Art Basel Hong Kong e il coronavirus, galleristi in guerra

31.1.2020
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Il coronavirus imperversa e (anche) Art Basel Hong Kong potrebbe farne le spese. L'evento è ancora previsto per il 17 marzo 2020, ma sul suo orizzonte si abbatte pure l'incertezza politica. E quello fra i galleristi locali e occidentali ha tutta l'aria di essere un vero e proprio scontro culturale
A dispetto della “scarsa" e "miope" informazione internazionale, il settore culturale di Hong Kong è resiliente e sul campo la situazione è “meno grave” di quanto appaia. Lo afferma il board dell'Hong Kong Art Gallery Association in un comunicato divulgato ai media il 31 gennaio 2020. La presa di posizione arriva in un momento delicatissimo per l'avamposto di Art Basel nel fiorente mercato dell'Asia orientale.
Art Basel e il coronavirus, un'apocalisse da esorcizzare
Il numero delle vittime da coronavirus accertate in Cina è di 213, quasi 10.000 le infezioni confermate. Dati ufficiali al 31 gennaio 2020. Il governo ha vietato gli assembramenti, chiudendo anche porte di musei ed enti d'arte, come del resto la Grande Muraglia e Disneyland Shanghai. A fare le spese delle severe misure anti contagio è stata anche Cafam Techne Triennial, mostra d'arte contemporanea che si sarebbe dovuta inaugurare il 20 febbraio 2020.
Al momento, Art Basel Hong Kong è ancora pianificata dal 17 al 21 marzo 2020, ma i mercanti chiedono agli organizzatori che sia fatta chiarezza sullo svolgimento o meno di uno dei più importanti eventi – mercato del mondo. Il problema è d'ordine pratico: man mano che la data si avvicina, diventa più impellente la necessità di spedire le opere d'arte verso Hong Kong perché vi arrivino in tempo per l'allestimento. Gli organizzatori di Art Basel hanno scritto in una lettera agli espositori che si tratta di “una dura sfida per tutti” e che “la squadra è al lavoro per vagliare tutte le possibili opzioni”. Il rischio è che venga buttato al vento un intero anno di lavoro.
Nubi nere sopra Hong Kong
Ma questa non è l'unica nube che si sta addensando su Art Basel Hong Kong. L'anno per l'ex colonia britannica non è iniziato sotto i migliori auspici a causa delle proteste pro-democrazia. Proteste che hanno spinto alcuni galleristi, come Richard Nagy di Londra, a riferire a Bloomberg che molti clienti internazionale non di sarebbero nemmeno presentati alla fiera, a causa delle incertezze politiche, e anzi “meravigliandosi di come l'evento sia ancora in programma”. Galleristi come Luxembourg & Dayan di New York e Londra, Tyler Rollins Fine Art di New York, e Scai The Bathhouse di Tokyo, si erano già ritirati a causa dei disordini politici, approfittando di penali ridotte da parte dell'organizzazione di Art Basel (fonte Artnet). Nel solco dei musi lunghi per i disordini politiche, anche Lisson Gallery e Blum & Poe.

Uno scontro fra civiltà
L'art advisor Lisa Schiff dice ad Artnet News di dare “già per annullata la fiera” e di essere certa che Art Basel saprà già come “affrontare il problema”. Non è invece dello stesso avviso Massimo De Carlo, il quale crede che questa sia “un'opportunità per avere un impatto positivo sulla città in un momento particolare come questo” e che per questo motivo “si deve procedere”. Il gallerista di Maurizio Cattelan si allinea alle istanze dei colleghi di Hong Kong, i quali definiscono “miope” l'atteggiamento dei mercanti occidentali. Quello che si prefigura è uno scontro di civiltà, oltre che economico. C'è da scommettere che lo stakanovismo cinese non permetterà che un appuntamento così importante per il mercato dell'arte non si tenga. Le defezioni saranno molte, ma chi resisterà probabilmente avrà ragione del rischio e verrà ricompensato nel medio termine.
La posta in gioco è altissima: annullare la prossima Art Basel Hong Kong sarebbe un duro colpo per la ricca fetta asiatica di mercato e per i galleristi locali. I quali hanno proseguito le loro attività culturali anche durante i mesi più accesi dagli scontri di piazza. E adesso non hanno intenzione di retrocedere davanti al coronavirus.