Da Goya a Morandi: Archer Milton Huntington e Luigi Magnani

In questi mesi due istituzioni londinesi celebrano due straordinari collezionisti, molto diversi per epoca e risultato ma sicuramente simili nella loro generosità. Ecco perché sono mostre da non perdere.
Royal Academy of Arts
Francisco de Goya y Lucientes, La Duchessa di Alba, 1797
Fino al 10 aprile alla Royal Academy of Arts è esposta un’incredibile selezione di opere della collezione dell’Hispanic Society Museum & Library a New York, chiusa per grandi lavori di ristrutturazione. Fondata nel 1904, l’Hispanic Society è il sogno avveratosi di uno dei più grandi filantropi americani, Archer Milton Huntington (1870-1955). Una solida e certamente privilegiata istruzione unita a precoci viaggi in Europa e Centro America convinsero il giovane Archer a dedicarsi a questo suo progetto museale completamente, mentre contatti con la letteratura spagnola ne determinarono la direzione. Unico figlio dell’armatore e costruttore di ferrovie Collis Potter Huntington, lasciò gli affari di famiglia ufficialmente nel 1890, dedicandosi a viaggi e alla raccolta di libri spagnoli o legati al mondo ispanico.
Alla madre, nel 1898, scrisse “My collecting has always had for it a background—you know—a museum.”, un museo molto specifico, che miri a far conoscere l’anima della Spagna, e non ad essere una successione di oggetti. Alla morte del padre 1900 Archer ereditò i mezzi per grandi acquisizioni, e fondò poco dopo la Hispanic Society of America che già nel 1908 aprì al pubblico in uno straordinario edificio a nord ovest di Manhattan. Fu anche l’anno in cui vide per la prima volta i dipinti di Joaquín Sorolla a Londra, un incontro capitale per entrambi, e che porterà da un lato opere dello spagnolo nelle collezioni americane, dall’altro alla commissione delle 14 grandi tele con scene di vita contemporanea in Spagna e Portogallo. Huntington continuò ad aggiungere alla collezione con vigore fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale, acquisendo opere quasi sempre al di fuori del territorio spagnolo, non volendo diminuire il patrimonio culturale della nazione. Nei decenni successivi si dedicò all’organizzazione dell’ormai grande collezione e alla formazione dei suoi curatori, con grande lungimiranza.
Busto ritratto, II secolo dC
La mostra di Londra veramente è la rappresentazione dello spirito di Huntington, deciso come fu a includere nella sua raccolta ogni aspetto della cultura ispanica e portoghese, dalla preistoria al mondo moderno, dai dipinti alle mappe, ai battiporta. Certamente non è una rappresentazione esaustiva della storia e storia dell’arte di tre continenti e quattro millenni, ma un’occasione unica per avere un assaggio di una così poco conosciuta collezione, e la dimostrazione della sua varietà e vastità.
La star è ovviamente la Duchessa di Alba di Goya, gloriosa nella sua veste da maja e dallo sguardo straordinario. Ma il susseguirsi delle stanze, così bene allestite, la fa divenire il premio di una visita altrettanto intrigante. Terracotte della prima età del Bronzo segnano l’inizio cronologico dell’esposizione, ma subito si è attratti da un busto romano proveniente da vicino a Siviglia, con un salto di epoca e tipologia che continua durante il cammino tra le sale.
Giovanni Vespucci, Mappa del Mondo, 1526
Incredibile vedere da vicino alcune delle mappe, prima fra tutte quella di Giovanni Vespucci del 1526, probabilmente eseguita in occasione delle nozze di Carlo V e Isabella di Portogallo: Vespucci, navigatore e nipote di Amerigo, riproduce tutto il mondo conosciuto al tempo, e subito si nota la mancanza di buona parte dell’America, ancora inesplorata.
Nicolás de Correa, Nozze di Cana e Attribuito a Manuel Chili, Anima all’Inferno
Di notevole interesse l’arte sudamericana, di varia epoca, funzione e qualità. Bizzarrissima la tecnica delle Nozze di Cana, opera del messicano Nicolás de Correa datata 1696: si tratta di un enconchados, ovverosia un dipinto su tavola, preparata con intarsi di madreperla. La composizione rimane decisamente di sapore europeo ma l’esecuzione richiama le opere laccate giapponesi eseguite per l’esportazione, nanban. Straordinarie le quattro piccole figure lignee attribuite all’equadoregno Manuel Chili, datate intorno al 1775: raffigurano la Morte, l’anima in Paradiso, quella in Purgatorio, e infine quella all’Inferno. Si tratta di un’acquisizione recente, del 2016, e dimostra come sia forte l’intenzione dell’Hispanic Society di ampliare la parte sudamericana della collezione.
Molti sono i dipinti spagnoli che hanno viaggiato sino a Londra, e nella grande sala si passa da Morales a El Greco, a Velázquez, a Zurbaran, ma è appunto Goya che si cerca, ben rappresentato dalla Duchessa di Alba ma anche dal ritratto intimo e commovente del corista e cantante della Cattedrale di Toledo, Pedro Mocarte.
Goya senza dubbio segna il passaggio dalla pittura classica a quella moderna, come nella storia dell’arte così nell’esposizione della Royal Academy, che prosegue con opere di Fortuny, Zuloaga e Sorolla. Di quest’ultimo i bozzetti sono particolarmente prodigiosi, così pieni di vitalità.
Joaquín Sorolla, Vision of Spain (dettaglio del bozzetto)
Oggi la Hispanic Society continua la sua funzione ed è centro fondamentale per la ricerca di ogni aspetto della cultura spagnola, portoghese e dell’America Latina. La sua biblioteca ha pochi paragoni e la sua collezione di dipinti, sculture e arti decorative sono spesso del livello più alto e di grande varietà. Ancora in espansione attraverso oculate acquisizioni e donazioni, dopo la sua ristrutturazione si troverà ad affrrontare la difficile e stimolante missione di essere rilevante oggi, i.e. alla luce delle moderne teorie sul significato e la missione delle istituzioni museali. Compito difficile ancor più ricordando che fisicamente si trova lontano da “dove di solito si va” a New York.
Estorick Collection of Modern Italian Art
Giorgio Morandi, Natura morta, 1936, olio su tela, dettaglio
Nel quartiere di Islington, la Estorick Collection of Modern Italian Art celebra il venticinquesimo anniversario dalla sua apertura con il prestito eccezionale delle opere di Giorgio Morandi raccolte da Luigi Magnani (1906-1984), colto e raffinato collezionista e musicologo. Nato a Reggio Emilia, sin dalla gioventù si dedicò allo studio della letteratura, della storia dell’arte e della musica, anche come compositore, divenendo in poco tempo uno degli intellettuali più profondi dell’Italia del Novecento e dedicando la sua vita alle discipline da lui amate. Come un grande uomo del Rinascimento, non favorì la musica alla pittura o la letteratura alla scultura, tutto si compenetrava in lui: insegnava alla Sapienza di Roma Storia delle arti decorative del manoscritto e del libro ma anche teneva conferenze su Goethe o sulle tecniche della musica contemporanea, costruendo al tempo stesso la sua collezione.
Una profonda conoscenza la sua, in grado di cogliere le più intime affinità tra i soggetti di cui si occupava. Le persone di cui si circondò sono quelle che hanno fatto la storia culturale del nostro Paese nel secolo scorso e le opere che collezionò sono capolavori assoluti, opera di artisti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, spingendola con vigore verso la modernità, da Carpaccio e Tiziano a Goya, da Dürer a Canova e a Manzù.
Nel 1941 la famiglia Magnani acquistò la villa a Mamiano di Traversetolo, vicino a Parma, e sempre nello stesso anno Luigi incontrò per la prima volta Giorgio Morandi: furono subito legati da un’amicizia profonda, densa di stima e cordialità, che solo la morte dell’artista potè interrompere anche se non estinguere. Fondamentale per comprenderla è leggere il testo che Magnani stesso pubblica nel 1982, Il mio Morandi, che mescola aneddoti sui loro incontri ad una analisi lucida e meravigliosa della poetica dell’artista e che è strumento importante per penetrare la mostra all’Estorick.
Luigi Magnani ha raccolto cinquanta del bolognese, esempi di tutte le tecniche e i soggetti affrontati dall’artista: oli, acquerelli, disegni, incisioni; nature morte, paesaggi e un raro ritratto. Accomunati da una grande devozione per Cézanne, tanto Magnani quanto Morandi non sono interessati al soggetto dell’opera d’arte, ma ad una meditazione su forme e volumi che porti alla rappresentazione dell’essenza concreta del modello. Una ricerca che impegnò Morandi tutta la vita, rendendolo assolutamente indipendente dalle correnti artistiche dell’epoca. Le opere su carta sono molto rapprentative di quanto detto, soprattutto le incisioni – Morandi fu professore di incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1930: i soggetti sono svuotati del loro significato, divenendo spazi e volumi. Gli acquerelli diventano quasi astratti, mentre i disegni a matita hanno l’essenzialità della ricerca ossessiva della forma.
Giorgio Morandi, Natura morta, 1960, acquerello su carta, dettaglio
Nei dipinti si trovano il ritmo e la coerenza che ci si aspetta dall’artista: un motivo di fondo che crea variazioni, e che - come nella musica - rimane alla base. Atipiche sono infatti le opere che si allontanano da questo rigore, come la Natura morta (Strumenti musicali) del 1941, richiestagli proprio da Magnani, poco dopo il loro incontro: Morandi non dipingeva su commissione, ma fu troppo imbarazzato per rifiutare, e si sente chiara la sua tensione nel dipingere un soggetto da lui non conosciuto intimamente. Raro e inusuale anche l’autoritratto del 1925, acquistato da Gianni Mattioli o la Natura morta metafisica del 1918, dove il manichino di De Chirico e Carrà non rappresenta nulla al di là della sua forma. Splendidi i fiori, che Morandi dipingeva per donarli agli amici più stretti, quasi simbolo della loro entrata nella sua vita.
Giorgio Morandi, Autoritratto, 1925, olio su tela, dettaglio
Si nota un velo cupo stendersi sui dipinti durante e dopo la guerra, unico segno di come l’artista fu intimamente turbato dagli avvenimenti bellici. La sua angoscia davanti all’umanità impazzita fu certamente vasta, eppure non ne fece mai riferimento diretto se non con la creazione di questa atmosfera più scura.
Giorgio Morandi, Natura morta, 1942, olio su tela
La mostra a Islington, pur non essendo vasta, porta a Londra tutto Morandi, e la storia di una splendida amicizia. Posiziona anche sulla mappa internazionale – se già non lo fosse abbastanza – la Fondazione Magnani-Rocca e la Villa dei Capolavori, dove diventa urgente andare per conoscere a fondo l’anima del grande collezionista che era Luigi Magnani.
Londra, Royal Academy of Arts, Spain and the Hispanic World, Treasures from the Hispanic Society Museum & Library, 21 gennaio – 10 aprile 2023
Londra. Estorick Collection of Modern Italian Art, Giorgio Morandi: Masterpieces from the Magnani-Rocca Foundation, 6 gennaio 2023 - 28 maggio 2023