Private equity, 2,2 miliardi in 5 anni da investitori individuali

Alberto Battaglia
20.3.2023
Tempo di lettura: 5'
Il private equity italiano come motore per la crescita internazionale delle imprese è stato al centro della conferenza annuale dell'Aifi

"Piccolo non è più bello", ha affermato il vicepresidente di Assolombarda, Paolo Gerardini, che ha aperto i lavori della conferenza, per vincere sfide come "la sostenibilità e il reshoring servono spalle più grandi... ma il salto dimensionale è possibile solo se ci sono i capitali".

Aifi e Aipb sono in contatto per venire incontro ai diversi segmenti del mercato del risparmio, con soluzioni adeguate per profilo di rischio non solo alle tasche più profonde

Le imprese italiane restano mediamente più piccole, ma l'investimento proveniente dai capitali privati, affiancando il tradizionale credito bancario, può accelerare molto la crescita delle aziende e la loro internazionalizzazione. 


Attori istituzionali come fondi pensione e assicurazioni possono fare leva sui “migliori ritorni a fronte di una minore liquidità” e accelerare un processo di crescita delle eccellenze dell'impresa italiana, ha affermato il presidente dell'Aifi, Innocenzo Cipolletta, in occasione della conferenza annuale dell'associazione dedicata a private equity e venture capital. 


Le piccole imprese italiane tipicamente ricorrono al credito bancario e sono restie a cedere il controllo della propria azienda dalla storica amministrazione famigliare. Questa tendenza si traduce in una minore propensione alla quotazione in Borsa, ma anche all'ingresso di fondi esterni alla cultura aziendale nel capitale della società. Il punto di partenza del mercato italiano sulla penetrazione dei fondi di private equity nel tessuto imprenditoriale è arretrato rispetto alle economie europee più avanzate, ma si sta facendo strada. In un 2022 nel quale si è osservata una generale contrazione degli ammontari investiti, l'Italia è andata in controtendenza con una crescita superiore al 60%. E le aziende italiane su cui i fondi rappresentati dall'Aifi investono ormai non sono più così poche: “Il private capital ha in portafoglio 2mila società per un fatturato complessivo di 200 miliardi di euro e un capitale umano che conta 550mila dipendenti” dichiara Anna Gervasoni, direttore generale dell'Aifi, “questo mercato è fondamentale per la crescita del paese e ha ampi margini di sviluppo. Per questo è necessario potenziare la raccolta di capitali". 

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La conferenza è stata un'occasione di confronto anche con i 'vicini' francesi, i cui numeri indicano un stadio decisamente più avanzato: "Il private equity francese negli ultimi cinque anni ha raccolto da fondi e casse 9,9 miliardi contro i 3,4 miliardi in Italia, dalle assicurazioni 18,3 miliardi di euro contro i nostri 2,1 e da investitori individuali e dai family office 14,4 miliardi contro i 2,2 miliardi dell’Italia”, ha affermato Gervasoni.


A proposito della scommessa sul private capital da parte degli investitori individuali, Gervasoni ha affermato che l'associazione è in contatto con l'Aipb, per venire incontro ai diversi segmenti del mercato del risparmio. L'obiettivo è quello di mettere a punto prodotti che siano adatti come profilo di rischio e rendimento alle varie fasce patrimoniali - si può immaginare che le opzioni più ambiziose e rischiose rimarranno appannaggio della clientela più facoltosa e capace di tollerare orizzonti di investimento lunghi. 


Il motore per l'internazionalizzazione

Per le imprese accettare l'ingresso di nuovi soci, anziché ricorrere al debito, vuol dire anche ottenere "capitali provenienti da chi ha capacità di analizzare il processo di crescita", rispetto alle sole garanzie reali che può offrire l'azienda, come avviene quando si chiede un finanziamento, ha affermato Cipolletta. L'assunzione del rischio per l'investitore, nel caso del private capital "è accompagnato da processi di collaborazione che contribuiscono attivamente al raggiungimento dei risultati", ha aggiunto il presidente di Aifi. Di conseguenza, "chi ha ricevuto capitale privato è cresciuto di più". Confrontando l’anno del disinvestimento con i 3 anni successivi, i ricavi crescono del 10% e i dipendenti dell’11%. Il private capital, inoltre si associa una maggiore apertura internazionale: durante l’holding period il peso del fatturato estero aumenta nell’82% dei casi, ha affermato l'Aifi. 


"Piccolo non è più bello", ha affermato il vicepresidente di Assolombarda, Paolo Gerardini, che ha aperto i lavori della conferenza, per vincere sfide come "la sostenibilità e il reshoring servono spalle più grandi... ma il salto dimensionale è possibile solo se ci sono i capitali". 


Continueranno ad arrivare? Il rialzo dei tassi d'interesse non favorisce l'assunzione del rischio e le previsioni, in questa fase, non possono che essere caute. “Il perdurare del contesto di tensione geopolitica e instabilità macroeconomica, in particolare la spirale inflazionistica e l’aumento dei tassi d’interesse, rende sfidante poter fare delle previsioni per il mercato del private equity nel 2023”, ha dichiarato Stefano Cervo, Partner KPMG, Head of Private Equity, “tuttavia il significativo ammontare di dry powder a disposizione dei fondi di private equity, oggi pari a 3.700 miliardi di euro, suggerisce un cauto ottimismo per i prossimi mesi”.


Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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