non ha potuto esprimere il suo gusto, al contrario che nel passato, quando i monarchi potevano godere di una grande libertà di scelta, se le casse della corona lo permettevano. Tuttavia, la sovrana scomparsa ha fatto moltissimo per le arti, rendendo visibile come mai la collezione reale: solo i dipinti sono più di 7000. Le opere su carta sono centinaia di migliaia

Nella collezione di fotografie della National Portrait Gallery qui a Londra c’è questo splendido scatto di David Dawson con Lucien Freud mentre ritrae la Regina Elisabetta II tra il 2000 e il 2001. Sono due titani. Per chi vive a Londra e non solo, la mancanza della regina si sente enormemente, indipendentemente dalle proprie inclinazioni monarchiche o meno. Ha accompagnato la nazione per settant’anni con estrema devozione ed impegno, cercando di rimanere sempre super partes. Questo anche nelle arti, dove non credo abbia potuto esprimere il suo gusto. I monarchi nel passato avevano una grande libertà nelle arti: se le casse della corona lo permettevano, commissionavano opere strabilianti, da palazzi a affreschi, o compravano intere collezioni, si pensi a Carlo I d’Inghilterra e all’acquisizione della collezione Gonzaga nel 1627-8. 


David Dawson: Lucian Freud mentre dipinge la Regina Elisabetta II


Ora lo scrutinio dei sudditi, i.e. l’opinione pubblica, è incessante, e nessun monarca moderno in Europa potrebbe avventurarsi verso tali spese senza essere pesantemente giudicato. Di qui la sottile critica alla corona inglese per mancate acquisizioni... comunque sia la medaglia ha sempre il suo rovescio.


Il rovescio della medaglia

La Regina Elisabetta ha fatto moltissimo per le arti in altro modo, rendendo visibile come mai prima la collezione reale: solo i dipinti sono più di 7000, le opere su carta si contano nelle centinaia di migliaia, e a questo si aggiungono le arti orientali, arazzi, mobili, gioielli, abiti storici... Negli ultimi ma molti decenni di regno è indiscusso l’impegno che c’è stato nell’aprire residenze reali, e nell’organizzare mostre alle Queen’s Galleries a Londra e Edinburgo che potessero avvicinare il pubblico a quella che è una delle collezioni più meravigliose del mondo. 


Incontro tra la Regina Elisabetta II, il Presidente Barak Obama e Michelle Obama, davanti alla splendida veduta di Piazza San Marco verso la chiesa di San Geminiano, circa 1723/4


Lo spirito di Venezia

Una delle migliaia di gemme della collezione è la serie di dipinti, disegni e incisioni di Canaletto acquisiti da Re Giorgio III (1738-1820) dal Console Joseph Smith (1682-1770). Console britannico a Venezia dal 1744 al 1760, Smith viveva nella Serenissima già dal 1700. Completamente assimilato nella vita artistica della città, agì come intermediario tra artisti e granturisti inglesi, promuovendo tra gli altri Canaletto, Visentini, Zuccarelli. Il suo palazzo in Canal Grande, vicino a Rialto, era tappa fondamentale per gli aristocratici viaggiatori, essendo lui che facilitava il movimento delle loro finanze e/o interessi in città, come pure organizzava la loro permanenza – sapeva di musica, di arte, di letteratura. 

Per il suo palazzo all’imbocco di Cannaregio e l’ahimè scomparsa villa a Mogliano, Joseph Smith commissionò a Canaletto un numero straordinario di vedute, non solo di Venezia: queste avevano intento decorativo ma anche di mera promozione. Canaletto e Smith avevano infatti un rapporto di lavoro molto stretto: Smith si occupava di commissionare, vendere, incorniciare, spedire le opere in Inghilterra, sollevando il richiestissimo pittore di tutta questa parte per così dire amministrativa. Un rapporto gallerista-artista, che durò sino alla morte del pittore. Appassionatissimo di libri, Smith finanziava anche la stamperia di Giovanni Battista Pasquali, dalla quale uscivano non solo fondamentali edizioni quasi in facsimile di Palladio, ma anche le incisioni di Visentini da composizioni di Canaletto: quasi un catalogo da usare per scegliere a distanza cosa commissionare al pittore. 


Canaletto

La crisi finanziaria creatasi durante la Guerra dei Sette Anni ebbe impatto anche sul console, e la vendita al re della sua sua collezione fu finalizzata nel 1762: oggi alla Royal Collection si conservano più di 50 dipinti, almeno 142 disegni e un grande numero di incisioni di Canaletto. 

Nel 2017 alla Queen’s Gallery di Londra la grande mostra Canaletto and the Art of Venice, ha celebrato tanto Joseph Smith quanto Canaletto, lasciando chiunque sia andato senza fiato ma con la piena comprensione di cosa Venezia abbia significato per gli inglesi nel Settecento. Si andava a Roma per vedere le rovine dell’impero, a Napoli per la natura violenta del Vesuvio, ma a Venezia per affari e per puro piacere, per la gioia estrema che la città dava con la sua bellezza e la sua libertà. Giorgio III sicuramente non era meno affascinato, e li usò per decorare Buckingham Palace, acquisito nel 1761. 


Una delle stanze dell’esposizione Canaletto and the Art of Venice, Queen’s Gallery, Londra, 2017


Mantegna

Accanto alle mostre temporanee e allo studio continuo della collezione entusiasticamente promossi dalla Regina Elisabetta II, l’accesso alle residenze reali è divenuto molto generoso durante il suo regno. Residenze in uso vengono aperte stagionalmente, si pensi a Buckingham Palace, e residenze di proprietà ma non abitate dalla famiglia reale sono sempre visitabili. Una di queste, Hampton Court Palace, luogo preferito di Enrico VIII ma non più abitato dai reali da Giorgio III in poi, ha un significato speciale per noi italiani, essendo lì conservati i Trionfi di Cesare dipinti da Andrea Mantegna sul finire del Quattrocento per il Palazzo Ducale di Mantova. Settanta metri quadrati di fragilissima tempera su tela, famosissimi sin da quando dipinti, hanno certamente cambiato le sorti della grande decorazione inglese e anche europea. Si pensi a Rubens, che li vide a Mantova a inizio Seicento e forse anche a Londra dopo l’acquisizione di Carlo I della collezione Gonzaga. 


Andrea Mantegna, Trionfi di Cesare, Hampton Court Palace


Raffello

Forse non tutti sanno che un’altro pilastro dell’arte italiana in Inghilterra, i sette - su dieci, tre sono andati perduti - cartoni eseguiti da Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina, commissionati da Papa Leone X nel 1513, sono di proprietà reale. Sono in prestito al Victoria & Albert Museum a Londra dai tempi della Regina Vittoria, in memoria e onore del Principe Alberto che amava Raffaello enormemente. Oggi è indubbiamente una delle sale più belle del museo, è spesso deserta e la sua luce giustamente soffusa a proteggere la carta accoglie chiunque con grande calore. Ha tra l’altro le dimensioni della Cappella Sistina stessa, e forse questo la rende così sacra. Un prestito, quello dei cartoni di Raffaello, generoso e non scontato. 


The Raphael Court, dopo il restauro del 2020 a celebrazione del cinquecentenario dalla morte di Raffaello, Victoria & Albert Museum, Londra


Patrona della Royal Academy of Arts

Il legame che la Regina Elisabetta ha avuto con le arti è magari poco visibile nei media ma è stato continuo e intenso, e ha fatto certamente la differenza per grandi e piccole istituzioni, dalla Royal Academy of Arts alla Royal Watercolour Society. Come patrona della Royal Academy of Arts, per esempio, la sua presenza era sentita e costante, dando stabilità e rendendo l’accademia indipendente da organi governativi. 


La Regina Elisabetta II alla Royal Academy of Arts nel 2002



Warhol

Quanto alle collezioni reali, sono amministrate dal Royal Collection Trust, che si occupa della gestione e apertura delle residenze, dello studio, della conservazione e del restauro delle opere d’arte ivi contenute. A celebrazione del Giubileo della Regina del 2012, il Trust ha acquisito quattro ritratti di Andy Warhol presso il mercante d’arte Hazlitt Gooden & Fox a Londra, questo a smentire la critica di totale inattività della corona nell’aumentare la collezione con aggiunte significative.  


La Regina Elisabetta II alla Royal Academy of Arts nel 2002


Acquisizioni negli anni di regno di Elisabetta II sono forse rare e sicuramente poco note: tutte hanno avuto il fine di colmare delle lacune della collezione stessa, i.e. si tratta quasi sempre di ritratti o vedute delle residenze reali di particolare significato storico. 

Insomma la regina non avrà spostato in blocco le collezioni di una famiglia ducale europea – cosa che tra l’altro sarebbe impossibile adesso – ma ha certamente contribuito alla vita artistica del Paese tanto quanto all’incremento oculato delle vastissime collezioni reali. Il dipinto di Freud, per esempio, è stato da lui donato alla collezione e lì rimarrà, così come il monotipo di Tracey Emin, donato dai membri della Royal Academy of Arts, a ricordo del Giubileo del 2012.


Tracey Emin, HRH Royal Britania, 2012

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Con l’idea che non avrebbe guardato a nulla dopo Giotto, Sandra è stata una convintissima e feroce medievista nei suoi vent’anni: ora guarda tutto e le piace tutto, dal manoscritto miniato al gioiello d’artista. Ha lavorato per più di venti anni nel dipartimento di dipinti antichi alla Christie’s di Londra, dove ancora collabora quotidianamente come consulente, accompagnando i dipinti da collezione a collezione, con la stessa emozione del primo giorno. Un debole ovviamente rimane per la pittura italiana, soprattutto di alta epoca.

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