Da Givenchy a Canova, l'importanza della provenienza nell'arte

Hubert de Givenchy
Il successo delle aste delle collezioni di Hubert de Givenchy provenienti dalle sue dimore – l’Hôtel d'Orrouer a Parigi e il Manoir du Jonchet nella valle della Loira – sono finite qualche giorno fa da Christie’s nella capitale francese e mi hanno fatto meditare nuovamente sull’importanza che la provenienza ha quando si parla di un’opera d’arte. Il fatto che il couturier dal gusto sublime abbia scelto di vivere con quegli oggetti – siano essi dipinti, mobili o sculture - diventa una “garanzia estetica” per chi acquista, permette di identificarsi con lui, e certamente può essere una scusa per scatenare conversazioni veramente chic. Le aste hanno totalizzato più di 118 milioni di euro, una cifra straordinaria.
Intanto a Londra inizia a sentirsi il fervore di London Art Week: dal 3 all’8 luglio tutte le gallerie mostreranno i loro migliori dipinti, disegni, sculture e oggetti d’arte, coprendo un arco temporale che va dall’antichità al secolo scorso. I giorni coincidono con le grandi aste: Important Old Masters, Exceptional Sales, Antiquities... e si sovrappongono in parte a quelli di Masterpiece, la fiera multidisciplinare a Chelsea che arriva fino ai giorni nostri. Insomma uno splendido momento per venire a Londra e saltellare da secolo a secolo!
Ma torniamo all’argomento che si cercava di affrontare: leggendo il catalogo dell’asta serale di Old Masters a Christie’s, non ho potuto non guardare la provenienza di alcuni lotti, e chiedermi che impatto avrà sulla vendita, il che resterà una cifra ipotetica, non quantificabile, ma che sicuramente c’è.
ANTONIO CANOVA (1757–1822)
Maddalena Giacente
marmo, 75 x 176 x 84.5 cm.
Stima £5.000.000-8.000.000
Canova terminò la Maddalena poche settimane prima di morire. Eseguita per Robert Jenkinson, Conte di Liverpool e Primo Ministro inglese (1770-1828), rimane insieme all’Endimione Dormiente creato per il Duca di Devonshire l’ultimo sforzo straordinario dello scultore veneto. Ereditata dal fratello del Jenkinson, venne inclusa nell’asta dopo la sua morte e acquisita qualche anno dopo, sempre presso Christie’s, da William, Lord Ward (1817-1885), futuro Conte di Dudley, per la sua straordinaria casa di campagna in Worcestershire, Witley Court. In questi anni, precisamente nel 1857, venne esposta alla grande mostra di Manchester, Art Treasures of the United Kingdom. Ereditata dal figlio, la Maddalena venne venduta con la casa dopo la tragica morte della moglie a Sir Herbert Smith (1872-1943).
Manchester, Art Treasures of the United Kingdom, 1857, dove si vede la Maddalena
Dopo un incendio i cui danni alla casa furono troppo rilevanti, Sir Herbert vendette Witley Court. Nel catalogo dell’asta del 1938, l’elenco del contenuto della dimora fa vedere come sia ormai andata perduta l’attribuzione tanto quanto il soggetto della scultura: la nostra Maddalena è descritta come una figura classicheggiante in marmo su piedestallo. In questa occasione viene acquisita da una donna formidabile, Violet Van der Elst (1882-1966): rimasta famosa per la schiuma da barba da stendere senza pennello, Shavex, ma ancor più per la forza morale e finanziaria con cui ha combattuto la pena di morte.
Violet Van der Elst in protesta
La scultura la ha seguita dalla casa di campagna in Lincolnshire sino alla sua dimora più modesta in Addison Road a Londra, dove era collocata nel giardino davanti, sulla strada. Riapparsa in un’asta in campagna in Sussex, ancora senza attribuzione e nascosta dal muschio, vendette nel 2002 per £4,400!
Sembra impossibile che dalla gloria dello studio di Canova a Roma, in via delle Colonnette, dove tutta la crema dei “granturisti” passava e i migliori di essi commissionavano opere al celeberrimo scultore, la Maddalena sia stata dimenticata, anche se sicuramente amata da Violet Van der Elst, nel giardinetto vicino a Holland Park. La ricostruzione impeccabile della provenienza, ininterrotta dalla commissione, è di grande supporto all’attribuzione e certamente aggiunge tantissimo fascino alla scultura già meravigliosa di per se’. Tanti spunti per letture serali, soprattutto sull’abolizione della pena di morte.
GIOVANNI ANTONIO CANAL, IL CANALETTO (1697-1768)
Capriccio con una chiesa ovale nella laguna veneziana
Olio su tela, 58.7 x 90.8 cm.
Stima £300,000-500,000
Quando si pensa a Canaletto, quasi sempre si pensa ad una veduta veneziana, ma le sue invenzioni sull’idea del paesaggio lagunare sono forse ancora più intense e meditative e certamente non sono da meno. Questo capriccio amalgama edifici tipicamente veneziani con una bizzarra chiesa ovale, mentre in distanza si intravede il campanile di Santo Stefano svettare splendido. Personaggi di quartiere popolano la scena di questa idilliaca isola in laguna: vivono lì, sicuramente.
Opera della piena maturita’, databile agli inizi degli anni Quaranta del Settecento, nel 1960 fu sul mercato a New York, presso l’antiquario Knoedler, dove venne acquistata da Henry Fonda. In quegli anni Fonda era sposato con la baronessa veneziana Afdera Franchetti, che gli era stata presentata a Roma da Audrey Hepburn, amica della famiglia... Niente di più affascinante per un dipinto che vivere nei salotti del cinema degli anni Sessanta, tra Marylin Monroe e Elisabeth Taylor! Dopo la separazione il dipinto rimase con la baronessa, che lo vendette nel 1965: certamente qualcosa di quei cinque anni di puro glamour lo porta con se’.
Henry e Afdera Fonda
SIR ANTHONY VAN DYCK (1599-1641)
Ritratto di un monaco carmelitano
Olio su tavola, 62.6 x 48 cm.
Stima £2,800,000-3,500,000
Sir Anthony van Dyck è stato senza ombra di dubbio l’allievo più talentuoso, geniale e brillante di Rubens: entrato nella bottega di questi giovanissimo, lo assistette in importanti commissioni ad Anversa, e sicuramente fu legato al maestro da stima e affetto, se nell’inventario redatto dopo la morte di Rubens ci sono almeno dieci opere sue. Quando apparve per la prima volta in asta nel 2011, la tavola fu alienata dai discendenti di Rubens stesso, e per tradizione di famiglia è sempre stata con loro dai tempi del maestro a cui la attribuivano. Oggi è considerata opera giovanile di van Dyck, e stilisticamente rientra perfettamente nel nucleo di dipinti da lui eseguiti prima di lasciare Anversa, intensamente rubensiana ma già matura. Si sa che Rubens era legato a un gruppo di frati carmelitani, e in famiglia di diceva che il raffigurato era il suo confessore: che lo sia o meno nessuno può confermarlo, ma di certo è un ritratto di grande intimità e dolcezza, pur dimostrando indubbia abilità e sicurezza.
Di lì a poco, nel 1621, van Dyck partirà per l’Italia dove dipingerà a Genova gli splendidi ritratti che tutti conosciamo e ammiriamo.
In sostanza queste poche righe sono un invito a passare da Londra in queste prossime settimane e uno stimolo a guardare la provenienza delle opere che si ammirano e desiderano. Fondamentale per attribuzione o per questioni di proprietà - ad esempio in caso delle vendite forzate successe in epoca nazista – ma spesso non presa in considerazione da noi italiani, la provenienza ha anche un valore per così dire poetico, e ci fa viaggiare con la mente in mondi diversi e molte volte lontani.