Il mercato italiano dell'arte vale solo l'1% del flusso globale

Teresa Scarale
Teresa Scarale
10.2.2019
Tempo di lettura: 3'
I numeri odierni del mercato italiano dell'arte lo collocano lontanissimo da piazze internazionali come New York, Londra, Hong Kong. Un'amara beffa per il Paese con il patrimonio artistico più importante al mondo, di cui si è parlato in Banca d'Italia

Il mercato globale dell'arte ha superato i 63 miliardi di euro nel 2017

In Italia però c'è un gap di conoscenza e diffusione degli standard internazionali di valutazione delle asset class artistiche. Il che ci penalizza moltissimo in termini di appetibilità per gli investitori

Il mercato italiano del'arte è inesistente o quasi. Non è una boutade, ma la beffarda conclusione del convegno Fair Art: l'Arte e gli Standard Internazionali di Valutazione, tenutosi in Banca d'Italia a Milano e organizzato da Rics (Royal Institution of Chartered Surveyors). Banchieri, valutatori e consulenti hanno fatto il punto sulle criticità e le sfide legate alla valutazione delle opere d'arte in Italia. Infatti, in un contesto globale in cui quello dell'arte in quanto asset è un trend in costante crescita, l'Italia si colloca ai manrgini. Secondo il report 2018 di Art Basel, il mercato mondiale dell'arte vale (dati 2017) 63 miliardi di dollari. Ad oggi, solo l'1% di questa cifra è afferibile al mercato italiano dell'arte. Il nostro Paese pare dunque non comprendere ancora le potenzialità dell'arte come asset class.

Un problema di valutazione dell'asset class


Rics è un'organizzazione che, da oltre 150 anni,  definisce a livello globale gli standard e regola le professioni in tutti gli ambiti specialistici delle proprietà, inclusa quella dell'arte. Daniele Levi Formiggini, presidente di Rics Italia, afferma che “In Italia esiste un gap di conoscenza e diffusione degli standard internazionali di valutazione, soprattutto in un settore tradizionalmente poco regolamentato, che ora, con l'affermasi dell'arte come asset class, si trova a confrontarsi con un mercato sempre più globale".

Una questione non da poco, visto che l'arte in quanto bene negli ultimi anni ha assunto un'importanza crescente in vari settori. Non solo quello assicurativo (basti pensare alla bancassurance arte), in cui la stima è elemento determinante per l'assunzione dei rischi. Ma anche e soprattutto nell'ambito del wealth management, in cui le opere d'arte rappresentano un'asset class che si integra nelle strategie patrimoniali e d'investimento, rappresentando uno strumento eccellente di diversificazione.

Concetto ribadito da Luigi Donato, Capo dipartimento immobili e appalti di Banca d'Italia. "Quello delle valutazioni d'arte è un argomento complesso perché deve prendere in considerazione anche le differenti finalità con le quali si può acquistare un'opera".

La necessità di standard condivisi nel mercato italiano dell'arte


Stando a quanto emerso dal convegno, le cause che determinano la poca vivacità del nostro mercato sono diverse. In primo luogo, la scarsa trasparenza e regolamentazione del settore. Poi, il sistema fiscale, ma anche la mancanza di standard condivisi nella valutazione dei beni artistici. Si tratta di aspetti che nel complesso scoraggiano gli investitori e i collezionisti di qualunque nazionalità a puntare sul nostro Paese.

Luigi Donato poi aggiuge che "L'arte sta acquistando maggiore rilievo anche all'interno delle imprese, pubbliche e private, sia come veicolo per diffondere i valori e l'impegno sociale sia come forma d'investimento". Sena dimenticare che "La Banca d'Italia da molti anni è impegnata nella valorizzazione del proprio patrimonio artistico e architettonico".

 
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Paolo Ciabattini, courtesy Lorenza Castelli, Mia Photo Fair
Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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