Sanzioni Ue sulla Russia, gli effetti di uno stop a petrolio e carbone

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L'Ecofin ha discusso nuove sanzioni sull'energia di provenienza russa, con la Francia in prima linea per tagliare fuori carbone e petrolio

Lo choc provocato dalla strage di Bucha, in Ucraina, potrebbe dare un forte impulso alle nuove sanzioni Ue, che potrebbero includere materie energetiche provenienti dalla Russia. Più facile, dati i minori volumi in gioco, sarebbe limitare lo stop al carbone, anche se la Francia punta a sanzionare Mosca anche sul petrolio

Nei giorni scorsi la compattezza del blocco europeo ha iniziato a sfaldarsi con iniziative nazionali di segno opposto: le posizioni sulla materia energetica restano molto delicate

I Paesi Ue più colpiti da uno stop a carbone e petrolio russi sarebbero Germania, Olanda e Polonia, ma anche l'Italia è un grande importatore

L'urgenza politica di rispondere con nuove sanzioni alle “evidenze di crimini di guerra” emersi a Bucha, nei pressi di Kiev, porterà su un nuovo livello le note divergenze degli stati membri europei.

Il 5 aprile, l'incontro Ecofin dei ministri delle Finanze degli stati membri Ue si è concluso lasciando trapelare pochi dettagli sul quinto pacchetto di sanzioni su cui gli stati europei dovranno convergere, necessariamente, con voto unanime. Il presidente di turno dell'Ecofin, il francese Bruno Le Maire ha confermato ai cronisti che l'inclusione del settore energetico nelle nuove sanzioni è stato oggetto di discussione, ribadendo che la Francia è disponibile a includere lo stop alle importazioni di petrolio e carbone russi.

Proprio il carbone è stato l'elemento più citato in conferenza stampa, anche dal vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, per il quale il perimetro del nuovo set di sanzioni Ue includerà provvedimenti “personali, commerciali e sui trasporti”.
Secondo quanto riferito alla Cnbc da alcune fonti a conoscenza con le discussioni in corso sulle sanzioni, i membri Ue hanno discusso di limitare il leasing di aerei e l'importazione e l'esportazione di prodotti come il carburante per aerei, quelle di prodotti in acciaio e di beni di lusso.

Le Maire ha confermato che gli stati membri siano tutti convinti della necessità di incrementare la pressione delle sanzioni su Mosca, alla luce dell'eccidio a Bucha; sul come, però, restano ancora divergenze.

Le fessure nel blocco europeo


Nei giorni scorsi la compattezza del blocco europeo ha iniziato, in effetti, a sfaldarsi con iniziative nazionali di segno opposto. Fra i falchi anti-russi, la Polonia ha già introdotto, lo scorso 29 marzo, il blocco alle importazioni di carbone dalla Russia.
La Lituania, altro Paese particolarmente minacciato dalla forza militare del vicino russo, ha già fatto sapere lo scorso 2 aprile che non importerà più gas da Mosca e che soddisferà tutto il fabbisogno tramite Lng proveniente dal porto di Klaipeda.
Sull'estremo opposto, il ministro dell'Economia della Slovacchia, Paese che dipende dal gas russo all'85%, il 3 aprile ha anticipato che non sarà possibile affrancarsi dalle forniture di Mosca e che, se necessario, sarebbe pronto a pagarle in rubli come richiesto dal Cremlino.
A metà strada si trovano Austria e Germania, i cui ministri delle Finanze, Magnus Brunner e Christian Lindner, nelle ultime ore hanno escluso che il gas russo possa essere immediatamente tagliato fuori dalle importazioni europee.

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Carbone russo fuori dall'Ue, forse anche il petrolio


Restringere le nuove sanzioni “energetiche” al carbone appare dunque un punto di caduta politicamente praticabile. Ma, nella pratica, quali sarebbero i Paesi Ue più interessati dal provvedimento? Secondo i dati 2020 disponibili sul sito dell'Observatory of economic complexity, il carbone valeva il 4,4% del totale dell'export di Mosca, con 14,5 miliardi di dollari. La maggioranza di questa materia prima russa, però, muove verso l'Asia. In Europa il principale importatore è la Germania, che con 864 milioni di dollari riceve il 5,95% del carbone esportato dalla Russia, seguita da Olanda (728 milioni, 5%), Polonia (598 milioni di dollari 4,12%), Italia (294 milioni, 2%) e Francia (172 milioni, 1,19%).
Nel frattempo, proprio il carbone è diventato un combustibile sempre più richiesto in previsione del declino delle esportazioni di gas russo in varie parti del mondo. Nonostante il rientro dal clamoroso picco di inizio marzo, il carbone è oggi in rialzo del 168% rispetto a un anno fa (il dato è aggiornato al 5 aprile).

L'impatto di un blocco sul petrolio avrebbe sulla Russia un impatto decisamente più grande e la Francia sembra particolarmente ottimista sul fatto che anche questa commodity possa essere inclusa nel pacchetto di sanzioni in arrivo.

Secondo il ministro per gli affari europei francese, Clement Beaune, “possiamo arrivare a sanzioni su questi due settori”, carbone e petrolio, “rapidamente”.

Se consideriamo il solo petrolio greggio, la Russia esporta 74,4 miliardi di dollari – di cui il 12,4% in Olanda, l'8,57% in Germania, il 5,67% in Polonia e il 5% in Italia. La Francia, che molto spinge per le sanzioni energetiche sulla Russia, avrebbe in verità contraccolpi ben più contenuti dei suoi partner europei, visto che assorbe appena lo 0,5% del greggio esportato dalla Russia.

Se alle parole gli stati europei dovessero passare ai fatti è possibile aspettarsi un ulteriore rafforzamento dei prezzi di carbone e petrolio, allontanando ulteriormente l'idea che la stretta economica su Mosca possa essere temporanea così come gli effetti sull'inflazione in Europa.
Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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