Al private equity spagnolo piacciono le imprese italiane

Francesca Conti
Francesca Conti
26.11.2019
Tempo di lettura: 3'
I fondi di private equity sono sempre più interessati alle imprese italiane: dal 2015 al 2019 diversi operatori spagnoli hanno realizzato 42 operazioni di acquisizione in Italia. Di questi, il 12% è stato fatto da fondi di private equity. I dati Ascri (l'Aifi spagnola) analizzati da Scouting Capital Advisors

Solo nel 2018 l'Italia ha registrato investimenti da parte degli operatori del private equity/venture capital per 9,78 miliardi contro i 6 miliardi del mercato spagnolo

In Italia l'ammontare delle risorse disponibili da investire è di 10,3 miliardi contro i 4,5 miliardi del mercato spagnolo

Gli investitori esteri operanti in Italia hanno contribuito al 66% del totale investito in euro nel Belpaese

A private equity e private capital spagnolo piacciono le imprese italiane. Da maggio 2015 a settembre 2019, infatti, sono state completate 42 operazioni di acquisizione da parte di operatori spagnoli in Italia, di cui 5 - pari al 12% del totale - realizzate direttamente da fondi di private equity spagnoli. Questi sono solo alcuni dei dati Ascri (la corrispondente Aifi spagnola) analizzati da Scouting Capital Advisors, struttura professionale indipendente specializzata in corporate finance e M&A.
Il mercato spagnolo - evidenziano i dati Ascri - registra in generale un maggior numero di operatori nel mercato del private equity/venture capital rispetto a quello italiano: gli operatori spagnoli sono 361, mentre quelli italiani 149.

Allo stesso tempo però, il valore al costo storico degli investimenti effettuati nel mercato italiano è di circa 33 miliardi di euro contro i 22,9 miliardi di euro del mercato spagnolo (superiore del 44%). Solo nel 2018, inoltre, l'Italia ha registrato investimenti per 9,78 miliardi contro i 6 miliardi del mercato spagnolo.

Altro fattore importante è l'ammontare delle risorse disponibili da investire, che in Italia è di 10,3 miliardi contro i 4,5 miliardi del mercato spagnolo. Questo dato, spiega da Scouting Capital Advisors, è frutto di una raccolta di fondi più sostenuta in Italia che in Spagna, a dimostrazione di un maggiore appeal delle imprese italiane per possibili investimenti.

E le imprese italiane attirano effettivamente l'interesse di un gran numero di investitori. Gli investitori esteri operanti in Italia - sottolineano ancora i dati Ascri - hanno contribuito al 66% del totale investito in euro in Italia, dato che è leggermente superiore in Spagna, dove gli investitori internazionali hanno contribuito al 76% del totale investito in euro.

Tutti i numeri dell'Italia


Nel 2018 il numero di operatori che hanno svolto almeno una delle attività di investimento, disinvestimento o raccolta di capitali in Italia sono stati 149, in aumento rispetto ai 140 nel 2017. Il 49% degli operatori che hanno investito in Italia nel 2018 è internazionale (60 soggetti di cui 39 senza un ufficio in Italia).

Al 31 dicembre 2018 le società nel portafoglio complessivo degli operatori monitorati in italia da Aifi risultavano più di 1.200, per un controvalore al costo storico di acquisto pari a 33 miliardi di euro, di cui 21 investiti da soggetti internazionali. Alla stessa data il commitment disponibile stimato per investimenti (dry powder), al netto delle disponibilità di operatori internazionali e captive, ammontava a circa 10, 3 miliardi di euro.

Nel corso del 2018 sono state registrate 359 operazioni da operatori di PE e VC, su 266 società per un controvalore di 9,78 miliardi. Questo è il valore più alto mai registrato in Italia (quasi il doppio di quello registrato nel 2017) grazie soprattutto alla contribuzione dei cosiddetti ‘large e mega deals'. Complessivamente i large e mega deals (operazioni con valori investiti tra i 150 i 300 milioni e superiori a 300 milioni) hanno rappresentato un valore pari a 5,9 miliardi dei 9,78 miliardi totali investiti nel 2018 (60% del totale).

Gli operatori internazionali hanno assorbito il 66% dell'ammontare investito (circa 6,5 miliardi): di tale ammontare, poco meno della metà (un 40%, per circa 2,6 miliardi di controvalore su 49 operazioni) è stato investito da operatori esteri senza un ufficio in Italia.

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