Nuovi Pir, Bankitalia mette in guardia dai rischi

Livia Caivano
Livia Caivano
8.5.2019
Tempo di lettura: 3'
Pubblicato in Gazzetta il decreto attuativo sui (nuovi) Piani Individuali di Risparmio. Si dice preoccupata Banca d'Italia che teme per la rischiosità di un prodotto di investimento rivolto alle famiglie

Introdotto l'obbligo per i fondi comuni di nuova costituzione di investire il 3,5% della raccolta in Pmi, quotate o non quotate, e in venture capital

Il 70% del valore complessivo dei Pir deve ora essere investito per il 5% in strumenti finanziari emessi da Pmi ammissibili e scambiati su sistemi multilaterali di negoziazione e per almeno un 5% in venture capital

Le Pmi oggetto di investimento non devono essere quotate su un mercato regolamentato e non devono aver ricevuto risorse finanziarie per un importo superiore a 15 milioni

Nel controverso provvedimento di revisione della normativa dei Pir, i Piani Individuali di Risparmio, del 2016, viene introdotto l'obbligo per i fondi comuni di nuova costituzione di investire il 3,5% della raccolta in Pmi quotate o non quotate, e in venture capital. Prevista per febbraio prima e fine aprile poi, il ritardo nella pubblicazione del provvedimento è stato motivo di lamentela da parte degli operatori, che già da inizio anno vi riconducevano la responsabilità del rallentamento degli investimenti, sempre più necessari nel Paese in cui si registra il tasso di crescita più basso in Europa. Con la nuova norma arrivano nuove polemiche e in prima fila c'è Banca d'Italia.

  • Oltre all'obbligo per i fondi di nuova costituzione, cade l'ipotesi della gradualità per raggiungere la quota prefissata per accedere all'agevolazione

  • Il 70% del valore complessivo dei Pir dovrà poi essere investito per un 5% in strumenti finanziari emessi da Pmi ammissibili e scambiati su sistemi multilaterali di negoziazione e almeno per il 5% in venture capital

  • Le aziende oggetto dell'investimento non dovranno essere quotate su un mercato regolamentato e non dovranno aver ricevuto risorse finanziarie oltre i 15 milioni

  • Prevista anche la possibilità di acquistare quote o azioni di una Pmi non quotata da un investitore precedente solo in combinazione con apporto di nuovo capitale pari almeno al 50% dell'ammontare complessivo dell'investimento

  • Le Pmi interessate non devono aver operato in alcun mercato oppure devono operare da meno di sette anni dalla prima vendita commerciale.


Banca d'Italia

Non festeggia Banca d'Italia. Nella sua analisi della normativa da una parte sottolinea che le nuove norme possono “favorire l'emissione di titoli da parte delle imprese di minore dimensione e la diversificazione delle loro fonti di finanziamento". Dall'altra, mette in guardia sulla limitata applicabilità del provvedimento. “Alla fine del 2018 all'Aim di Borsa italiana erano quotati poco più di 60 titoli emessi da Pmi italiane non finanziarie, con una capitalizzazione complessiva di circa 3 miliardi e un flottante medio del 30%. Lo scorso anno quasi la metà di questi titoli non ha registrato scambi per almeno un quarto dei giorni di contrattazione". E così per il venture capital, focalizzandosi sulla rischiosità che l'investimento in questi fondi comporta, specie considerato che i Pir si rivolgono principalmente alle famiglie. "In Italia operano inoltre poco più di 30 fondi di venture capital di diritto italiano con un patrimonio complessivo di circa 500 milioni e solo alcuni di questi hanno caratteristiche in linea con i requisiti della nuova normativa. Inoltre – prosegue Bankitalia - sono strumenti sostanzialmente illiquidi. Di norma riservati a clientela professionale, sono istituiti obbligatoriamente in forma chiusa e non ammettono pertanto la possibilità di rimborsi anticipati. La valutazione del loro portafoglio avviene di norma solo semestralmente. Aumenta il rischio che i fondi registrino perdite derivanti da vendite di attività in mercati poco liquidi a fronte di episodi di forte volatilità dei corsi che inducano i sottoscrittori a liquidare l'investimento prima di conseguire il beneficio fiscale. Tali perdite potrebbero riflettersi negativamente sui risultati dei Pir e sulla reputazione degli intermediari che li promuovono. Proprio al fine di limitare questi rischi gli investimenti dei fondi aperti italiani in titoli di Pmi italiane e in fondi di venture capital sono attualmente pressochè nulli”.

Aifi e Aipb


Positiva invece l'Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt: "Soddisfatta poiché sono stati rispettati gli obiettivi originali della legge e sono state accolte alcune indicazioni". Per Aifi questa è "un'occasione per promuovere il venture capital e l`innovazione nel nostro Paese". L'associazione si dice pronta all'apertura di un tavolo di confronto e lavoro: "L'associazione vuole supportare l`attività dei gestori Pir nel lancio dei nuovi prodotti che potranno essere strumento di supporto alla crescita dell`innovazione in Italia", ha commentato il presidente Ignazio Cipolletta. Così anche Antonella Massari, segretario generale di Aipb, l'Associazione Italiana del Private Banking che considera il decreto “un passo positivo verso lo sviluppo di nuove forme di finanziamento dei piani di sviluppo delle Pmi italiane, fondamentali per la crescita del paese”.

 

Cosa vorresti fare?

X
I Cookies aiutano a migliorare l'esperienza sul sito.
Utilizzando il nostro sito, accetti le condizioni.
Consenti