Google vs Huawei, fondi tech: vincerà la robotica

Teresa Scarale
Teresa Scarale
17.6.2019
Tempo di lettura: 5'
Era il 19 maggio 2019 quando Google annunciava che non avrebbe più rilasciato aggiornamenti Android per Huawei, rendendo di fatto inutilizzabile il suo sistema operativo. Oggi, vendite e proiezioni per il colosso cinese sono crollate. E l'impatto sui fondi tech? Risponde Carlo De Luca, senior portfolio manager, head of asset management, Gamma Capital Markets

Le vendite di smartphone Huawei all'estero sono crollate del 40% e il gigante deve adesso dire arrivederci al secondo posto mondiale (dopo Apple) fra i produttori di telefoni cellulari ottenuto nel primo trimetre del 2019

Nel breve periodo l'effetto della guerra per il controllo del tech sarà molto pesante per il Dragone. "Se per la Cina la perdita sarà ipotizziamo del 15%, per il Nasdaq si attesterà al 5 o 6%. Non è però che gli Usa ne saranno immuni"

L'impatto sul settore tech in generale sarà molto più forte che su quello della fonia in particolare, anche se fa capolino un (inatteso?) fattore di "scudo" nei fondi tech

La disputa sui dazi è chiaramente strategica: c'è in gioco la supremazia tecnologica mondiale, e per questa via, quella politica. "Gli Stati Uniti stanno vincendo in questo momento perché sono più potenti politicamente. Sono indipendenti dal punto di vista energetico ed alimentare, a differenza della Cina"

30 miliardi di dollari di fatturato in meno nei dei prossimi due anni, oltre a un subitaneo crollo delle vendite del 40%. In altri termini, Huawei perderà quasi il 30% di ricavi rispetto ai 105 miliardi di dollari del 2018 e quasi il 25% sulle precedenti previsioni (febbraio 2019) di 125 miliardi per il 2019. E' quanto annunciato da Ren Zhengfei, fondatore del colosso degli smartphone dopo l'annuncio ufficiale di Google di non voler più rilasciare aggiornamenti Android per Huawei, rendendo di fatto inutilizzabile il suo sistema operativo per gli smartphone del Dragone.

Il gestore sull'impatto della disputa Google - Huawei sui fondi tech


"Innanzitutto, l'impatto sul settore tech in generale sarà molto più forte che su quello della fonia in particolare". Esordisce così Carlo De Luca, senior portfolio manager, head of asset management, Gamma Capital Markets, riprendendo una riflessione di Standard&Poor. "In primis, ci sarà un effetto domino sui Faang [Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google, ndr]".

L'effetto di breve periodo sarà però come evidente molto più pesante per il Dragone. Il Nasdaq composite, dovrebbe infatti attutire per il momento l'effetto sui fondi tech. "Se per la Cina la perdita sarà ipotizziamo del 15%, per il Nasdaq si attesterà al 5 o 6%. Non è però che gli Usa ne saranno immuni: i mercati finanziari sono completamente globalizzati, sopratutto se in gioco ci sono ci sono multinazionali così grosse. Il punto però è se queste politiche commerciali aggressive andranno avanti, l'importante è che non diventino croniche".

Il fatto è che ora il rischio di "cronicizzazione" è concreto, essendo le prime minacce di Trump risalenti a quasi due anni fa. "Esatto. E non è detto che il rallentamento economico in corso non sia collegato alla ormai lunga guerra dei dazi. Basti pensare all'economic surprise index, che è passato da +20 a -60. E il crollo dell'ottimismo fra gli operatore dipende proprio dai tafferugli commerciali protratti. Chi rischia adesso è Trump, se la guerra dei dazi dovesse avere ripercussioni forti anche negli Usa".

"Si fa presto però a parlare di fondi tech. Dire 'tecnologia' oggi è come dire 'economia'. I fondi tech più colpiti dalla disputa fra Google e Huawei sono quelli del silicio, dei chip per gli smarphone, quelli insomma che attengono alla componentistica, alla suppy chain dei cellulari. Restano per ora invece immuni dallo scossone i fondi tech di nicchia che investono nella robotica, nell'Intelligenza Artificiale, nella cybersecurity. Anche questi fondi includono chip e silicio, ma non riguardano la telefonia, come ad esempio Eiger Robotics".

Un passato lontano?


Sembrano lontanissimi in cui la società cinese brindava al secondo posto mondiale (dopo Apple) fra i produttori di telefoni cellulari. Era solo il primo trimestre 2019, ma l'uragano Trump doveva ancora abbattersi ulteriormente sulla guerra commerciale in atto fra Usa e Cina. Conflitto questo, ormai tutt'altro che temporaneo (è passato più di un anno e mezzo dai primi annunci e la situazione non pare prossima alla pacificazione). La disputa sui dazi è chiaramente strategica: c'è in gioco la supremazia tecnologica modiale, e per questa via, quella politica. Huawei è così entrata nella "lista nera" delle relazioni commerciali Usa.

Continua De Luca, "Gli Stati Uniti stanno vincendo in questo momento perché sono più potenti politicamente. Sono indipendenti dal punto di vista energetico ed alimentare, a differenza della Cina".

La dichiarazione ufficiale del fondatore di Huawei


Ren Zhengfei ha ammesso che non si sarebbe mai aspettato una presa di posizione così concreta degli Usa contro la sua impresa. "Penso che entrambe le parti soffriranno per la situazione e nessuno alla fine vincerà",dal quartier generale di Shenzhen. Non solo Google, ma tutte le imprese americane che vogliono vendere componenti a ottenere specifica approvazione del Dipartimento del commercio Usa.
Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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