Petrolio e gas volano, dopo l'Opec e nuovi avvertimenti russi

Il portavoce del presidente russo Putin, Dmitry Peskov, ha affermato che i flussi di gas non riprenderanno completamente finché l'Occidente nel suo complesso non avrà revocato le sanzioni inflitte su Mosca dopo l'invasione in Ucraina
Il petrolio torna a correre dopo il limitato taglio alla produzione deciso oggi dall'Opec+, riunitosi in videoconferenza il 5 settembre: il Brent, con un rialzo del 4,14% porta il barile di greggio a quota 96,82 dollari, ai massimi dal 30 agosto. In salita del 3,73% anche il West Texas Intermediate, a 90,11 dollari.
Il taglio della produzione deciso dal cartello allargato dei Paesi esportatori di petrolio, il primo da oltre un anno, ammonta 100mila barili al giorno, che verrà implementato ad ottobre e riporterà l'output dei membri ai livelli di agosto. Annullato dunque l'incremento di pari entità deciso all'inizio del mese scorso e che, spiega una nota dell'Opec, “era inteso solo per il mese di settembre”. L'entità del provvedimento è pari allo 0,1% della domanda di petrolio globale.
La reazione rialzista dei trader rivela le incertezze alla vigilia dell'incontro, che non avevano escluso anche una mossa di segno opposto, ossia un incremento della produzione. L'Opec ha deciso di intervenire a supporto dei prezzi dopo un calo osservato a partire da metà giugno, quando il Brent si trovava oltre quota 120 dollari. I timori di recessione crescenti dopo l'aggressiva rotta dei rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve e della Banca centrale europea hanno progressivamente spinto gli investitori ad attendersi una riduzione della domanda di petrolio – che aumenta o diminuisce assieme all'andamento della crescita globale.
Rincari anche sul gas
La giornata di lunedì 5 settembre è segnata anche dai rincari sul fronte del gas, dovuti alla decisione del colosso russo Gazprom, che non riaprirà nei tempi stabiliti i flussi provenienti dal Nord Stream 1 a causa di un presunto rilascio di olio in una turbina. In ogni caso, qualche ora più tardi il portavoce del presidente russo Putin, Dmitry Peskov, ha affermato che i flussi di gas non riprenderanno completamente finché l'Occidente nel suo complesso non avrà revocato le sanzioni inflitte su Mosca dopo l'invasione in Ucraina. "I problemi di pompaggio del gas sono dovuti alle sanzioni che i Paesi occidentali hanno introdotto contro il nostro Paese e diverse società", ha dichiarato Peskov all'agenzia di stampa Interfax, "non ci sono altre ragioni che possano aver causato questo problema".
Il gasdotto era già stato chiuso per via di una manutenzione che sarebbe dovuta durare tre giorni. Il future Ttf di riferimento è passato dai 214,7 euro di venerdì a un massimo di giornata a 290 euro, prima ritornare in area 250. Anche se le decisioni Gazprom non vengono ufficialmente riconosciute dal Cremlino come mosse politiche era stato chiarito in precedenza che Mosca non avrebbe più venduto gas ai Paesi che avrebbero posto un tetto sui prezzi. Quest'ultima è una proposta su cui l'Unione europea sta ancora lavorando e che ancora non ha trovato un consenso unanime fra i Paesi membri.
La correlazione fra tensioni sul gas e debolezza dell'euro sul dollaro si è confermata anche in questo frangente: la moneta unica è scesa sotto quota 0,99, a un minimo giornaliero di 0,9879 per la prima volta in 20 anni.
La reazione dei mercati azionari
Per le Borse di Milano e Francoforte le notizie sul fronte energetico sono pesate come macigni sulla seduta, che si avvia verso una chiusura con un rosso, superiore al 2,2% per il Dax e dell'1,9% circa per il Ftse Mib. L'Euro Stoxx 600, nel frattempo, cede quasi lo 0,8%. Nel listino principale di Piazza Affari brinda solo Eni, il cui business principale giova dell'aumento dei prezzi dell'energia. In forte ribasso, invece, i titoli dell'automotive (Stellantis, Iveco, Ferrari) e i bancari (Bpm e Bper).