Gli hedge alimentano il boom delle Spac (e ci guadagnano)

Laura Magna
Laura Magna
11.3.2021
Tempo di lettura: 5'
Secondo l'Ft, i fondi speculativi guadagnano sui veicoli vendendo le azioni (e conservando i warrant) prima che si realizzi la fusione che è l'obiettivo dell'operazione. Lasciando il retail, che entra dopo, con il cerino in mano. Anche in Italia esiste questo rischio?

Negli Stati Uniti, che rappresentano il maggior mercato delle Spac, 235 veicoli hanno raccolto 72 miliardi di dollari nel corso del 2020, secondo Refinitiv, vicino al record di 78 miliardi di dollari raccolti da 244 Spac nel 2019. Ma la corsa è tutt'altro che ferma: nei primi due mesi del 2021 la raccolta della spac Usa è ammontata a 64,2 miliardi, il 76% del mercato delle Ipo

La domanda è in forte aumento, trainata dalla ricerca di rendimento da parte degli investitori. Eppure uno studio condotto da Michael Klausner della Stanford Law School e Michael Ohlrogge della New York University, rileva che il 97% degli hedge fund vende le proprie partecipazioni prima di qualsiasi accordo  

È boom di spac negli Usa, a tutto vantaggio degli hedge fund, che riescono a ottenere profitti prima che si concluda la business combination, lasciando tutto il rischio al retail. È in estrema sintesi la conclusione a cui giunge il Financial Times, in un articolo in cui spiega le dinamiche attuali di questo particolare mercato. È un discorso che riguarda Wall Street e non necessariamente si adatta al Belpaese.
Vale la pena ricordare cos'è una spac: introdotta sul mercato italiano nel 2011, è un veicolo vuoto che si quota con l'obiettivo di individuare un'azienda target da acquisire e portate in Borsa. La business combination si realizza in un orizzonte temporale preciso, che in genere varia da 18 a 24 mesi. Se non trova sul mercato la società target con le caratteristiche richiese, la Spac viene liquidata e il capitale restituito agli investitori. Sarà l'assemblea degli azionisti della Spac a dire la sua ultima parola sulla validità della combination e dunque ad autorizzarla. In questo caso le azioni della Spac saranno convertite in quella della target e il progetto si sarà concretizzato. Si tratta a ogni effetto di un segmento del private market, attraverso cui si porta in Borsa una società privata, una delle molte possibili esponenti di quella economia reale che tanto piace oggi agli investitori.

Il boom Usa delle spac


Negli Stati Uniti, che rappresentano il maggior mercato delle Spac, 235 veicoli hanno raccolto 72 miliardi di dollari nel corso del 2020, secondo Refinitiv, vicino al record di 78 miliardi di dollari raccolti da 244 Spac nel 2019. Ma la corsa è tutt'altro che ferma: nei primi due mesi del 2021 la raccolta della spac Usa è ammontata a 64,2 miliardi, il 76% del mercato delle Ipo.

Nel nostro Paese, invece, le dimensioni sono ovviamente imparagonabili. Secondo i numeri di Borsa Italiana, dal 2011, sono state 29 le Spac ammesse sui mercati (5 sul Miv e 24 sull'Aim) per un totale di 3,8 miliardi di euro di capitali raccolti. Di queste, 21 hanno concluso la business combination, 3 la devono concludere, 4 sono state revocate e una ha cambiato entità.

Negli Usa l'hype è stato guidato dagli hedge fund. A partire da Falcon Edge Capital che a giugno 2020 parlava ai clienti di una nuova entusiasmante opportunità di investimento con  "praticamente zero rischi", ad alcuni tra gli hedge fund più influenti al mondo, tra cui Millennium Management, Baupost Group e Magnetar Capital.

L'entusiasmo degli hedge di Wall Street


L'entusiasmo ha una ragione di convenienza. Gli hedge possono guadagnare ricompense redditizie, affrontando pochi rischi anche se la business combination non si realizza. Tutto sta ad arrivare per primi: "come in ogni Ipo - scrive Ft - a chi sottoscrive le azioni prima della quotazione, esse vengono assegnare a sconto. Il denaro viene depositato in un fondo che investe in T-bond e gli azionisti possono chiedere indietro i loro soldi in qualsiasi momento. Il potenziale per ottenere rendimenti elevati a basso rischio, deriva dalla particolarità della struttura: quando la Spac inizia a negoziare, c'è una parte di azioni e una di warrant". I warrant, che valgono meno delle azioni, sono l'incentivo a comprare per i primi sostenitori: che in genere riscattano le azioni prima della business combinantion, incassando il guadagno, e conservano i warrant.

Quando la Spac si è fusa con la target, i warrant si convertono in quote a sconto nella nuova società: insomma, l'anatomia stessa del trade consente agli hedge fund di assumersi quasi nessun rischio mantenendo, essenzialmente gratis, un interesse economico chiave nella società risultante dalla fusione.

Il 97% degli hedge esce prima che sia individuata la target


Questo spiega perché, come misura anche uno studio condotto da Michael Klausner della Stanford Law School e Michael Ohlrogge della New York University, il 97% degli hedge fund abbia venduto le proprie azioni prima che ci fosse alcun accordo. Coloro che rimangono con una partecipazione nella società risultante dalla fusione, per lo più investitori retail, sopportano sia i rischi di un potenziale cattivo affare che di una significativa diluizione dei warrant gratuiti che sono stati assegnati ai primi sostenitori, oltre che quelli derivanti dalla volatilità delle Borse.

Con l'aumento della domanda di spac, questa dinamica è diventata ancora più estrema. Un esempio recente è Churchill Capital IV, creata dall'ex Citigroup Michael Klein. Le voci secondo cui CC IV stava per concludere la business combination con il produttore di auto elettriche Lucid Motors aveva spinto le azioni della Spac fino a quasi 60 dollari. Per i primi investitori che hanno acquistato a 10, questo ha significato un ritorno di sei volte. Quando l'accordo è stato confermato, invece, il prezzo delle azioni CCIV è sceso di oltre la metà, a 26 dollari. Insomma, i primi finanziatori, hedge, Klein e gli sponsor hanno fatto cassa senza sforzo, il retail che aveva comprato con un forte premio è rimasto con il cerino in mano.

Le differenze con l'Italia


Il mercato Usa, come abbiamo visto, è dominato da un'offerta abnorme e da altrettanta domanda. Questa situazione porta con sé dei rischi: che diventi difficile, vista la concorrenza, trovare una target interessante e che dunque il prezzo della Spac stessa, mentre si avvicina alla fine del periodo di ricerca, cali. Se i prezzi crollano si prosciugano le opportunità di arbitraggio anche per gli hedge fund.

Le differenze con il mercato italiano sono diverse, e contribuiscono a fare del nostro un ambiente meno speculativo. A partire sicuramente dalla dimensione, come abbiamo visto. Il mercato italiano è anche a differenza di quello Usa in una fase di calma piatta in questo momento. E ci sono caratteristiche tecniche che allontanano le spac italiane da quelle Usa. Dalle tempistiche che per il nostro Paese sono rigide e fissate in quel lasso massimo di 24 mesi, mentre negli Usa è possibile estendere il periodo di ulteriori sei mesi previa un'assemblea con gli azionisti. In Italia inoltre non esistono spac finalizzate alla ristrutturazione di aziende target, ma solo alla crescita. E infine la business combination prevede che l'operazione si concluda con una fusione, mentre le spac Usa possono acquisire anche solo asset. Il risultato è che a oggi nessuna spa è stata liquidata in Italia mentre a Wall Street i casi sono diverse.
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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