Metaverso: ciò che rende fisico e digitale un tutt’uno

La fisica quantistica ci ricorda che malgrado la nostra percezione ci mostri un mondo di oggetti e soggetti indipendenti e autonomi, noi viviamo in una sorta di “metaverso” nel quale ogni entità è già connessa alle altre e tutto si influenza reciprocamente. Non è quindi un caso che dopo aver vissuto la fase dello sviluppo digitale (diciamo negli ultimi 20 anni) come una costruzione di realtà “separata” e parallela, sia oggi iniziata la fase successiva, nella quale il digital si scioglie nel physical, diventando potenzialmente una sola rappresentazione del mondo.
Questa unità di prospettiva appartiene peraltro soprattutto alla Gen Z: che ha abbattuto il muro che divide realtà fisiche e digitali e che si aspetta – da Brand ed istituzioni in tutti i campi – quella integrazione che rende il mondo seamless, più semplice e auspicabilmente più a misura d’uomo.
Il termine metaverso da dove deriva?
La parola Metaverso sembra oggi un digital copyright, proprietà di qualche grande multinazionale del tech che ne dà talvolta una lettura in fondo anche un po’ limitante: social media, magari eCommerce, in realtà virtuali, con identità digitali ed avatar a rappresentarci. Ma appare utile a tutti noi riappropriarci in qualche misura di questo termine, perché il suo potenziale va ben oltre questa configurazione. Il prefisso “Meta”, in parole composte, ha il significato di “trasformazione”, “mutamento”, “superamento” (“al di là”). Le parole nelle quali lo impieghiamo, nel nostro linguaggio colto ma quotidiano, lo esprimono bene: metamorfosi, metafisica, meta-comunicazione.
Il potenziale del metaverso
Questo ci aiuta a identificare il potenziale reale del Metaverso. Che è la capacità di un sistema unico di relazioni fra soggetti umani, fra Brand e clienti, fra cittadini e istituzioni che superi gli steccati fisici della presenza “monocanale” (qui ed ora) e costruisca una realtà di connessione sociale in continuità, più semplice, coerente e più garantita.
Non è un caso che diversi “digital asset” che erano nati digitali per attività digitali (si pensi agli Nft), stanno lentamente ibridandosi diventando certificati digitali di asset reali (beni, servizi, fondi di investimento che siano) dando corpo alla compenetrazione dei mondi e a processi potenzialmente molto più semplici e garantiti per gli user. Gli sviluppi di integrazione sono solo all’inizio. Se l’obiettivo fosse quello di semplificare la vita di tutti noi, alle nuove tecnologie digitali spetterebbe un compito importante: quello di iniettare nuove e più efficienti soluzioni di cybersecurity nelle nostre attività quotidiane. La necessaria maggiore attenzione alla cybersecurity ha portato negli ultimi anni a peggiorare l’effort di un cittadino-consumatore interessato a una normale interazione sui canali fisici e su quelli digitali. La strong authentication sempre più diffusa ha portato nuove complessità da gestire. Davanti a noi c’è la sfida della semplicità sicura, di una integrazione di spazi sociali dove l’identificazione del singolo avvenga con immediatezza e sicurezza.
Il Metaverso richiede che si affronti nuove sfide per tutti i brand di quasi tutti i settori, ma in maniera accentuata per i brand di ogni settore del luxury (wealth management incluso). Le sfide sono tante e non ancora colte. Per farlo ci vogliono investimenti tecnologici, ma soprattutto investimenti in strategia. Bisogna identificare cosa serve alle persone e cosa costruisce un vantaggio competitivo di un sistema di offerta (pubblico o privato).
Il consiglio finale è quello di lasciare i Metaversi che rappresentano la riedizione in salsa tecnologica di “Second Life” ai rispettabilissimi appassionati del gaming e di ragionare su come la tecnologia e l’innovazione nei processi di relazione possa fornire reali e duraturi vantaggi a noi ed alle nostre società.