Anne, Elisabeth e le altre: pittrici old master da record

Sandra Romito
26.7.2023
Tempo di lettura: 4'
Non è letteratura femminista, ma scoperta di autentico genio artistico: quello femminile non contemporaneo, troppo spesso relegato alle sole Fede Galizia e Artemisia Gentileschi. E invece fiorisce nelle tele di Anne Vallayer-Coster, Elisabeth Vigée-Le Brun, Angelica Kauffmann, Lavinia Fontana, Rosalba Carriera, Michaelina Wautier, che raccolgono l’attenzione dei collezionisti

Poche le donne che hanno avuto una carriera artistica prima dell’epoca moderna: semplicemente non era cosa possibile, a meno che non fossero figlie d’arte, supportate in questa loro avventura da padri e mariti, o protette da una corte o un monastero. Se ne parla molto oggi, forse perché – finalmente - ci sono altrettante più donne in posizione di potere in istituzioni museali e gallerie commerciali? L’importante è che la questione si stia affrontando con un certo rigore e non venga unicamente descritta dalla letteratura femminista. Credo che questo stia succedendo: i grandi musei di tutto il mondo stanno organizzando mostre su artiste, il mondo accademico si dimostra spinto a nuovi studi e risultati importanti per opere “femminili” fanno scalpore in asta e presso i mercanti.


Anne Vallayer-Coster, Natura morta con vaso di fiori e ananas, olio su tela, non rintelato, firmato e datato 1783, Christie’s, Parigi, 15 giugno 2023, lotto 42

Il record della old master Anne Vallayer-Coster

Ha fatto notizia il risultato d’asta per la natura morta di Anne Vallayer-Coster poco più di un mese fa alla Christie’s di Parigi: 2,581,000 euro con i diritti. Se da un lato dimostra che il mercato è diventato attento al sesso dell’artista, dall’altro è innegabile che si tratti di un dipinto magnifico, con tutte le caratteristiche del capolavoro che si cerca. Esposto al Salon del 1783, durante la sua vita la pittrice non lo vendette mai, pur avendone l’occasione più volte. Dopo la sua morte e quella del marito, fu messo all’asta dove venne acquistato da un parente Coster, e rivenduto dagli eredi di quest’ultimo negli anni Quaranta del Novecento alla famiglia che si è rivolta alla casa d’aste parigina. Provenienza impeccabile, che se da un lato ha tenuto nascosto il dipinto dal 1783, dall’altro ne ha garantito la sopravvivenza in uno straordinario stato di conservazione: ancora in prima tela, con il suo telaio originale, rimane nella cornice Luigi XVI con la quale probabilmente era esposto al Salon. Non credo sia possibile ritrovare un dipinto della Vallayer-Coster con i medesimi caratteri. 

Bisogna anche ricordare che Anne Vallayer-Coster non fu solo una “pittrice donna” ma anche e soprattutto un’ottima artista. Figlia d’arte – la madre dipingeva miniature mentre il padre progettava oreficerie e arazzi per la corte – fu una delle pochissime donne ad essere ammessa all’Académie nel 1770. All’epoca le sue opere erano molto desiderate e ammirate: nessuno si aspettava che un pennello femminile fosse in grado di dipingere così bene... Protetta da Maria Antonietta e dalla corte, dipinse ritratti ma soprattutto nature morte molto sofisticate e trompe l’oeil, un genere secondario al tempo ma l’impossibilità di affinare il disegno con studi di anatomia e di nudo era reale. Un vita senza scandalo la sua e di grande lavoro.


Elisabeth Louise Vigée-Le Brun, Venere presta la sua cinta a Giunone, Sotheby’s, Parigi, 11 dicembre 2019, lotto 3, €1.452.500


Per la regina Maria Antonietta: Elisabeth Louise Vigée-Le Brun

Un’altra grande protetta di Maria Antonietta fu Elisabeth Louise Vigée-Le Brun. Figlia del ritrattista Louis Vigée, per la gioa del padre dimostrò un grande e precoce talento. Appena diciannovenne, nel 1774, divenne membra dell’Académie de Saint-Luc, e nel 1783 fu eletta membra dell’Académie Royale de Peinture et de Sculpture. Nonostante fosse da subito indipendente economicamente, sposò il pittore e mercante d’arte Jean-Baptiste Pierre Le Brun, di certo non il marito perfetto ma le permise di lasciare la casa dell’odioso patrigno. Sono anni in cui ritrasse la più alta aristocrazia della città, con la grazia dei colori rococò ma con una sapienza compositiva già neoclassica. La rivoluzione la vide fuggire con la figlia Jeanne, e passò diversi anni in Italia, Austria, Russia e Germania, sempre protetta e anzi osannata da prestigiosi committenti. A Roma divenne subito membro dell’Accademia nel 1790, e poco dopo, a Napoli, dipinse forse l’opera sua più famosa, il Ritratto di Emma Hamilton come Sibilla Cumana, dove facilmente si vede il felice impatto che su di lei ebbero le opere di Raffaello e anche Domenichino.


Elisabeth Louise Vigée-Le Brun, Ritratto di Emma Hamilton come Sibilla Cumana, New York, The Metropolitan Museum

Riuscì a rientrare in Francia nel 1802 – era nelle liste nere del governo rivoluzionario – ma poco dopo si spostò a Londra, dove rimase diversi anni, ammirandone la campagna e in particolare l’isola di Wight, che insieme a Ischia – scrisse lei stessa – è il luogo dove si potrebbe vivere felicemente. Rientrata a Parigi, si spostò in Svizzera dove tornò anche negli anni successivi. Una viaggiatrice indefessa, che arrivò all’età di 87 anni senza quasi mai fermarsi, dipingendo ritratti straordinari in tutta Europa e Russia e lasciandoci le sue Memoires così intense e piene di dettagli.


Artemisia Gentileschi


Artemisia Gentileschi, Allegoria della Scultura, Christie’s, Londra, 6 luglio 2023, lotto 28

Un violento scandalo rischia invece di mettere in secondo piano le capacità di un’altra grande artista, Artemisia Gentileschi, i cui risultati d’asta recenti sono anche memorabili. La piccola Allegoria della Scultura ha venduto alla Christie’s di Londra poche settimane fa per £1,855,000, aggiungendosi alla recente lista di prezzi record per opere sue: La Lucrezia a Artcurial nel 2019 (€4,777,000); Venere e Cupido a Christie’s nel 2021 (£2,422,500); il Ritratto di dama a Sotheby’s ($2,682,000). Cresciuta dal padre dopo la prematura morte della madre, si avvicina alla pittura a Roma nella bottega paterna dove si fece subito notare per il suo talento. Appena diciottenne, venne violentata dal pittore Agostino Tassi: mesi orrendi seguirono, e durante il processo lei stessa, la vittima, venne torturata. Non ci furono nozze riparatrici, anzi il padre ne organizzò il matrimonio con il pittore fiorentino Pierantonio Stiattesi: lo spostamento a Firenze fu di grande beneficio per Artemisia e la sua arte. Crebbe intellettualmente, lavorò per i Medici e venne ammessa – prima donna – all’Accademia delle Arti del Disegno. Nei dipinti eseguiti a Firenze, come poi successivamente a Roma, Venezia, Napoli o Londra stessa, Artemisia dipinse opere di soggetto spesso femminile: eroine piene di coraggio alle quali dette di frequente il suo volto. Queste scelte compositive unite alla sua chiara indipendenza economica e spirituale, l’anno trasformata in un importante caso di ricerca per gli studi femministi: saggi sono stati scritti in grande numero ma troppo spesso non descrivono la sua bravura con il pennello.


Artemisia Gentileschi, Autoritratto in veste di Santa Caterina di Alessandria, Londra, The National Gallery

Una delle ultimi acquisizioni importanti della National Gallery di Londra – dove Artemisia stessa venne invitata da Carlo I – è l’Autoritratto come Santa Caterina di Alessandria. Pagato dal museo londinese £3,600,000, insieme alla Susanna e i vecchioni di Burghley House e all’Autoritratto come Allegoria della Pittura della Royal Collection, è il terzo dipinto suo nel Paese e ha ispirato la grande mostra su Artemisia – ahimé ridotta di molto dalla pandemia – a Londra nel 2020. Poco dopo avrebbe dovuto aprire alla Royal Academy quella su Angelica Kauffmann, completamente cancellata dal COVID e rimandata alla primavera del 2024. Senza virus, Londra sarebbe contemporaneamente divenuta la sede di due mostre di due “pittrici antiche”.

Angelica Kauffmann

Figlia piena di talento di un modesto artista svizzero, Angelica fu dotatissima tanto nella musica quanto nella pittura: scelse di dedicarsi a quest’ultima poichè l’ambiente teatrale era considerato poco rispettabile. Già nel 1762, a ventun anni, divenne membro dell’Accademia di Firenze, spostandosi però quasi subito a Roma con il padre nel 1763. Lì entrò in contatto con le élites dei viaggiatori europei, in particolare con la comunità inglese, rapporti che con brillante diplomazia salvaguardò sempre. Si traferì a Napoli, poi a Bologna e a Venezia, parlando con agilità ovviamente il tedesco ma anche l’italiano, l’inglese e il francese: tutti sembrarono improvvisamente impazziti pur di avere un ritratto eseguito da lei. Invitata a Londra nel 1765, vi rimase quasi vent’anni e lì, amicissima di Sir Joshua Reynolds, insieme a Mary Moser fu una delle due sole donne a far parte della fondazione della Royal Academy nel 1768, alle cui esposizioni contribuirà ogni anno sino al 1782, spesso con diverse opere.


Angelica Kauffmann, Ritratto della Contessa Lucia Memmo Mocenigo, Christie’s, Londra, 19 settembre 2013, lotto 50, £433.875

Osannata come ritrattista, si impegnò moltissimo nel genere più alto del dipinto storico, raramente affrontato dalle donne semplicemente perché non era loro consentito di seguire lezioni di anatomia e disegno dal nudo. Angelica ovviò al problema scegliendo spesso soggetti il cui protagonista è ancora una volta un’eroina. La celebrità a cui arrivò a Londra si spanse a macchia d’olio in tutta Europa, attraverso i suoi numerosi contatti e grazie a un vasto numero di incisioni che vennero prodotte. Nel 1782 si spostò definitivamente a Roma, e il suo atelier era cercamente il posto da frequentare e dove essere visti.

Lavinia Fontana

Ancor meno scandalosa – Angelica venne truffata e sposata da un finto conte – e grandissima imprenditrice fu Lavinia Fontana, protagonista fino al 27 agosto di una grande retrospettiva alla Galleria Nazionale di Dublino, dove più di sessanta opere illustrano l’opera della grande artista e celebrano la vivacità culturale e ricchezza materiale di Bologna a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Figlia d’arte anche lei, fu certamente supportata dal padre che ne riconobbe il talento ma anche dal marito che accettò di sposarla con la clausola che potesse continuare a lavorare - e anzi la aiutò moltissimo nella gestione della sua fiorente bottega. Lavinia divenne in breve tempo la ritrattista delle grandi famiglie bolognesi, soprattutto delle nobildonne che ben presto iniziarono a fare a gara per farsi ritrarre da lei, che unica sapeva dipingere la loro ricchezza, attentissima ai dettagli di abiti, pizzi e gioielli. Un grande lavoro di ricerca e restauro eseguito tra il 2019 e il 2021 sulla grande tela raffigurante Salomone e la regina di Saba, parte delle collezioni del museo irlandese, sicuramente è stato il pretesto di questa esposizione: non si tratta di una semplice narrazione biblica, sembra più una corte principesca, ed è uno dei capolavori della pittrice come ritrattista.


Lavinia Fontana, Salomone e la regina di Saba, Dublino, National Gallery of Ireland


Rosalba Carriera, grandissima pastellista veneziana

Sempre quest’estate, sino al 9 settembre, la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda dedica i suoi spazi espositivi a Rosalba Carriera, grandissima pastellista veneziana. Nessun “granturista” lasciava Venezia nel primo Settecento senza un suo ritratto a pastello e la sua attività per

 le diverse teste coronate europee, primi fra tutti il re di Francia e l’imperatore – di qui la grandissima collezione a Dresda – è a dir poco impressionante. Nulla si sa ancora di come sia divenuta artista: c’è chi dice che l’assottigliarsi del commercio del merletto, attività di sua madre, la spinse a eseguire dapprima miniature per i coperchi delle tabacchiere e quindi i suoi pastelli, famosi per la grande raffinatezza, il vivace cromatismo e la profonda delicatezza. Rimane il fatto che nel 1703, all’età di trent’anni, venne ammessa all’Accademia di San Luca a Roma, e nel 1720-21 all’Académie di Parigi, città dove lavorò con successo per due anni. Non si sposò mai e nei pochi viaggi che fece venne accompagnata dalla madre e/o dalla sorella Giovanna. Morì ahimé cieca a Venezia all’età di 83 anni, ma certamente cambiò le sorti della tecnica del pastello per le generazioni a venire.


Rosalba Carriera, Un turco, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen


Michealina Wautier e le altre

Questo è solo un accenno alle vicende di alcune donne pittrici tra fine Cinquecento e inizio Ottocento che hanno fatto notizia di recente, a testimonianza di un’attenzione sempre più forte a cui si assiste nell’ultimo decennio verso le poche protagoniste della storia dell’arte antica, un mondo generalmente maschile. La consapevolezza della loro qualità come pittrici, e non solo il fatto di essere donne, si unisce alla rarità delle loro opere: poche hanno potuto esercitare la professione e pochi sono dunque i dipinti. Si aggiunga anche che spesso negli inventari si sono perse le attribuzioni femminili, si pensi a Judith Leyster – dopo la sua morte le sue opere sono state attribuite a Frans Hals o a suo marito Jan Mience Molenaer – o a Michealina Wautier confusa subito con il fratello. Se poi dipingevano generi meno aulici come la natura morta – si pensi a Fede Galizia, quasi completamente dimenticata – le fonti antiche non ci aiutano per nulla.


Michaelina Wautier, Testa di fanciullo, Christie’s, Londra, 8 luglio 2021, lotto 46, £400.000

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Con l’idea che non avrebbe guardato a nulla dopo Giotto, Sandra è stata una convintissima e feroce medievista nei suoi vent’anni: ora guarda tutto e le piace tutto, dal manoscritto miniato al gioiello d’artista. Ha lavorato per più di venti anni nel dipartimento di dipinti antichi alla Christie’s di Londra, dove ancora collabora quotidianamente come consulente, accompagnando i dipinti da collezione a collezione, con la stessa emozione del primo giorno. Un debole ovviamente rimane per la pittura italiana, soprattutto di alta epoca.

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