Sul clima bisogna fare presto

Laura Magna
Laura Magna
22.9.2021
Tempo di lettura: 5'
La temperatura superficiale terrestre è sempre variata, nell'ordine di 5 gradi centigradi ogni 100mila anni. Ma i cambiamenti che stiamo sperimentando oggi non hanno precedenti per rapidità e portata: in media abbiamo guadagnato 1,1°C dal 1850 e si stima un ulteriore aumento tra 2,1 e 5,7 gradi entro la fine del secolo, se non si agisce sul fronte delle emissioni di CO2. Il rischio è di una perdita
di valore economico del 10% entro il 2050. Ecco come si può e si deve intervenire, secondo la climatologa dell'Università della Florida, Christelle Castet
Tra gli scettici dei cambiamenti climatici si annoverano nomi come quello di Donald Trump, tanto per citare il più noto e vicino a noi cronologicamente. Lo scetticismo viene argomentato facendo riferimento alle grandinate in piena estate e a temperature più basse nella media nella stessa stagione, che dovrebbero dimostrare che non c'è alcun riscaldamento globale. Il tema è, come spesso accade con i negazionisti, la mancanza di un approccio scientifico alla questione. Abbiamo chiesto a Christelle Castet, climatologa e meteorologa della Florida State University di farsi portavoce di questo approccio scientifico per sgombrare il campo da equivoci e pregiudizi e capire realmente cos'è il climate change.

Perché il clima sta cambiando più velocemente


Innanzitutto va chiarito che il clima della Terra è sempre variato, a causa di fattori esogeni naturali come i cambiamenti nell'orbita terrestre. “Questo fenomeno può provocare variazioni nell'ordine di 5°C su cicli di 100mila anni – dice Castet - Anche piccole variazioni nell'attività solare influenzano il nostro clima di una frazione di grado in cicli di 11 anni, e grandi eruzioni vulcaniche diminuiscono la nostra temperatura globale in pochi anni”. E ci sono ancora anche fenomeni endogeni come El Niño che possono influenzare il nostro clima cambiando la distribuzione dell'energia sulla Terra. “Nel complesso, la variabilità naturale ha causato un cambiamento della temperatura superficiale tra -0,23°C e +0,23°C tra il 1850 e il 2019 – afferma Castet - Quello che stiamo vedendo oggi, cioè un aumento della temperatura di 1,1°C dal 1850, è senza precedenti per la sua velocità, grandezza e portata globale”.

E senza interventi si stima che entro la fine del secolo si possa verificare un aumento della temperatura superficiale terrestre da 2,1°C a 3,5°C per uno scenario medio di emissioni di anidride carbonica e da 3,3°C a 5,7°C per lo scenario di emissioni più alto. Questo aumento inusitato della temperatura globale porta con sé molti altri fenomeni: l'innalzamento del livello dei mari, condizioni meteorologiche che favoriscono vasti incendi, precipitazioni estreme.

Un disastro ecologico che fa perdere ricchezza


Un vero disastro geologico che ha effetti sull'economia e sulla società. Quanto ne sono consapevoli gli stakeholder? “Direi abbastanza – risponde Castet - Abbiamo appena condotto uno studio con Ipsos che mostra che il 75% dei gestori specializzati in Real Asset stanno effettivamente pianificando di migliorare il modo in cui integrano il Climate Physical Risk nei processi di gestione. Tuttavia se la divulgazione di informazioni finanziarie relative al clima allineate alle raccomandazioni della Taskforce for Climate Disclosure (Tcfd) è aumentata dal 2017 al 2019 di circa il 6%, la trasparenza sul potenziale impatto finanziario del cambiamento climatico rimane bassa. Meno del 10% delle aziende ha divulgato informazioni sulla resilienza delle loro strategie sotto diversi scenari legati al clima”.

Certamente anche l'attenzione delle istituzioni, che stabiliscono nuovi standard per la trasparenza climatica, contribuisce ad aumentare la consapevolezza tra gli stakeholder globali. Un esempio su tutti è quello dell'Ue, che nel giugno 2021 ha adottato la legge europea sul clima di zero emissioni di gas serra entro il 2050, con la proposta di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. “Queste azioni hanno un impatto su tutti i settori: energia, edifici, trasporti e uso del suolo”, precisa Castet.

Come invertire la rotta


La strada da percorrere per invertire la rotta del climate change è lunga e il tempo a disposizione poco. Resta da capire insomma se siamo ancora in condizione di poter correre ai ripari. Le linee di azione, certamente sono note e già tracciate: il principale fattore trainante del riscaldamento globale sono livelli di concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera, mai così elevata negli ultimi due milioni di anni. E, com'è noto, le emissioni derivano dall'utilizzo massiccio dei combustibili fossili, ma anche, precisa Castet “dai cambiamenti nello sfruttamento del suolo. In aggiunta, allevamenti e gestione dei rifiuti contribuiscono a rilasciare nell'atmosfera metano così l'agricoltura che causa imponenti emissioni di protossido di azoto. Il momento di agire è ora, e quanto prima raggiungeremo zero emissioni nette di gas a effetto serra, tanto più velocemente potremo stabilizzarne la concentrazione nell'atmosfera e frenare l'aumento della temperatura superficiale globale”. L'ultimo rapporto dell'Ipcc (l'ente dell'Onu che si occupa della ricerca sul climate change) evidenzia chiaramente questa informazione: "Se non ci saranno riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento a circa 1,5°C o addirittura 2°C sarà fuori portata". In effetti, un riscaldamento globale di 2°C può essere raggiunto già a metà del secolo, anche in uno scenario di emissioni intermedio. “Un rapporto pubblicato da SwissRe nel 2021 fornisce anche degli spunti per comprendere meglio i benefici della mitigazione e dell'adattamento al cambiamento climatico – afferma la climatologa - il mondo potrebbe perdere circa il 10% del valore economico totale entro il 2050 se gli obiettivi di emissioni nette zero non saranno raggiunti”.

Soluzioni vincenti per natura ed economia


Di fronte al cambiamento climatico, è importante concentrarsi sia sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per passare a un mondo net-zero, sia sull'adattamento ai rischi fisici causati dal cambiamento climatico. “Oltre che sull'onnipresente questione dell'emissione di carbonio e del suo impatto sul clima, ora dobbiamo concentrarci su come il cambiamento climatico sta influenzando la nostra economia e su come adattarci ad esso – sostiene Castet - Esistono alcune soluzioni win/win basate sulla conservazione della natura. Un esempio è la protezione e il ripristino delle mangrovie e delle zone umide: esse assorbono il carbonio dall'atmosfera in modo molto efficiente e quindi aiutano a combattere il cambiamento climatico. Uno studio recente ha evidenziato come le mangrovie siano in grado di proteggere circa 15 milioni di persone dalle inondazioni ogni anno in tutto il mondo. Un altro vantaggio è che forniscono un habitat per la biodiversità, ospitando tutti i tipi di organismi, dai pesci agli uccelli e ai mammiferi”. In conclusione, il cambiamento climatico ha bisogno di azioni su larga scala, e sia il settore pubblico che quello privato devono farsi avanti per accelerare la transizione verso la rete zero. Ma questo non deve esimerci come individui dal fare la nostra parte. “Ridurre la dipendenza della nostra civiltà dai combustibili fossili richiederà più che micro azioni – afferma la climatologa - Ma anche se le azioni a livello individuale non sono sufficienti per ridurre significativamente le emissioni di gas serra, possono informare e avvisare le imprese e i responsabili politici che è in atto un cambiamento nella consapevolezza pubblica e nelle abitudini di consumo.

A livello individuale, per esempio, il Grantham Institute fornisce 9 actions that will help fight climate change: si va dal far sentire la propria voce presso le autorità locali al ridurre il consumo di carne e i latticini, e naturalmente trovare alternative ai viaggi in aereo... e si può misurare e monitorare la propria carbon footprint usando vari strumenti online”.

(Articolo pubblicato sul Magazine We Wealth di settembre 2021)
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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