La collezione Byblos Art Hotel: mecenatismo, moda, hotellerie

Nascosto sulle colline della Valpolicella si trova uno degli art hotel più affascinanti d’Europa, il Byblos Art Hotel, oggi incluso nel prestigioso elenco di Small Luxury Hotels of the World e premiato più volte da Condé Nast Traveller. Il corpo centrale di Villa Amistà, realizzato nel Quattrocento in stile veneziano dall’architetto Michele Sanmicheli sui resti di una “casa forte” romana, è stato successivamente rinnovato nel 1700 dall’architetto Ignazio Pellegrini, che ha progettato la configurazione attuale dell’edificio. L’intero corpus della villa, comprendente un parco di ventimila metri quadri con piscina a sfioro, è stato acquistato all’inizio degli anni duemila dall’imprenditore Dino Facchini. Oltre ad essere il fondatore del brand di moda Byblos e recente partner industriale, tramite la società Swinger International, di Chiara Ferragni Collection, Dino è un collezionista d’arte affermato nonché mecenate nel mondo dell’arte contemporanea.
Con l’aiuto del designer e architetto Alessandro Mendini, Facchini ha restaurato Villa Amistà e l’ha aperta al pubblico nel 2005, creando un connubio particolare tra la propria collezione d’arte contemporanea – trasferita in parte nelle sale dell’hotel – e l’edificio tipicamente barocco. Il Byblos Art Hotel comprende più di 150 opere, locate non solo negli spazi comuni dell’albergo, ma anche nelle 59 camere private.
Il risultato finale è quello di un ambiente eclettico ed esuberante, che riporta all’atmosfera del romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie, già ben caratterizzata dalla hall al piano terra. La stanza, dal cui soffitto scende uno dei lampadari di Barovier&Toso più grandi al mondo, vede i magnifici stucchi intervallati da otto grandi fotografie su alluminio di Vanessa Beecroft (“VB43”, del 2000). Sui due lati opposti della hall sono posizionate “Sphinx Venus” e “Sphinx Fortuna”, entrambe realizzate da Marc Quinn nel 2008 come riproduzione della modella Kate Moss (si dice che Dino custodisca nel caveau di una banca anche “Siren”, scultura simile alle precedenti, realizzata da Quinn con oro 18 carati per un peso complessivo di 50 kg, quello di Kate).
Lo spazio ospita anche tre spin paintings di Damien Hirst (“Beautiful Brhama Fragmented Consciousness Painting” e “Revence” del 2008, oltre a “Extraordinarily Large Museum Specimen of Giant Clam Shell” del 2010), un grosso specchio di Anish Kapoor (“Untitled”, 2002), quattro opere di Alessandro Mendini (tra cui quelle in “miniatura” chiamate “Poltrona di Proust” e “Monumento da casa”), un pianoforte “ricamato” da Beatriz Millar (“The Piano Tattoo”, 2007) ed infine tre opere di Maurizio Savini (tra cui una scultura in bronzo e chewing gum rosa, “Peter Paul” del 2009) e Tony Oursler.
La hall del Byblos Art Hotel
Il valore della sola hall? Una cifra da capogiro, ma la reception e la Red Sofa Room non sono da meno. Nella prima troviamo, partendo dall’arte moderna, con gli italiani Piero Manzoni (“Merda d’artista” del 1961 e due “Achrome” del 1962), Lucio Fontana (“Concetto Spaziale” del 1956 e “Concetto Spaziale Attesa” del 1965) e Mimmo Rotella (“Marilyn” del 1963), per arrivare all’arte contemporanea con Tom Wesselmann (“Beautiful Bedroom Kate” 1997), Sol LeWitt con il quadro “Splotch” del 2005, Katharina Grosse (“Untitled”, 2016) e il già citato Marc Quinn (“Angel” del 2006 e “Tropical Ozone Vortex” del 2008). La Red Sofa Room ospita tra gli altri la famosa “Love” (1995) di Robert Indiana, una mappa di Alighiero Boetti (“Mappa – l’insensata corsa della vita” del 1989, oltre a “Tutto” del 1988), Michelangelo Pistoletto (“Con-Tatto”, 2018) e Damien Hirst (“Beautiful Love Demelza”, 2008).
Come dichiarato dal general manager dell’albergo Luigi Leardini, “l’attenzione al dettaglio” e “la continua evoluzione” di Villa Amistà, si ritrovano in tutti gli angoli della struttura: anche nei corridoi. Al piano terra si trova un’opera iconica di Marina Abramović, “Balkan Erotic Epic: Breasts” (2005), attraverso cui l’artista indaga la cultura folk e il suo concetto di erotico. Al primo piano sono notevoli il violino di Loris Cecchini realizzato a contatto con la parete (“Installazione Violino”) e l’installazione futuristica di Enrico Tommaso De Paris, “Cromosoma”. Il corridoio del primo e del secondo piano sono però principalmente il regno dell’artista Mariangela Levita, che con “Wetransfer” (2014) e “Solaris” (2015) ha trasformato le pareti, soffitto, pavimento e porte dei piani, rendendoli un ambiente immersivo e visivamente stimolante.
Marina Abramović, “Balkan Erotic Epic: Breasts”, 2005
Mariangela Levita, “Wetransfer”, 2014
Numerose sono poi le stanze dedicate a singoli artisti: la Rotella room, con il quadro “Byblos” (2005), dedicato proprio al brand di Dino Facchini, la Millar room con cinque opere dell’artista (“Morning Diary” del 2004, “Love Off” e “Amen” del 2005, “Hathor” e “Yin” del 2011), La Paolini meeting room, con l’installazione “Le Quattro Stagioni”, la Sissi meeting room con tre opere dell’artista (“La di Piano”, “Funeduva” e “Nidi di Sissi”) ed infine la Pomodoro room, che ospita “Sfera con Sfera” di Arnaldo Pomodoro.
Una delle opere della Millar room, di Beatriz Millar
L’esterno, invece, è uno degli spazi che più richiama all’atmosfera fiabesca evidenziata in principio. Qui fanno da padrone il giardino in stile italiano e la fontana a forma di cuore, così come la scalinata ricoperta dalle otto lampade in vetro di Murano dell’artista Jean Michel Othoniel. La facciata di Villa Amistà è ricoperta dall’installazione di Jelena Vasiljev, “Essendo così i lupi/i più difficili da cacciare/come saranno gli uomini” (2007), artista serba che ricorda la propria infanzia difficile durante la guerra nei Balcani. Impressionante è anche la scultura floreale di Marc Quinn, “Spera”, realizzata nel 2001 e situata nel parco dell’hotel.
Infine, a Villa Amistà non poteva certo mancare la parte culinaria. Oltre al Peter’s Bar, ottimo per un aperitivo o un cocktail dopo cena (qui troviamo due opere di Peter Halley, “Not Yet Titled” del 2005, Takashi Murakami con “Miss Ok 2”, Mat Collishaw con “The Naked Prey” del 2013 e un “Juke Box” dell’artista Ivan, che al posto di riprodurre canzoni dispensa poesie), la struttura ospita il ristorante Amistà. Il pezzo forte del ristorante, oltre ai numerosi quadri (ricordiamo in particolare i sei lavori di Luigi Ontani: “DafnEnigma”, “Fortunale”, “Pastifero”, “AiDalettica”, “AdrianAntinoo” e “Dilettoziosetto”, realizzati tra il 1994 e il 2006), sono i piatti preparati dallo chef Mattia Bianchi, che ha ricevuto nel 2020 la sua prima Stella Michelin, a soli trentatré anni.