Gestori spiazzati dal rally azionario: troppo difensivi

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Per i fondi long-only quello di marzo è stato il mese di più ampia sottoperformance, rispetto agli indici di riferimento, dal 2002

I fondi a inizio marzo avevano aumentato le posizioni difensive, come la liquidità. Una scelta che si è rivelata particolarmente controproducente nella seconda metà del mese, vista la forte e inaspettata ripresa delle azioni

Secondo quanto afferma Bank of America, solo il 19% dei fondi comuni long-only ha battuto i rispettivi benchmark a marzo; erano il 45% nei primi due mesi dell'anno

L'imprevedibilità di marzo, si sa, è proverbiale. Sui mercati, però, il marzo 2022 si è rivelato particolarmente sorprendente. Dopo un brusco calo seguito all'invasione russa dell'Ucraina, iniziata il 24 febbraio, le azioni hanno ripreso quota con una rapidità che pochi gestori avevano previsto. Anzi, con l'aumento dei rischi globali sul fronte economico, dei prezzi e della sicurezza, sembravano esserci tutte le premesse per ulteriore debolezza sul fronte azionario. I fondi a gestione attiva si erano mossi di conseguenza, incrementando le posizioni difensive, come la liquidità. Una scelta che si è rivelata particolarmente controproducente nella seconda metà marzo, vista la forte ripresa delle azioni.

Risultato: i fondi comuni con strategie solamente long (ossia quelli che non prevedono “scommesse” sul ribasso dei titoli) hanno registrato la loro peggiore performance mensile dal 2002, in rapporto a quelle dei rispettivi indici di riferimento. Secondo quanto afferma Bank of America, solo il 19% dei fondi comuni long-only ha battuto i rispettivi benchmark a marzo, la percentuale più bassa dal 2010 e in netto calo dal 45% osservato nel periodo gennaio-febbraio.

Per gli hedge fund, che sono liberi di effettuare sia operazioni lunghe sia corte (operazioni ribassiste), non è andata molto meglio. Al 29 marzo, secondo i dati di Goldman Sachs, la prevalenza di scommesse ribassiste dei fondi speculativi ha provocato una performance mensile piatta a fronte di un guadagno del 5,9% dell'S&P 500.
Ancora una volta, nonostante gli sforzi degli analisti, anticipare i movimenti del mercato in un contesto particolarmente incerto si è rivelato molto difficile. In un piccolo sondaggio condotto fra i lettori di We Wealth poco dopo i ribassi post-invasione si intravedeva una netta propensione al buy-the-dip anche in quel delicato frangente. A posteriori, si può dire questa inclinazione sembra aver avuto la meglio: secondo gli strategist di Goldman Sachs il ritorno all'acquisto dei piccoli risparmiatori sui titoli tech che erano stati venduti nelle settimane precedenti ha costretto i fondi a ridurre le proprie posizioni corte su quei titoli (tipicamente, un contesto di tassi crescenti è sfavorevole ad aziende del comparto Growth e la scommessa dei gestori aveva una sua fondatezza).

Le prospettive per le prossime settimane


“Lo Stoxx 600 è rimbalzato del 10% nell'ultimo mese”, hanno scritto gli analisti di BofA in un report dell'8 aprile, “l'umore "risk-on" è stato aiutato da:

  • un calo del 50% dei prezzi del gas in Europa, dato che la minaccia di sanzioni e interruzioni delle forniture energetiche è svanita;

  • continui aggiornamenti delle stime sugli utili per azione (Eps), che hanno portato l'Eps a 12 mesi in avanti dello Stoxx 600 a nuovi massimi storici;

  • una forte crescita negli Stati Uniti, con il Pmi statunitense salito a 59 punti a marzo.


Come avevamo raccontato in un precedente articolo, è difficile capire fino in fondo quanto il rally della seconda metà di marzo sia stato razionale e quanto spazio abbia per proseguire. Secondo BofA, in seguito al recupero della seconda metà di marzo, “i mercati non sono prezzati per la perdita di slancio nella crescita in arrivo”:

“Prevediamo che la crescita dell'area dell'euro si indebolirà bruscamente nei prossimi mesi a causa dello shock dei prezzi dell'energia, dell'affievolirsi della spinta della riaperture, dell'impulso fiscale negativo e del rallentamento della crescita della massa monetaria, con il PMI dell'area dell'euro che dovrebbe scendere a 49 entro il terzo trimestre”, ossia in territorio negativo. “Riteniamo che i rischi siano sbilanciati verso il basso”, ha concluso BofA, “dato l'indebolimento delle prospettive di crescita globale, dato che la crescita degli Stati Uniti sarà smorzata da una crescita dei salari reali profondamente negativa (che pesa sui consumi)”.
Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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