Un cambio di paradigma per far ripartire il Paese
29.9.2020
Tempo di lettura: 2'
L'auspicio di misure urgenti a sostegno di imprese e famiglie è stato disatteso anche a causa dei troppi ostacoli imposti dalla burocrazia. Per attuare una concreta semplificazione occorre passare da un farraginoso sistema di adempimenti ex-ante, architettato per scoraggiare i furbi, ad uno basato su controlli ex post
Si potrebbe dire – e si avrebbe ragione – che non tutto va male in Italia: il nostro sistema sanitario ha retto – come e meglio di altri – l'urto del virus. Il che va a merito di dottori e infermieri, barellieri e operatori che si sono prodigati con abnegazione ed eroismo. In Italia c'è un “esercito di riserva” di virtù e competenze che attraversa l'intera società civile. Perché non fa breccia nella politica? Arrivò il Covid-19. Una tragedia che ha messo a nudo la debolezza del siste- ma-Paese. Là dove ci volevano rapidità di decisione ed efficienza di implemen- tazione, l'una e l'altra sono mancate. Quegli uffici legislativi dei ministeri, che sono capaci di scrivere commi lun- ghi una pagina, con rimandi legislativi fino a un Regio decreto del 1910, hanno messo tali e tanti bastoni nelle ruote del pronto soccorso all'economia, che oggi ci troviamo – di nuovo! – all'ultimo posto nelle stime di crescita di un anno che ha appena varcato il giro di boa.
Insomma, i nodi sono venuti al pettine. Le lamentele italiane sull'eccesso di adempimenti burocratici e regolamentari durano da decenni, e a ogni volger di governo e di appuntamenti elettorali le parole d'ordine della semplificazione sono sulla bocca di ministri e candidati, e al primo posto nelle suppliche degli elettori. Ma, come abbiamo potuto constatare in questi ultimi mesi, passi avanti non sono stati fatti. Peggio, talvolta si è creata una peculiare sindrome di Stoccolma, per cui anche i governati hanno creato le loro reti per intrappolare clienti e cittadini (vedi le burocrazie bancarie e tante disperanti chiamate a servizi di pubblica utilità).
Ma l'Italia tutto sommato ha tirato avanti. Non è stato un bel tirare, perché bisognava avanzare con i venti contrari degli adem- pimenti, con i lacci dei regolamenti e con i lacciuoli delle vessazioni. Ma comunque, si andava avanti, sia pure a passo di lumaca (bisogna sempre ricordare quel proverbio cinese, che dice che “l'uomo è diverso dal maiale, perché l'uomo si abitua a tutto”). L'unica via d'uscita è ricorrere a una pro- cedura che è sempre rimasta ignorata in Italia: i controlli ex-post. Riferisco un'espe- rienza personale. Io abito a Melbourne, in Australia, e mia moglie gestisce un centro di massaggi thailandesi. Quando, come dappertutto, questi negozi sono stati chiu- si, lo stato del Victoria ha informato piccole e grandi imprese, autonomi e imprenditori di se stessi, che era pronto un contributo a fondo perduto. Si faceva domanda online,
isognava solo dichiarare, sotto la propria responsabilità, che si aveva personale, che a marzo il fatturato era sceso almeno del 30%, e bisognava allegare, sempre online, l'ultima dichiarazione Iva. Tutte cose che ho fatto in pochi minuti, e dopo una setti- mana il contributo è stato versato sul conto corrente. Ma se uno avesse dichiarato il falso? Certamente, nel modulo online c'era scritto che sarebbero stati fatti dei controlli, e che si rischiava, se i controlli avessero riscontrato bugie, di restituire il maltolto, oltre a conseguenze civili e penali. Ma la cosa essenziale è che i controlli erano ex-post. In Italia, invece, lo Stato ha talmente paura di essere “fregato” che moltiplica gli adempimenti ex-ante, anche quando la velocità di esecuzione di un provvedimento diventa, per molte aziende e molti autonomi, essenziale per non morire di inedia. Per prevenire abusi (ma poi, chi voglia abusare, trova sempre il modo) si creano defatiganti adempimenti per la stragrande maggioranza dei cittadini. Il problema non è nuovo, e Riccardo Bacchelli nel Mulino del Po (un romanzo stupendo) lo aveva già individuato: le regole intrusive dello Stato (a proposito, in quel caso, degli adempimenti per la tassa sul macinato) erano “vessatorie per i galantuomini quanto impotenti per i furfanti”.
Non è troppo tardi per l'Italia introdurre il principio dei controlli ex-post. C'è stata, nella legislazione italiana, una norma che diceva che non si può chiedere a un cittadino un'informazione che sia già in possesso della Pubblica amministrazione. Nor- ma, naturalmente, quotidianamente disattesa. Perché? Perché le banche-dati delle millanta branche della Pa non dialogano fra loro. Ma questo è un problema della Pa. Perché deve diventare un problema per chi oggi boccheggia nella crisi?
Come ha scritto Claudio Zucchelli, un ex-presidente di Sezione del Consiglio di stato, “ogni adempimento burocratico è legato, come in una rete neurale, a un numero indefinito di nodi, cioè di altri adempimenti, dai quali dipende o sui quali incide. Eliminare un nodo (la famosa semplificazione) non elimina gli altri nodi anzi nella maggior parte dei casi crea dei “buchi” nel sistema innescando circoli viziosi, e rimandi reciproci all'infinito. Nes- suno è in grado di conoscere sino in fondo la rete neurale della burocrazia”.
Ma questo non vuol dire che bisogna arrendersi. Vuol dire che bisogna trovare il modo per semplificare davvero, a costo di fare quel che fece Alessandro con il nodo di Gordio.
Ma l'Italia tutto sommato ha tirato avanti. Non è stato un bel tirare, perché bisognava avanzare con i venti contrari degli adem- pimenti, con i lacci dei regolamenti e con i lacciuoli delle vessazioni. Ma comunque, si andava avanti, sia pure a passo di lumaca (bisogna sempre ricordare quel proverbio cinese, che dice che “l'uomo è diverso dal maiale, perché l'uomo si abitua a tutto”). L'unica via d'uscita è ricorrere a una pro- cedura che è sempre rimasta ignorata in Italia: i controlli ex-post. Riferisco un'espe- rienza personale. Io abito a Melbourne, in Australia, e mia moglie gestisce un centro di massaggi thailandesi. Quando, come dappertutto, questi negozi sono stati chiu- si, lo stato del Victoria ha informato piccole e grandi imprese, autonomi e imprenditori di se stessi, che era pronto un contributo a fondo perduto. Si faceva domanda online,
isognava solo dichiarare, sotto la propria responsabilità, che si aveva personale, che a marzo il fatturato era sceso almeno del 30%, e bisognava allegare, sempre online, l'ultima dichiarazione Iva. Tutte cose che ho fatto in pochi minuti, e dopo una setti- mana il contributo è stato versato sul conto corrente. Ma se uno avesse dichiarato il falso? Certamente, nel modulo online c'era scritto che sarebbero stati fatti dei controlli, e che si rischiava, se i controlli avessero riscontrato bugie, di restituire il maltolto, oltre a conseguenze civili e penali. Ma la cosa essenziale è che i controlli erano ex-post. In Italia, invece, lo Stato ha talmente paura di essere “fregato” che moltiplica gli adempimenti ex-ante, anche quando la velocità di esecuzione di un provvedimento diventa, per molte aziende e molti autonomi, essenziale per non morire di inedia. Per prevenire abusi (ma poi, chi voglia abusare, trova sempre il modo) si creano defatiganti adempimenti per la stragrande maggioranza dei cittadini. Il problema non è nuovo, e Riccardo Bacchelli nel Mulino del Po (un romanzo stupendo) lo aveva già individuato: le regole intrusive dello Stato (a proposito, in quel caso, degli adempimenti per la tassa sul macinato) erano “vessatorie per i galantuomini quanto impotenti per i furfanti”.
Non è troppo tardi per l'Italia introdurre il principio dei controlli ex-post. C'è stata, nella legislazione italiana, una norma che diceva che non si può chiedere a un cittadino un'informazione che sia già in possesso della Pubblica amministrazione. Nor- ma, naturalmente, quotidianamente disattesa. Perché? Perché le banche-dati delle millanta branche della Pa non dialogano fra loro. Ma questo è un problema della Pa. Perché deve diventare un problema per chi oggi boccheggia nella crisi?
Come ha scritto Claudio Zucchelli, un ex-presidente di Sezione del Consiglio di stato, “ogni adempimento burocratico è legato, come in una rete neurale, a un numero indefinito di nodi, cioè di altri adempimenti, dai quali dipende o sui quali incide. Eliminare un nodo (la famosa semplificazione) non elimina gli altri nodi anzi nella maggior parte dei casi crea dei “buchi” nel sistema innescando circoli viziosi, e rimandi reciproci all'infinito. Nes- suno è in grado di conoscere sino in fondo la rete neurale della burocrazia”.
Ma questo non vuol dire che bisogna arrendersi. Vuol dire che bisogna trovare il modo per semplificare davvero, a costo di fare quel che fece Alessandro con il nodo di Gordio.