Diritti (im)morali? La paternità di un'opera d'arte dopo la morte

20.3.2020
Tempo di lettura: 3'
I diritti morali sono una buona idea quando servono a proteggere l'espressione dell'eredità dell'artista attraverso il suo lavoro. Ma spesso può capitare che il loro erroneo intendimento rechi danno, più che protezione
Immaginate di essere proprietari di un importante quadro di un noto artista e di averlo sempre visto in casa dei vostri genitori. L'opera è stata regalata a vostro padre da suo nonno, celebre avvocato, il quale ha sempre riferito in famiglia di averlo ricevuto dall'artista, in pagamento di una parcella.
Non ci sono documenti a supporto. L'unica certezza è che l'avvocato vostro antenato e l'artista dovevano conoscersi perché il primo era stato nominato esecutore testamentario dell'artista. Avendo due figli e non sapendo a chi lasciare il quadro, avete pensato di venderlo, ma la casa d'aste a cui vi siete rivolti è stata perentoria: non si vende se prima non si ottiene un certificato di autenticità dall'Archivio dell'artista.
Pensate che si tratti di una formalità e vi rivolgete alla titolare dell'Archivio che è una lontana parente, neppure in linea retta, dell'artista. In realtà, l'Archivio coincide con la lontana parente, la quale possiede qualche opera dell'artista e qualche documento riconducibile all'artista. La parente non è una storica dell'arte e non ha alcuna particolare conoscenza dell'opera del proprio antenato. A questo punto arriva la doccia fredda: la parente boccia l'opera, senza fornire spiegazioni. E non solo non rilascia il certificato di autenticità, ma vi scrive una lettera nella quale, invocando i propri “diritti morali”, vi intima di non mettere in commercio l'opera, ipotizzando anche una denuncia penale per contraffazione.
Pensate che si tratti di una formalità e vi rivolgete alla titolare dell'Archivio che è una lontana parente, neppure in linea retta, dell'artista. In realtà, l'Archivio coincide con la lontana parente, la quale possiede qualche opera dell'artista e qualche documento riconducibile all'artista. La parente non è una storica dell'arte e non ha alcuna particolare conoscenza dell'opera del proprio antenato. A questo punto arriva la doccia fredda: la parente boccia l'opera, senza fornire spiegazioni. E non solo non rilascia il certificato di autenticità, ma vi scrive una lettera nella quale, invocando i propri “diritti morali”, vi intima di non mettere in commercio l'opera, ipotizzando anche una denuncia penale per contraffazione.
GC
I diritti morali sono una creazione dell'epoca moderna ed hanno ricevuto la propria consacrazione nel 1886 con la Convenzione di Berna per la protezione del diritto d'autore sulle opere letterarie e artistiche, il cui articolo 6-bis prevede che indipendentemente dai diritti patrimoniali d'autore ed anche dopo la loro cessione, l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi ad ogni deformazione, mutilazione o altra modificazione, come ogni altro atto a danno dell'opera, che rechi pregiudizio al suo onore ed alla sua reputazione.
Dopo la morte dell'autore, questi diritti passano alle persone individuate dalla legge degli Stati aderenti nei quali la protezione è richiesta, almeno fino alla durata dei diritti d'autore (70 anni dopo la morte). È tuttavia fatta salva la facoltà per gli Stati di prevedere che i diritti morali cessino con la morte dell'autore. Alla Convenzione di Berna hanno aderito 164 Stati, tra cui l'Italia, la Francia, la Germania e, nel 1989, gli Stati Uniti. Tuttavia, le norme sulla titolarità e durata dei diritti morali dopo la morte dell'artista variano sensibilmente da stato a stato. Ad esempio in Italia (art, 23 Lda), i diritti morali sono perpetui, inalienabili e dopo la morte dell'artista spettano iure proprio ai parenti più stretti (coniuge, figli ed ascendenti e discendenti diretti, o in mancanza, fratelli e sorelle e loro discendenti), senza alcun limite sul grado di parentela.
Anche in Francia, i diritti morali sono perpetui, ma l'artista può lasciare tali diritti per testamento ad un soggetto giuridico diverso dai parenti (ad esempio una fondazione o anche allo stato) (Code de la propriété intellectuelle, artico- lo L121-1). In Germania, i diritti morali hanno la stessa durata dei diritti patrimoniali (70 anni dalla morte dell'autore). Infine, negli Stati Uniti i diritti morali cessano con la morte dell'artista (17 U.S. Code §106). Mentre sarebbe auspicabile una maggiore omogeneità tra le leggi dei vari paesi, ci si può chiedere quale sia la soluzione normativa preferibile.
Personalmente non ritengo che un lontano parente, anche a distanza di decenni (se non di secoli) sia necessariamente la persona più qualificata ad esprimere un parere sull'autenticità di un'opera del proprio antenato. La soluzione adottata dagli Stati Uniti a me sembra la più pragmatica ed efficiente: solo gli artisti possono dire se hanno creato o meno un'opera a loro attribuita. Dopo di loro la parola dovrebbe passare agli studiosi.
Eventualmente si potrebbe immaginare una soluzione di compromesso, nella quale i diritti morali possano durare per 70 anni dopo la morte dell'artista, ma lo stesso sia libero di trasferirli a chi gli pare, ad esempio ad una fondazione o, come ha fatto August Rodin, allo stato. Altrimenti si arriva ad una situazione in cui una persona che vanti una linea di parentela, anche non diretta, con Leonardo da Vinci (che non aveva figli), potrebbe oggi vantare i diritti morali sulla sua opera e poteri di controllo sulle mostre in corso per il suo cinquecentenario.
SH
I diritti morali sono una buona idea quando servono a proteggere l'espressione dell'eredità dell'artista attraverso il suo lavoro. E molti titolari di diritti morali lavorano seriamente e umilmente per preservare e promuovere la reputazione di un artista. Tuttavia, può accadere che i titolari dei diritti morali diventino gli unici e inattaccabili arbitri di ciò che può essere incluso e di ciò che è considerato di valore nell'oeuvre dell'artista.
Numerosi casi di abuso di potere da parte dei detentori dei diritti morali degli artisti deceduti stanno raggiungendo i tribunali. Quando gli eredi o gli amici o le fondazioni, spesso titolari di diritti morali, si pronunciano sull'autenticità o sull'attribuzione di un'opera d'arte, è importante che i collezionisti e le istituzioni si rendano conto che stanno esprimendo un'opinione. La legge deve proteggere l'espressione di opinioni. Tuttavia, i detentori di diritti morali spesso non ritengono di dover fornire prove a sostegno della loro opinione. Mentre la legge e il mercato possono accettare questa pratica, nei tribunali della storia dell'arte i diritti morali non sono sufficienti a giustificazione di un'opinione sull'attribuzione o sull'autenticità.
Come in tutte le ricerche scientifiche, l'autorità di qualsiasi opinione sarà forte solo quanto i fatti forniti a sostegno di essa e l'accettazione di questi fatti da parte della più ampia comunità di esperti. La mancanza di trasparenza può avere conseguenze negative. I collezionisti e le istituzioni rimangono in un dilemma frustrante quando chiedono a un erede o a una fondazione perché la loro opera sia stata considerata non autentica o erroneamente attribuita. Sembra che non ci sia un'autorità superiore a cui rivolgersi per un'opinione altrettanto influente.
Mentre la storia dell'arte si muove per consenso ragionato, il potere assoluto ed insindacabile di cui si sente investito chi sia titolare di diritti morali ha di fatto eliminato altre voci e opinioni. Così, le opere che non incontrano il consenso del titolare dei diritti morali possono essere e spesso sono escluse dai cataloghi ragionati e dalle mostre importanti. Infine, è opportuno ricordare che le opinioni degli organismi di autenticazione non sono sempre corrette. Un esempio recente è quello di Van Gogh, Tramonto a Montmajour (1888), relegato in soffitta perché il Museo Van Gogh lo ha ritenuto non autentico negli anni '90. Ulteriori ricerche hanno rivelato che si trattava di un errore.
Una descrizione dettagliata del dipinto è stata trovata in una lettera di Van Gogh a suo fratello. Un numero di inventario nei registri del fratello corrispondeva a un numero scarabocchiato sul retro della tela; è stata trovata una compatibilità con la gamma di colori usati da Van Gogh, incluso il blu cobalto. La trama della tela infine si è dimostrata compatibile con i rotoli di tela di Van Gogh. Il museo ha impiegato fino al 2013 per accettare che si trattasse di un autentico Van Gogh. In futuro, una molteplicità di pareri di esperti potrebbe risolvere il problema dell'eccessivo potere conferito ad un'unica voce.
Numerosi casi di abuso di potere da parte dei detentori dei diritti morali degli artisti deceduti stanno raggiungendo i tribunali. Quando gli eredi o gli amici o le fondazioni, spesso titolari di diritti morali, si pronunciano sull'autenticità o sull'attribuzione di un'opera d'arte, è importante che i collezionisti e le istituzioni si rendano conto che stanno esprimendo un'opinione. La legge deve proteggere l'espressione di opinioni. Tuttavia, i detentori di diritti morali spesso non ritengono di dover fornire prove a sostegno della loro opinione. Mentre la legge e il mercato possono accettare questa pratica, nei tribunali della storia dell'arte i diritti morali non sono sufficienti a giustificazione di un'opinione sull'attribuzione o sull'autenticità.
Come in tutte le ricerche scientifiche, l'autorità di qualsiasi opinione sarà forte solo quanto i fatti forniti a sostegno di essa e l'accettazione di questi fatti da parte della più ampia comunità di esperti. La mancanza di trasparenza può avere conseguenze negative. I collezionisti e le istituzioni rimangono in un dilemma frustrante quando chiedono a un erede o a una fondazione perché la loro opera sia stata considerata non autentica o erroneamente attribuita. Sembra che non ci sia un'autorità superiore a cui rivolgersi per un'opinione altrettanto influente.
Mentre la storia dell'arte si muove per consenso ragionato, il potere assoluto ed insindacabile di cui si sente investito chi sia titolare di diritti morali ha di fatto eliminato altre voci e opinioni. Così, le opere che non incontrano il consenso del titolare dei diritti morali possono essere e spesso sono escluse dai cataloghi ragionati e dalle mostre importanti. Infine, è opportuno ricordare che le opinioni degli organismi di autenticazione non sono sempre corrette. Un esempio recente è quello di Van Gogh, Tramonto a Montmajour (1888), relegato in soffitta perché il Museo Van Gogh lo ha ritenuto non autentico negli anni '90. Ulteriori ricerche hanno rivelato che si trattava di un errore.
Una descrizione dettagliata del dipinto è stata trovata in una lettera di Van Gogh a suo fratello. Un numero di inventario nei registri del fratello corrispondeva a un numero scarabocchiato sul retro della tela; è stata trovata una compatibilità con la gamma di colori usati da Van Gogh, incluso il blu cobalto. La trama della tela infine si è dimostrata compatibile con i rotoli di tela di Van Gogh. Il museo ha impiegato fino al 2013 per accettare che si trattasse di un autentico Van Gogh. In futuro, una molteplicità di pareri di esperti potrebbe risolvere il problema dell'eccessivo potere conferito ad un'unica voce.