Mario Schifano e il fisco: “questi quadri non sono miei”

Nicola Ricciardi
9.11.2021
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La frase ha dell'inverosimile, eppure fu veramente pronunciata dal padre della pop art italiana davanti alla Guardia di Finanza. Quali sono state le conseguenze di quell'ardimentosa frase?

Quando i militari della Guardia di Finanza si presentarono nello studio di Mario Schifano, uno dei padri della pop art italiana, per una verifica fiscale alla domanda sul perché non avesse dichiarato al Fisco i ricavi delle vendite di alcuni suoi quadri, si sentirono rispondere che quei quadri non erano suoi. Proprio così, l'artista per evitare guai con l'Erario, disconobbe la paternità delle sue opere. Risposta, quella di Schifano, geniale che spiazzò i militari ma che, allo stesso tempo, creò il panico tra tutti quei suoi collezionisti che quelle opere le avevano comprate e che si ritrovarono, di punto in bianco, con delle opere che non erano autentiche proprio perché disconosciute dal loro autore.
Mario Schifano fisco

Ora, quello di Schifano è un caso limite, in linea se vogliamo con il personaggio che manifestava tratti di genialità non solo nelle sue opere ma anche nella vita quotidiana, ma come ci si tutela quando si acquista un'opera d'arte? Partiamo dal dato di fatto che l'arte contemporanea, nel suo complesso, muove una montagna di denaro, più del mercato dell'arte antica e, in alcuni casi, addirittura più dello stesso settore immobiliare.



Detto questo, proprio perché gli interessi economici in gioco sono importanti, si devono utilizzare le giuste cautele quando si compiono gli acquisti e si deve ricordare che l'acquisto di un'opera d'arte è, da punto di vista giuridico, una compravendita e, quindi, sottostà alle norme civilistiche che regolano questo tipo di contratti. Quindi, chi compra deve controllare che l'opera sia munita di tutti i documenti necessari, documenti che che devono essere conservati e rilasciati al nuovo proprietario in caso di rivendita successiva.

Mario Schifano fisco

Certo, nel mercato dell'arte la situazione è un pò differente da quella di quando si acquista, ad esempio, una casa perchè qui i contratti non vengono quasi mai stipulati per iscritto, anche se riguardano opere di grande valore economico, perché spesso si tende a sottovalutare il fenomeno (“abbiamo fatto sempre così”) e perché il rapporto fra collezionista e gallerista è un rapporto in buona parte fiduciario.

Per prima cosa quindi, chi acquista deve richiedere la fattura. L'affermazione potrebbe apparire scontata ma in realtà non lo è perché, anche se le cose stanno cambiando negli anni, una gran parte degli acquisti in questo settore si muove al di fuori dei canali ufficiali.

Trattandosi poi di un contratto di compravendita, oltre alla fattura, il venditore deve garantire l'autenticità dell'opera: quindi, chi acquista deve richiedere il certificato e chi vende deve rilasciare questa certificazione.
La normativa italiana prevede l'obbligo per il venditore di consegnare la documentazione attestante l'autenticità o, almeno, la probabile attribuzione e la provenienza dell'opera su copia fotografica. Nelle ipotesi in cui questa documentazione sia assente, il venditore sarà tenuto a fornire una dichiarazione con tutte le informazioni disponibili che costituirà un “titolo”  per chi acquista. Il tema è,  come si vede, delicato e occorre fare attenzione.

Si riporta in proposito quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Sez. VI, Sentenza del 29-05-2019 n. 23820 che si è espressa in merito alla ricettazione di opere d'arte false, a firma degli (apparenti) autori Lucio Fontana, Giorgio De Chirico e Mimmo Rotella.

Mario Schifano fisco

Nell'ordinamento italiano non è punibile, ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004, art. 179 "chi riproduce, detiene, pone in vendita o altrimenti diffonde copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie od imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico od archeologico, dichiarate espressamente non autentiche”, Quindi, laddove si dichiara espressamente che l'opera non è autentica, non vi è alcun problema. Problema invece che può sorgere quando manchi la dicitura di non autenticità.

Per i giudici infatti, in tema di contraffazione di opere d'arte, per la configurabilità del reato non è necessario che l'opera sia qualificata come autentica quando in realtà non lo sia, ma è sufficiente che manchi la dichiarazione espressa di non autenticità.

Quindi attenzione, perché anche la semplice dimenticanza può costare caro.
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Nicola Ricciardi è Avvocato cassazionista iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma esperto in diritto tributario, doganale e delle accise.

Autore di libri e pubblicazioni sul tema della riscossione delle imposte, già consulente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è docente presso l’Istituto di Studi Giuridici Arturo Carlo Jemolo di Roma.

Titolare dell’omonimo studio legale con sede a Roma e Milano, l’Avvocato Ricciardi assiste privati e aziende in occasione delle verifiche e degli accertamenti fiscali.

Relatore in numerosi convegni in materia tributaria, è Presidente dell'Associazione Fisco e Territorio NO PROFIT

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