Porsche 911, la Dorian Gray dei motori

Non esiste un’altra auto così immediatamente riconoscibile come la Porsche 911 che, nel corso di circa sessant’anni di produzione ininterrotta, ha costantemente mantenuto le medesime linee di base, quasi avesse fatto un patto col diavolo per scongiurare l’invecchiamento. Per sei decenni ha rivestito il ruolo di sportiva più famosa, inconfondibile per chiunque, anche dai non amanti dei motori, grazie a una fortissima identità, a una personalità unica, e a una costante opera di continui affinamenti e rinnovamenti. Ciò le ha permesso di restare sempre al passo coi tempi pur conservando un’estetica pressoché immutata, tanto da farla diventare un celebrato oggetto di design. Rappresenta senza dubbio un felice esempio di estrema fedeltà ad un’idea e ad un’intuizione stilistica, sostenuta però da una continua ed incessante evoluzione, grazie alla quale tutti i componenti sono stati più e più volte rinnovati e le caratteristiche tecniche aggiornate e rivoluzionate.
Sembra quasi che i tecnici di Zuffenhausen abbiano adottato, in positivo, la filosofia del Gattopardo, come se avessero ritenuto che mantenere la 911 sempre uguale a sé stessa richiedeva necessariamente il suo totale e costante cambiamento. La nascita di tale capolavoro non è stata tuttavia semplice ed immediata. La sua genesi ha richiesto infatti un periodo caratterizzato da iniziali dubbi, incertezze e passi falsi. Il compito era in effetti molto arduo. La leggendaria 356, che aveva accompagnato la nascita
della stessa Porsche e che l’aveva resa famosa in tutto il mondo, era ormai superata, aveva raggiunto la massima evoluzione possibile ed era divenuta obsoleta per prestazioni, sicurezza e abitabilità. Si pensò peraltro che la vettura destinata a sostituirla avrebbe dovuto mantenere la stessa caratterizzante architettura base, ossia motore posteriore a cilindri contrapposti (boxer), con raffreddamento ad aria. Il progetto stilistico venne affidato a Ferdinand “Butzi” Porsche, figlio di Ferdinand “Ferry”, artefice della 356, e nipote del Ferdinand capostipite, il fondatore della Casa.
Dopo un primo prototipo a 4 posti, poi ridotto a 2+2 per intervento proprio di Ferry, nacque la 901, con muso piatto e basso e fari inclinati e sporgenti (divenuti poi quasi un segno distintivo imprescindibile), fiancata piana e uniforme, coda corta e sfuggente, raccordata in un’unica linea continua e tesa con il padiglione. Il motore era opera di Ferry in persona, un boxer 6 cilindri, 2 litri, montato fuoribordo, cioè a sbalzo sull’asse posteriore. La 901 fu presentata al Salone di Francoforte del settembre ‘63, ma fu disponibile solo un anno dopo.
Nel frattempo la Porsche si trovò costretta a modificarne la denominazione, da 901 a 911, a seguito delle rimostranze della Peugeot che, fin dagli anni venti, aveva brevettato i nomi di tutte le automobili composti da tre cifre con lo “zero” al centro. Sono nomi ancora oggi utilizzati da Peugeot, anche se li registrò per ragioni esclusivamente estetiche, poiché usava così camuffare il foro per la manovella d’avviamento alla base del radiatore (comune alle auto dell’epoca): ritenendolo sgradevole alla vista, vi sovrapponeva lo “zero” centrale del nome dell’auto. Singolare è che l’intransigenza della Peugeot verso la Porsche non si manifestò in egual misura pochi anni dopo nei confronti della Ferrari, cui venne concesso di utilizzare liberamente le denominazioni 206, 306 e 308 per le proprie auto...Inutile sottolineare che gli esemplari sopravvissuti delle 82 Porsche “901” ufficialmente commercializzate con questo nome, siano oggi tra i pezzi più ambiti dai collezionisti.
Il conseguente comportamento scorbutico e nervoso delle prime 911 è stato via via addomesticato grazie alle incessanti innovazioni, come l’aumento del passo o il ricorso all’elettronica. Tutto ciò ha permesso alla 911 di respingere le istanze di rinnovamento che ad un certo punto ne hanno messo in dubbio la sua stessa sopravvivenza, considerato che dalla fine degli anni ’70 si pensava fosse giunta al limite massimo del suo sviluppo. I nuovi modelli lanciati per soppiantarla, le 924 e 928, dotate di motore anteriore perché ritenuto più al passo coi tempi oltre che più versatile ed economico, non scalfirono minimamente il successo della 911, nonostante la notevole qualità costruttiva.
La Porsche continuava ad essere identificata con la 911 e con la sua immagine unica e vincente, alimentata anche dai ripetuti successi conseguiti nelle competizioni, dove le 911 facevano il vuoto, vincendo ad esempio tre Rally di Montecarlo consecutivi o due Parigi-Dakar su tre disputate. Il tratto corsaiolo era poi continuamente rafforzato dai numerosi modelli estremi, dalla Carrera RS, con il famoso alettone a “coda d’anatra”, alla mostruosa ed indomabile Turbo, con prestazioni fulminanti e una ritardata risposta del compressore così violenta ed improvvisa da far impallidire i piloti più esperti.
Altrettanto iconiche e rappresentative del mondo 911 sono state le versioni aperte, la celebrata e ambita Cabriolet e soprattutto la caratteristica “Targa”, con un rollbar fisso che univa i parafanghi posteriori e con un tettuccio rigido asportabile. Così chiamata in onore della Targa Florio, vinta dalla Porsche ben 11 volte, la configurazione “Targa” ha avuto talmente successo da rappresentare oggi la denominazione corrente delle vetture apribili con tetto rigido, nonostante fosse apparsa fin dal ’58 su una Fiat 1200 disegnata da Michelotti.
La perenne innovazione della 911 ha comportato l’adozione delle più diverse soluzioni tecniche con le più radicali inversioni di tendenza, come il passaggio dalla trazione posteriore a quella integrale, o quello dal raffreddamento ad aria a quello ad acqua. Tutte queste varianti influiscono ovviamente sull’appetibilità delle vetture, creando varie fazioni di porschisti più o meno integralisti.
Molti infatti non considerano “vere” 911 le versioni post 1998, tutte quelle dotate di raffreddamento ad acqua, per altri la linea di demarcazione coincide con l’adozione dei paraurti a “soffietto” di concezione americane, considerando “pure” solo le cosiddette “pre-bumper”, altri ancora si fermano al 1978, con l’abbandono delle cromature, ritenendo i modelli successivi troppo “yuppie”. I puristi Porsche si rivolgono soprattutto ai modelli costruiti nel periodo di consacrazione del fenomeno 911, gli anni ‘60 e ‘70, quando le piccole sportive di improbabili accesissimi colori, come verdi, gialli e arancioni sgargianti e fluorescenti, furoreggiavano nelle località alla moda, da Saint-Tropez al Forte, da Cortina a Sankt Moritz.
Il fascino della 911 non poteva ovviamente risparmiare le stelle del cinema e le celebrity internazionali, da Steve McQueen (che dotò la sua 911 di un pulsante che permetteva di spegnere le luci posteriori durante le scorribande notturne), a Sean Connery, da Keanu Reeves a Patrick Dempsey, da Tom Cruise ad Antonio Banderas, da David Beckham a Rihanna e a Cristiano Ronaldo, per passare da Bill Gates, a Herbert Von Karajan, possessore di diversi esemplari, e a Ralph Lauren.
Un’indimenticabile sensuale 911 è stata poi co-protagonista di Cars, ove interpretava Sally Carrera con la voce di Sabrina Ferilli, nel ruolo di un avvocato che intrattiene una storia d’amore con Saetta McQueen. Lo stesso successo la 911 ha sempre riscontrato nel mercato italiano; basti pensare che negli anni ’70 la rivista Quattroruote stilò le ipotetiche formazioni di due intere squadre di calcio composte dai più famosi giocatori di serie A, tutti proprietari di Porsche 911.Si tratta di auto che sul mercato delle storiche non hanno mai perso il loro appeal, con il vantaggio di poter contare su un’infinita gamma di versioni, dalle più abbordabili alle più rare e costose, anche oltre il milione di euro.
Il blasone ed il fascino della 911 consentono tuttavia di non sfigurare mai anche alla guida di esemplari meno potenti ed esclusivi, confidando sempre nell’affidabilità proverbiale delle Porsche, delle quali si calcola siano ancora in circolazione il 70% delle vetture prodotte.