Londra, la fine della seconda epoca elisabettiana e il tempo che va

Sandra Romito
16.1.2023
Tempo di lettura: 3'
Lo strumento potente della misura del tempo, che sia un campanile o una torre civica, puntella da secoli il Vecchio Continente. Londra, tra la seconda metà del ‘600 e il ‘700 era il centro mondiale della produzione orologiaia di maggior qualità. Di quell’epoca lontana deve essere rimasto un sentire, essendo la capitale britannica stata scelta come alveo per importanti opere di arte contemporanea sul tempo

La fine della seconda epoca elisabettiana mi ha fatto pensare al Tempo, quello che passa e non torna, anzi con la sua falce da mietitura dà il ritmo alle stagioni e consegna ognuno di noi alla morte. Una figura che mescola mitologie greche e romane e arriva fino a noi come dire pasticciata, non buona e non cattiva ma ineluttabile. 


Giovanni Battista Tiepolo, Cronos, Victoria & Albert Museum, Londra


La misura del tempo è sempre stata uno strumento potente, si pensi ai campanili o alle torri civiche che si alzano come fili d’erba nel nostro continente. Sono stati e sono tuttora così importanti che spesso divengono simbolo, per esempio di un’intera città come è successo a Londra, tante volte rappresentata dal Big Ben. Seguire il tempo che passa è anche altissimo artigianato: il desiderio che molti hanno di possedere un bell’orologio non è raro... È anche opera d’arte, antica e moderna. 

A Kensington Palace si conserva uno dei più affascinanti e complessi orologi del XVIII secolo, il così chiamato Temple of the Four Great Monarchies of the World. Concepito e costruito da Charles Clay, orologiaio di Sua Maestà dal 1723, e terminato dopo la sua morte avvenuta nel 1740 da John Pyke, l’orologio fu messo in vendita dalla vedova di Clay, che lo espose nella sua bottega in Gray’s Inn. Lì venne acquistato per una grande somma da Augusta, Principessa del Galles, madre di Giorgo III. Clay era noto per la costruzione di stravaganti e meravigliosi orologi musicali, e collaborava di frequente con i migliori artisti e musicisti della Londra dell’epoca. 

L’orologio a Kensington Palace suonava melodie di George Frideric Handel, Francesco Geminiani e Arcangelo Corelli, e deve il suo nome alla decorazione straordinaria che lo caratterizza, in particolare i quattro dipinti su rame di Jacopo Amigoni raffiguranti episodi dei quattro grandi imperi dell’antichità e dei loro protagonisti: gli Assiri di Nino, i Persiani di Ciro, i Greci di Alessandro Magno e i Romani di Cesare Augusto. Davanti a questi, obelischi in ottone creano la situazione architettonica per altorilievi in argento che completano la scena, opera di John Michael Rysbrack. Louis-François Roubiliac è invece l’autore delle quattro statuette agli angoli, raffigurazioni allegoriche dei quattro imperi, e di Ercole e Atlante sulla sommità. 



Temple of the Four Great Monarchies of the World, Kensington Palace, Londra


Londra tra la seconda metà del Seicento e il Settecento era il centro mondiale della produzione dei più raffinati e precisi orologi, sia monumentali, che da tavolo o da tasca, questi ultimi alla moda e distribuiti in tutta Europa. 

Sempre a Londra ma qualche secolo più avanti, nel 2010, è stato presentato The Clock, forse la più importante opera d’arte sul Tempo. Creato dall’artista svizzero-americano Christian Marclay con la galleria White Cube, ha giustamente vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 2011. Il video dura 24 ore, e si compone di migliaia di frammenti di film che fanno vedere l’ora di quel preciso momento. Un lavoro di ricerca minuzioso e accuratissimo, non lontano da quello dell’orologiaio, che è stato definito dall’artista stesso come un gigante memento mori. L’opera inizia nel momento in cui si comincia a guardare la proiezione, e ci fa concentrare sempre e solo sul tempo, quello che passa, e lo si guarda mentre passa anche per noi: tensione, ansia e senso della propria mortalità. 


Christian Marclay, The Clock, 2010


The Clock è stato venduto in sei edizioni, quasi tutte a istituzioni museali, ma nessuna di esse può essere proiettata contemporaneamente ad un’altra. Sempre a Londra mi piace ricordare una terza opera, recente e visibile tutti i giorni. Concepita dall’artista e designer olandese Maarten Baas, si tratta ancora una volta di un video, questa volta di 12 ore e ripetuto anch’esso senza sosta, che segna l’ora vicino alla stazione di Paddington. Un uomo disegna/cancella/ridisegna le lancette di un grande orologio man mano che passano i minuti. Splendido, divertente ma anche noir... 


Maarten Baas, Real Time, 50 Eastbourne Terrace, vicino a Paddington Station, Londra


Maarten Baas ha iniziato la sua avventura con il Tempo – Real Time - presentando a Milano al Salone del Mobile del 2009 i tre orologi Sweepers, Analogue Digital Clock e Grandfather Clocks. Sono video di performances e toccano arte, design, teatro, cinema. Quello a Paddington, del novembre 2021, è simile a quello installato all’aeroporto di Schiphol a Amserdam nel luglio 2016. 

Per 99 centesimi, si può scaricare la app sul telefono... attenzione che crea dipendenza. 

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Con l’idea che non avrebbe guardato a nulla dopo Giotto, Sandra è stata una convintissima e feroce medievista nei suoi vent’anni: ora guarda tutto e le piace tutto, dal manoscritto miniato al gioiello d’artista. Ha lavorato per più di venti anni nel dipartimento di dipinti antichi alla Christie’s di Londra, dove ancora collabora quotidianamente come consulente, accompagnando i dipinti da collezione a collezione, con la stessa emozione del primo giorno. Un debole ovviamente rimane per la pittura italiana, soprattutto di alta epoca.

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