Startup in bolla? In Europa il tech è diventato caro

Lorenzo Magnani
Lorenzo Magnani
7.7.2021
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Le startup in Europa stanno raggiungendo valutazioni stellari. Per diversi analisti si tratta di una bolla tecnologica, ma a guardare le ultime ipo...

Secondo un report di GP Bullhound, dei 166 "unicorni" europei, ovvero le startup che hanno una valutazione di oltre un miliardo, 52 hanno infatti raggiunto questo status nell'ultimo anno

Nel loro complesso i 116 unicorni valgono 800 miliardi di capitalizzazione. In fermento anche il mercato delle ipo: quest'anno si sono quotate già 75 startup tech (contro le 45 dell'anno scorso)

L'Europa che arranca, l'America che vola. L'ultima decade è stata all'insegna di questa evidenza, soprattutto nel comparto tecnologico. E non solo in borsa. Eppure il 2021 sembra aver segnato un punto di svolta per il Vecchio Continente. Le startup europee stanno raccogliendo più soldi che mai, restituendo una classe di aziende tecnologiche con valutazioni paragonabili a quelle delle aziende domiciliate negli Stati Uniti. Il che ha fatto storcere il naso a molti analisti: non è che una tale ascesa dei prezzi, in un'area geografica famosa per le valutazioni più contenute, sa di bolla?
A fare il punto è un articolo di Bloomberg, che ha evidenziato l'ascesa senza precedenti di alcune aziende europee. Hopin, per esempio, società di eventi virtuali, ha più che raddoppiato la sua valutazione in quattro mesi. La più grande startup del continente, Klarna Bank AB, ha raggiunto una valutazione pari a 45,6 miliardi di dollaro, più di quattro volte superiore rispetto allo scorso anno. La startup britannica di fintech Revolut è prossima a round di finanziamento, in cui secondo voci vicine all'azienda, potrebbe essere valutata intorno ai 20 miliardi di dollari, più che triplicando la sua valutazione di 5,5 miliardi di dollari del 2020. Secondo i dati compilati da Bloomberg, le quotazioni tecnologiche europee sono alle stelle, con le aziende tech che hanno raccolto nei soli sei mesi del 2021 più fondi che in qualsiasi altro anno almeno dal 2009. Stando a un report di giugno di GP Bullhound, il settore tecnologico europeo conta ora 166 "unicorni" - aziende valutate a più di 1 miliardo di dollari - con un valore combinato di più di 800 miliardi di dollari. Infine, l'anno in corso si annuncia un anno da record anche sul fronte delle ipo, con 75 startup che si sono quotate sui mercati, contro le 45 di tutto il 2020.
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Secondo diversi analisti questi numeri riflettono un eccesso di euforia da parte degli investitori. "Alcune di queste valutazioni sono esorbitanti. Questo è stato il caso negli Stati Uniti per un certo numero di anni e ora l'Europa sta recuperando - ha detto a Bloomberg Erin Platts, responsabile per l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa della Silicon Valley Bank - La velocità con cui queste valutazioni stanno crescendo è ciò che mi spaventa, anche più dei numeri in sé". Anche Martin Davis, amministratore delegato della società di venture capital Draper Esprit, è preoccupato spingendosi ad affermare che si tratta di una “bolla tecnologica che non durerà per sempre. Il valore del portafoglio di Draper è salito del 51% negli ultimi 12 mesi fino a marzo, rispetto al 10% dell'anno precedente.

Va detto che tuttavia nelle ultime settimane non sempre però l'approdo in borsa è stato dei migliori. Sono diverse le ipo recenti largamente sotto le aspettative degli analisti. Didi Global Inc, una società cinese di ride-hailing sostenuta da SoftBank Group Corp, le cui azioni stanno attualmente crollando per il giro di vite da parte di Pechino sulle società tech, nel suo primo giorno di quotazione ha raggiunto una valutazione di 68 miliardi di dollari, ben al di sotto dei 100 miliardi di dollari precedentemente previsti. Darktrace, società britannica operante nella cyber sicurezza, ha aperto le contrattazioni pubbliche a un valore di mercato di 1,7 miliardi di sterline (2,3 miliardi di dollari), circa di quanto atteso. La società di consegna cibo Deliveroo è scesa del 26% nel suo primo giorno di trading a Londra a marzo.
Laureato in Finanza e mercati Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, nella redazione di We Wealth scrive di mercati, con un occhio anche ai private market. Si occupa anche di pleasure asset, in particolare di orologi, vini e moto d’epoca.

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