Mercati e strategie di investimento: il tempo del private equity

22.9.2021
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Negli ultimi tempi, sempre più investitori stanno incrementando le loro posizioni nei mercati privati. Cresce infatti il ruolo del private equity all'interno delle strategie di investimento. Ma che ruolo gioca il tempo inteso come andamento o velocità delle dinamiche di questa asset class?
Dalla lettura delle notizie quotidiane risulta chiaramente evidente che questo è il tempo del private equity e più in generale dei mercati globali. L'attenzione all'economia reale, i bassi rendimenti, le ipotesi di inflazione, le pensioni, il risparmio sono tematiche che creano, tutte indistintamente, un “gancio” per introdurre argomentazioni legate agli investimenti nei mercati privati.
Nelle mie conversazioni, che nella settimana appena passata hanno coinvolto interlocutori che realmente sono ad estremi geografici lontani che spaziano da Singapore a Seattle, il filo conduttore è unico. Gli investitori istituzionali continuano a investire e a incrementare le posizioni in mercati privati, e gli intermediari del wealth management e degli schemi pensionistici individuali (come, ad esempio, i 401K's americani) stanno insistentemente cercando soluzioni di “democratizzazione”.
Ma queste informazioni probabilmente aggiungono solo conferme ampiamente attese dai nostri lettori. Per questo, scriverò del tempo del private equity in un'accezione musicale – nella quale per tempo del private equity intendo l'andamento o la velocità delle dinamiche di questa asset class.
Nelle mie conversazioni, che nella settimana appena passata hanno coinvolto interlocutori che realmente sono ad estremi geografici lontani che spaziano da Singapore a Seattle, il filo conduttore è unico. Gli investitori istituzionali continuano a investire e a incrementare le posizioni in mercati privati, e gli intermediari del wealth management e degli schemi pensionistici individuali (come, ad esempio, i 401K's americani) stanno insistentemente cercando soluzioni di “democratizzazione”.
Ma queste informazioni probabilmente aggiungono solo conferme ampiamente attese dai nostri lettori. Per questo, scriverò del tempo del private equity in un'accezione musicale – nella quale per tempo del private equity intendo l'andamento o la velocità delle dinamiche di questa asset class.
Perché rileva il concetto di tempo nel private equity?
Il tempo è considerato un fattore importante nel private equity per diversi motivi.
1 - In primo luogo, il private equity è considerato l'asset class a lungo termine per definizione. Il concetto di capitale paziente a cui questa asset class è associata è una delle principali narrative cui i nuovi investitori devono abituarsi, se non altro per la pluriennale (di almeno sette anni) illiquidità strutturale dei veicoli di investimento che essi vanno a sottoscrivere. Brevemente, a mo' di promemoria, i fondi di private equity, nella loro forma più tradizionale “a chiamata”, hanno una tipica durata contrattuale di 10 anni, i primi cinque dei quali sono definiti periodo di investimento e, i successivi cinque, periodo di disinvestimento. Accanto a questa struttura, esiste una moltitudine di alternative di investimento con modalità differenziate di investimento e diverse scadenze contrattuali, che vanno dai club deal, in cui non esiste nessun impegno a investire, ai veicoli di capitale permanente, che per definizione non hanno una scadenza predefinita.
2 - In secondo luogo, il tempo è un elemento necessario per la costruzione di un programma di private equity. La caratteristica della liquidazione degli investimenti nei veicoli di private equity implica la necessità di reinvestimento per il raggiungimento e il mantenimento del programmato livello di asset allocation. Come noto, a livello di singolo fondo, il Net asset value (Nav) ha un andamento dapprima crescente, con l'accumulo progressivo delle contribuzioni di capitale richiamato (e i ragionevolmente attesi guadagni in conto capitale) e successivamente decrescente, con la successiva realizzazione degli investimenti in portafoglio. Per questo meccanismo di liquidazione, per mantenere un certo livello di investimento occorre inizialmente il tempo per raggiungerlo e una strategia di lungo periodo per creare una ragionevole sincronizzazione tra i flussi di disinvestimento e quelli di nuovo investimento.
3 - Infine, il tempo è un elemento di grande impatto sulla performance del private equity – in particolare nella tradizionale, per quanto criticata definizione di tasso interno di rendimento (Tir) o Irr, secondo l'equivalente acronimo in inglese. Nonostante il fatto che il Tir non sia una metodologia “time-weighted” (che è invece tipica dei tassi di interesse delle comuni operazioni finanziarie) ma “money-weighted”, il Tir è altamente sensibile al tempo. Anzi, in realtà il tempo, ovvero la velocità di rotazione del capitale è preponderante rispetto al valore monetario del guadagno che il Tir misura. Per fare un breve esempio, se un fondo, in cui un investitore impegna 100 euro, richiama 50 euro per effettuare un investimento e distribuisce un profitto di 0,5 euro (ovvero l'1% dell'investimento) dopo un mese dall'investimento (mantenendo il valore di 50 del Nav) registra un rendimento in termini di Tir del 12,4%. È quindi facilmente visibile come il Tir sia influenzato dalla velocità, ovvero dal tempo limitato intercorso tra l'investimento e il primo anche se limitato guadagno. L'assunzione implicita nel Tir è che il rendimento si replichi su base annuale – in virtù di un'assunzione di reinvestimento insita nella formula di calcolo.

Qual è dunque il tempo del private equity?
Traendo ancora ispirazione dalla musica, l'investitore in private equity deve trovare il tempo giusto per gestire il ritmo sincopato piuttosto irregolare degli investimenti. Per questo, infatti, è importante cominciare a spiegare la definizione proposta sottolineando come la lettura tout court del private equity come strategia a lungo termine sia imprecisa.
Da un lato, infatti, spesso la pazienza del capitale è richiesta dal lato degli investitori perché, diversamente dall'esempio semplificato proposto in precedenza, i fondi impiegano diverso tempo, anni, in media tre o quattro per cominciare ad avere “trazione” produzione di guadagni di capitale. Quindi dal tempo zero della sottoscrizione, il ritmo del private equity è un susseguirsi irregolare di assorbimento e distribuzioni di cassa.
Dall'altro, il lungo termine rileva perché il mantra dell'investitore in private equity è “in for the long term” volendo costruire un'allocazione stabile e diversificare il portafoglio complessivo.
Per ottenere, dunque, nel lungo termine in maniera continuativa i Tir, che non possono per definizione essere composti come lo sono quelli delle asset class tradizionali per impossibilità di reinvestimento automatico delle distribuzioni, occorre gestire al meglio le “sincopi”.
Di conseguenza e in conclusione, il gestore del private equity deve integrare il ritmo sincopato nell'ambito di un tempo coerente e quanto più allegro possibile per trasferire al portafoglio dell'investitore il pieno potenziale della crescita del capitale.