Wall Street è crollata (ma c'era da aspettarselo)
Il Bureau of Economic Analysis ha rilasciato la revisione annuale dei conti nazionali, una revisione che – annualmente, appunto – riscrive la storia dell’economia americana.
Per la verità di solito le revisioni non sono troppo importanti, a meno che non dipendano da cambiamenti nel perimetro delle grandezze rilevate: per esempio, quando, anni fa, furono inclusi nel Pil gli investimenti immateriale in software. Se un giorno venisse incluso nel Pil anche il lavoro domestico (oggi, se uno sposa la propria cuoca, fa diminuire il Pil...) vedremmo che forse la caduta dell’attività economica nei tempi del Covid non fu grave come si pensava, dato che il lavoro domestico e altre attività intra muros conobbero un forte impulso.
Ma, tornando alla revisione dei conti, quando si è detto che solitamente i cambiamenti nelle cifre del Pil non sono rilevanti, questo vale per le cifre lorde, ma non per quelle che sono il risultato di addizioni o sottrazioni. Prendiamo i profitti: questa è una cifra residuale: ricavi meno costi.
Ma sia i ricavi che i costi sono grandezze molto grosse, talché́, anche se i ricavi cambiano di poco, e i costi cambiano anch’essi di poco (ma in direzione opposta a quella dei ricavi), Il residuo può̀ cambiare di molto.
Questa premessa serve a introdurre una analisi che facciamo periodicamente su queste colonne. Un confronto, cioè̀, per la Borsa americana, fra i profitti e le quotazioni. Le due variabili dovrebbero andare, a parte urti di breve periodo (il mondo è complicato...) di conserva, dato che in fondo il prezzo delle azioni, almeno in teoria, non è altro che la rappresentazione dei profitti futuri, di qui al giorno del Giudizio.
Naturalmente, i profitti di contabilità̀ nazionale sono quelli presenti, non quelli futuri, ma, in mancanza di sfere di cristallo, prendiamo quelli presenti come segnaletici di quelli a venire. Il grafico si vale di due variabili: da un lato, i profitti societari di contabilità̀ nazionale (dopo l’imposta), variabile a sua volta sdoppiata in due versioni, al lordo e al netto degli aggiustamenti necessari per riportare ammortamenti e variazione di scorte dal costo storico al costo di sostituzione (la definizione di profitti societari più̀ affine a quella riportata nei bilanci delle società̀ non include i due aggiustamenti). I profitti societari di contabilità̀ nazionale includono anche gli utili fatti all’estero da società̀ americane (ed è da ricordare che questi utili sono una cospicua fetta, circa il 40%, dei profitti delle società̀ quotate).
La seconda variabile è un indice dei prezzi delle azioni: il Wilshire 5000 (che, malgrado il nome, include circa 6700 società̀...). Certo, i profitti di contabilità̀ nazionale includono tutto l’universo societario, ma le 6700 società̀ possono essere considerate un campione rappresentativo di quell’universo.
Queste tre grandezze sono state trasformate in numeri indici che partono dal 1995, anzi, per essere più̀ precisi, dal terzo trimestre del 1995 (un anno prima che Alan Greenspan pronunciasse, il 5 dicembre 1996, il famoso discorso sulla “esuberanza irrazionale” della Borsa americana). Si è scelto un anno base lontano nel tempo perché́ la relazione fra Borsa e profitti può̀ essere disturbata da mille fattori che offuscano, come detto, il parallelismo nel breve periodo.
Il grafico mostra che la recente debolezza della Borsa Usa ha portato le quotazioni più̀ in linea con l’andamento dei profitti. Sulle quotazioni hanno influito sia l’andamento dell’economia reale (che influisce sugli utili), sia la forza del dollaro (che ridimensiona i profitti realizzati all’estero), sia il crescente livello dei tassi, che aumenta lo ‘sconto’ dei profitti futuri, rimpicciolendoli quando siano riportati ad oggi.