Finanza comportamentale: percezione e realtà su come investiamo

Alberto Battaglia
29.7.2021
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I giudizi del risparmiatore sul suo modo di investire differiscono da quelli del consulente

Una nuova indagine condotta dal Behavioral Investing Institute ha gettato nuova luce su come i risparmiatori giudicano le proprie competenze e le proprie reazioni alla volatilità, rispetto a quanto ritenuto dagli advisor

Ad esempio, i consulenti ritengono i risparmiatori molto più “emotivi” di fronte alla volatilità e meno competenti sotto il profilo finanziario, rispetto a quanto traspare dalle risposte degli stessi investitori. Da queste disparità, affermano gli autori, ci sono alcune lezioni da trarre - soprattutto per gli advisor

Le conoscenze finanziarie: così impegnativo acquisirle, così facile sopravvalutarle. E il sangue freddo, quando i mercati vanno in crisi? Anche quello in molti dicono di averlo, ma solo per alcuni è veramente così. La finanza comportamentale, uno dei rami teorici più utili per chi fa consulenza finanziaria, si occupa anche di osservare la distanza che separa la realtà dalla percezione quando si prendono in esame le decisioni che riguardano il denaro. Una nuova indagine condotta dal Behavioral Investing Institute su 750 individui ad alto patrimonio (hnwi) e 200 consulenti finanziari ha mostrato come i giudizi di chi investe siano spesso molto distanti rispetto a quelli espressi dagli esperti del settore.

Gli investitori, infatti, sono molto meno propensi a credere che risponderanno negativamente di fronte a specifiche condizioni di mercato, rispetto a quanto ne dicono i consulenti. I professionisti, d'altra parte, sovrastimano il modo in cui i clienti percepiscono le proprie reazioni e sono molto più propensi a credere che gli investitori mostreranno comportamenti emotivi.
I particolare i consulenti credono, molto più dei risparmiatori, che questi ultimi possano provare “la tentazione di vendere azioni quando i mercati scendono” (lo afferma il rispettivamente 68% dei consulenti contro 29% degli investitori). Disparità analoghe emergono sulla possibilità di "sperimentare sensazioni di impazienza in relazione strategie con rendimenti bassi con il desiderio di sostituirle con strategie con rendimenti più alti" (68% contro 34%); e ancora, sull'eventualità di provare un senso di "impazienza e desiderio di fare cambiamenti nel portafoglio durante i periodi di crescita bassa o nulla" (63% contro 31%).

Messi di fronte a uno scenario di forte ribasso dei mercati, i risparmiatori e i consulenti hanno previsto contromosse decisamente diverse. Ad esempio, nel caso di un crollo dell'azionario del 40-49%, ben due hnwi su dieci affermano che sarebbe loro intenzione rispondere acquistando più azioni, ma solo il 10% dei consulenti afferma che questa sarebbe la risposta operativa dei loro clienti. Sempre di fronte allo scenario sopra descritto, il 10% dei risparmiatori afferma che reagirebbe uscendo interamente dal mercato azionario; ma un ben più consistente 19% degli advisor ritiene che la reazione dei propri assistiti sarebbe proprio quella.
Anche il giudizio generale sulle competenze finanziarie le auto-analisi degli investitori divergono da quelle dei consulenti. Ad attribuirsi il punteggio massimo di 5 punti è il 23% degli hnwi intervistati, mentre un altro 32% si autovaluta con voto di 4 su 5. I 62% dei consulenti attribuiscono ai loro clienti un voto medio di 3 su 5, che indica un giudizio più severo in merito alle relative conoscenze finanziarie.

Capire quale delle due interpretazioni della realtà sia più vicina al vero, se quella dei risparmiatori o quella espressa dai consulenti, non è facile. Secondo gli autori del rapporto gli stessi professionisti dovrebbero capire meglio se le proprie opinioni in merito ai “pensieri” dei risparmiatori siano effettivamente corrette, “in modo da salvaguardarsi dal rischio che assunti fallaci possono guidare i consigli finanziari forniti ai clienti”.

Secondo quanto conclude il rapporto, il consulente può creare “l'opportunità di colmare queste” disparità nella percezione delle cose, “attraverso conversazioni più profonde con i clienti, controllando le sue stesse percezioni e assicurandosi che ci sia un piano chiaro e proattivo per rispondere all'incertezza del mercato”.
Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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