Il ruolo di miliardari e hedge fund nelle elezioni Usa

Livia Caivano
Livia Caivano
2.7.2020
Tempo di lettura: 3'
Dal 2010 gli Stati Uniti permettono finanziamenti privati illimitati ai candidati alle elezioni presidenziali: il risultato è che nel 2018 le donazioni sono state 37 volte superiori a quelle di dieci anni prima. Ecco quanto investe e da che parte si schiera l'1% più ricco del Paese

Nel 2012 i multi-milionari hanno finanziato i candidati repubblicani per una cifra più che raddoppiata rispetto a quanto fatto con quelli democratici

Nel 2016 lo stacco si è ridotto al 20% e nel 2018 la situazione si è ribaltata: i finanziamenti più ingenti sono andati alla candidata del partito democratico

La campagna per la rielezione del presidente Trump ha annunciato donazioni record nel secondo trimestre di quest'anno: 266 milioni di dollari in tutto, di cui circa la metà – 131 milioni di dollari – nel solo mese di giugno

Dimmi quale presidente finanzi e ti dirò chi sei. Il potere politico dei miliardari sembra crescere di pari passo con la grandezza dei loro portafogli: con i contributi alle campagne elettorali (fondamentali per ogni candidato, dato l'enorme costo che comportano) i finanziatori comprano la gratitudine dei funzionari eletti, che si rendono più disponibili nell'adozione di politiche fiscali, di spesa e in genere di normative che li favoriscano.
Prima del 2012, il contributo dei miliardari era marginale: è la sentenza Citizens United della Corte Suprema degli Stati Uniti (gennaio 2010) ad aprire i finanziamenti illimitati alle campagne. Per poter però monitorare la portata degli interessi che stanno dietro a queste donazioni, organizzazioni come OpenSecrets.org pubblicano ogni anno i dati relativi ai contributi che i candidati ricevono. Secondo un report dell'associazione Americans for taxes fairness (che attinge a questi open data) nelle elezioni del 2018 i miliardari americani hanno donato 37 volte l'importo delle elezioni di dieci anni prima. Per l'epico scontro Hillary Clinton – Donald Trump, i paperoni statunitensi hanno finanziato le campagne dei candidati per una cifra complessiva di 611 milioni di dollari, una cifra significativa specie se comparata ai 17 milioni del 2008.

Pochi ma buoni


Il report mostra come una manciata di grandi investitori sia responsabile per quasi due terzi dei contributi dei grandi investitori degli ultimi tre decenni. Dal 1990 a maggio 2020, 20 persone hanno fatto donazioni politiche in totale per 1,3 miliardi di dollari, quasi il 62% di tutti i contributi dei miliardari in quel periodo. Tra i miliardari privati più generosi ci sono gli imprenditori filantropi Sheldon e Miriam Adelson, magnati dei casinò che parteggiano per i repubblicani (308 milioni di dollari); Tom Steyer, un gestore di hedge fund che sostiene democratici e cause liberali, (275 milioni di dollari); l'ex sindaco di New York Michael Bloomberg, che per non scontentare nessuno ha finanziato entrambi i partiti (per un totale di 181 milioni di dollari).

Tra i primi 20 finanziatori anche gestori di hedge fund come James Simons, George Soros, Paul Singer e Ken Griffin; gli investitori Stephen Schwartman, Warren Stephens, Bernard Marcus, S. Daniel Abraham e il co-fondatore di Facebook Dustin Moskovitz.

 
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fonte: Americans for taxes fairness

Name dropping


Ma quali partiti preferiscono i ricchi? Secondo il report, nel 2012 i miliardari hanno donato al partito repubblicano più del doppio di quanto versato ai democratici, ma nel 2016 questo dislivello si è ridotto al 20% e nel 2018 la situazione si è ribaltata: i finanziamenti più ingenti sono andati alla candidata del partito democratico Hillary Clinton. Per fare qualche nome: nella ex first lady hanno creduto giganti come gli hedge fund Paloma Partners (13,1 milioni di dollari), Renaissance Technologies (12,5 milioni) e Pritzker Group (11,3 milioni). Ma anche l'università della California (1,2 milioni), quella di Harvard (610 mila dollari) e Stanford (565 mila dollari); le big del tech: Alphabet (1,1 milioni), Microsoft (574mila dollari) e Apple (519mila dollari).
Hanno invece puntato sul self-made man Donald Trump Renaissance (15,5 milioni di dollari), GH Palmer associates (2 milioni) e la Marcus Foundation (2 milioni). Poi la Murray Energy, gigante del carbone (102mila dollari) e Alliance Resource Partners (66mila).

Per il Tycoon sembra andare meglio nel 2020: dall'organizzazione che cura la campagna per la rielezione del presidente in carica fanno sapere che nel secondo trimestre di quest'anno le donazioni hanno raggiunto quote record: 266 milioni di dollari in tutto, di cui circa la metà nel solo mese di giugno, per una media giornaliera di 4,3 milioni di dollari. I fondi incassati “eclisserebbero il totale raccolto in uno qualsiasi dei mesi del 2016”.

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