Diamanti e blockchain: matrimonio De Beers Alrosa

30.10.2018
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La tecnologia rivelata al mondo grazie alle cryptovalute si attaglia perfettamente alla filiera della più emblematica delle pietre preziose. È infatti solo grazie al registro pubblico distribuito che gli investitori potranno evitare i "blood diamonds"
I tre numeri uno del mercato insieme per un progetto pilota che ha tutte le premesse per diventare definitivo
L'aiuto prezioso della blockchain per un mercato disamorato
Quello di diamanti e blockchain per la tracciabilità delle pietre preziose è solo uno degli usi possibili della tecnologia dei blocchi nelle transazioni patrimoniali.
Alrosa è il maggior produttore mondiale per carati di diamanti grezzi. Insieme con l'intagliatore De Beers, produce circa la metà dell'offerta mondiale di diamanti. Stando a quanto riportato da Mining Weekly, il colosso russo ha raggiunto un accordo con la società sudafricana per prendere parte al progetto blockchain pilota di quest'ultima. Si tratta in realtà solo del secondo ingresso nella "catena": a maggio infatti era stata la gioielleria Signet, il maggior rivenditore al dettaglio di diamanti al mondo a prendere parte al progetto.
Si chiama così il progetto pilota di De Beers, annunciato lo scorso gennaio 2018. Funzione della blockchain è come sempre quella di incrementare la trasparenza e la fiducia dei consumatori, grazie alla tracciabilità costante del prodotto o del servizio, in questo caso, lungo tutta la catena del valore dei diamanti, dall'estrazione alla vendita al dettaglio.
Tracr crea un certificato digitale per ogni gemma. Certificato che, per la stessa natura della blockchain, è immodificabile. In un momento in cui i dati di mercato paiono illustrare una disaffezione degli acquirenti di gioielli nei confronti dei diamanti, poter contare su uno strumento che ne certifichi la provenienza "etica" può essere vincente. I due colossi fanno in tal modo fronte alle richieste del Kimberley Process Certification Scheme del 2003, del World Diamond Council System of Warranties e del Responsible Jewellery Council Code of Practices contro i "diamanti insanguinati".
Tre numeri uno
Alrosa è il maggior produttore mondiale per carati di diamanti grezzi. Insieme con l'intagliatore De Beers, produce circa la metà dell'offerta mondiale di diamanti. Stando a quanto riportato da Mining Weekly, il colosso russo ha raggiunto un accordo con la società sudafricana per prendere parte al progetto blockchain pilota di quest'ultima. Si tratta in realtà solo del secondo ingresso nella "catena": a maggio infatti era stata la gioielleria Signet, il maggior rivenditore al dettaglio di diamanti al mondo a prendere parte al progetto.
Diamanti e blockchain: Tracr
Si chiama così il progetto pilota di De Beers, annunciato lo scorso gennaio 2018. Funzione della blockchain è come sempre quella di incrementare la trasparenza e la fiducia dei consumatori, grazie alla tracciabilità costante del prodotto o del servizio, in questo caso, lungo tutta la catena del valore dei diamanti, dall'estrazione alla vendita al dettaglio.
Come funziona e perché serve?
Tracr crea un certificato digitale per ogni gemma. Certificato che, per la stessa natura della blockchain, è immodificabile. In un momento in cui i dati di mercato paiono illustrare una disaffezione degli acquirenti di gioielli nei confronti dei diamanti, poter contare su uno strumento che ne certifichi la provenienza "etica" può essere vincente. I due colossi fanno in tal modo fronte alle richieste del Kimberley Process Certification Scheme del 2003, del World Diamond Council System of Warranties e del Responsible Jewellery Council Code of Practices contro i "diamanti insanguinati".