Indian Scout, l'apache che volle essere un dio

5.2.2021
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I ruggenti anni venti sono stati un decennio unico per l'America, un tempo di pace e benessere, dai sogni imbevuti nel bathtub gin, sferzati al ritmo del jazz e… cavalcati coast to coast su una moto Indian Scout
“Andiamo, non essere pregato! Gira il paese su una Indian. Guida quando vuoi, dove vuoi e con un comfort assicurato”. Era il 1919, la prima guerra mondiale era appena finita, e la allora Hendee Manufacturing Company, casa motociclistica dei primi del novecento, lanciava questo slogan. Le due sorelle Indian - prima la Scout e poi la Chief (la sorella maggiore da 1000cc) - facevano così la loro comparsa sulle strade americane - appena oggetto di migliorie da parte del governo - accanto ad altri miti a stelle e strisce quali Ace, Cleveland, Henderson, Harley-Davidson e Excelsior.
Nel segno di Charles Baily Franklin
Il nome quanto lo slogan non lasciavano dubbi: la Scout era una moto pensata per esplorare. Da Springfield, Massasuchetts, dove l'officina Indian era ubicata, fino ad arrivare alle Black Hills in cerca di indiani in carne e ossa. Eppure la storia dell'Indian Scout ha inizio oltreoceano, versante atlantica, su una piccola isola britannica: l'Isola di Man. Già allora si teneva quella che è considerata tutt'oggi la corsa motociclistica più pericolosa al mondo. Nel 1909 in occasione della terza edizione del Tourist Trophy ci fu il felice incontro tra il marchio Indian, alla prima partecipazione, e Charles B.Franklin, ingegnere elettronico inscritto alla gara in sella a una Triumph. Fu l'ultima volta che Franklin guidò la motocicletta di Hinckley: da allora gareggiò solo su Indian, piazzandosi nel 1914 al secondo posto. Con l'inizio della guerra, le corse vennero sospese e Franklin che aveva iniziato a lavorare per Billy Wells, distributore Indian in Irlanda, fu trasferito nella fabbrica di Springfield in qualità di designer.

La Scout 101: la Indian più famosa di sempre
Il genio di Franklin prese forma nella Indian Scout, che fece il suo debutto nel 1919. SI trattava di un 596cc molto affidabile, con un innovativo telaio rigido a culla a doppio anello, forcelle anteriori con molla a balestra, trasmissione a ingranaggi collegata a cambio manuale a 3 velocità e frizione a pedale: fu un successo fin da subito. La Scout era una moto che racchiudeva molti caratteri: il fascino popolare si coniugava a prestazioni da competizione e a una struttura perfetta per acrobazie, in particolare per le esibizioni verticali degli spettacoli "Wall of Death" (a cui partecipa tutt'oggi). E poi assolveva alla sua anima da esploratore. Nel 1920 segnò un record mondiale in Australia, percorrendo con una velocità di crociera di circa 80 km/h 1790 chilometri in appena 24 ore.
Ma a una perfezione minore esiste sempre una perfezione maggiore a portata di qualche ritocco. Nel 1927 il motore fu portato a 750 cc e il telaio reso più lungo è più basso, garantendo ancora più stabilità e comodità: era nata la Indian Scout 101, per alcuni la migliore motocicletta mai costruita. La tempesta finanziaria del 29' tuttavia non si fermò davanti a tanta bellezza, mandando in rovina quella che nel 1924 era diventata la Indian Motocycle Company. Due anni più tardi la Indian Scout 101 veniva cessata di essere prodotta, e con lei se ne andava a stretto giro anche il suo ideatore Charles Bayly Franklin, ammalatosi gravemente.
Il fascino delle prime Indian Socut tuttavia sopravvissero al loro creatore e alla crisi del marchio. In parte fu merito di un altro uomo di almeno pari grandezza, anche egli proveniente da un'isola - la Nuova Zelanda – ed anch'egli innamorato del marchio Indian. Il suo nome era Burt Munro e la sua storia è stata immortalata da Roger Donaldson, con interprete Anthony Hopkins, nel film “The world's fastest Indian” del 2005.
Burt Munro e la Indian più veloce al mondo
Il fascino delle prime Indian Socut tuttavia sopravvissero al loro creatore e alla crisi del marchio. In parte fu merito di un altro uomo di almeno pari grandezza, anche egli proveniente da un'isola - la Nuova Zelanda – ed anch'egli innamorato del marchio Indian. Il suo nome era Burt Munro e la sua storia è stata immortalata da Roger Donaldson, con interprete Anthony Hopkins, nel film “The world's fastest Indian” del 2005.
La vicenda ha dell'incredibile. Nel 1967 Munro, all'epoca 68enne, si presentò a Bonneville Salt Flats con la sua Indian Scout degli anni venti, con l'intento di battere rivali (piloti e motociclette) molto più giovani. Nei cinquant'anni precedenti la vita di Munro fu incentrata, fino a lasciar il proprio lavoro nel 1947, a spremere il massimo che poteva dalla sua Indian 600 cc. Ci riuscì, stabilendo un nuovo record assoluto che resiste fino ad oggi. I tachimetri si fermarono a 295 km/h: nessuna motocicletta Indian è mai andata più veloce.
Le Indian Scout all'asta
Le offerte al dio della velocità di Burt Munro per rendere la Indian Scout un vero e proprio proiettile, il fascino degli anni venti e lo spirito selvaggio degno degli Apache d'America hanno reso la Indian Scout il dio indiano nell'Olimpo del motociclismo. Ancora oggi molti appassionati si accalcano alle aste, in cerca di accaparrarsi i lotti indiani. Due delle ultime battiture risalgono al 2019 nelle aste di mezza stagione organizzate da Bonhams. Una Scout 1927 600cc e una Scout 1928 750cc versione “Police special” sono state battute rispettivamente a 35.497 euro e a 32.784 euro. Se i Gatsby di allora se la potevano permettere all'incirca per 250 dollari, chissà quelli di domani quanti soldi dovranno sborsare per domare il dio veloce.