Le donne? Maestre nell'eludere le trappole mentali

Studi accademici hanno dimostrato che quello in cui incappano gli uomini più delle donne è l'optimism bias, la tendenza a sovrastimare le probabilità di successo e a sottostimare i rischi. O l'overconfidence, l'eccessiva fiducia nelle proprie capacità di governare la varietà e la complessità delle informazioni
Esaminando per cinque anni il comportamento di 6000 investitori, sono arrivati alla conclusione che chi compra e vende azioni più frequentemente ottiene rendimenti peggiori. Il 20% dei trader che ogni anno aveva un turnover del 250% del portafoglio aveva infatti ottenuto una media inferiore del 7% in termini di ritorni netti rispetto al gruppo con il profilo di turnover più basso
Non è affatto una metafora dire che proviamo dolore per una perdita economica, e gioia per una vincita. Sono proprio gli stessi neuroni del dolore fisico e dalla gratificazione fisica ad attivarsi. E nel cervello femminile il rimpianto altrui “risuona” in maniera più forte (il che è un vantaggio quando è in ballo la possibilità di perdere pesantemente)
Dunque gli uomini cadono in alcune trappole mentali più delle donne? Come un tempo si facevano sedurre senza poter resistere dal canto delle sirene di Ulisse…
Il paragone è azzardato, ma ci può stare. Studi sperimentali hanno mostrato che quello in cui incappano gli uomini più delle donne è l'optimism bias, la tendenza a sovrastimare le probabilità di successo e a sottostimare i rischi. O l'overconfidence, l'eccessiva fiducia nelle proprie capacità di governare la varietà e la complessità delle informazioni. Serie storiche, trend, analisi tecniche, prezzi, volumi di scambio, notizie, consensi, raccomandazioni, forum e così via. La ricerca mostra che se non ci sono significative differenze tra investitori professionisti e amatoriali, ce ne sono invece tra uomini e donne. Le donne non si fanno travolgere dalle informazioni scambiandole per notizie, mentre sono solo rumore di fondo. Rumore di fondo che conduce a un'inefficace pianificazione e a cocenti scottature. Gli uomini invece pensano di dominarle e fanno scelte azzardate.
Cioè, che genere di scelte azzardate?
Comprano e vendono compulsivamente. Coloro che considerano le proprie abilità di investitori sopra la media, credono di poter dominare il caso facendo tesoro delle informazioni che raccolgono. Ci sono tra questi, curiosamente, più uomini che donne. Gli uomini sono anche più condizionati dall'effetto struzzo. Ovvero controllano il portafoglio molto più spesso nei giorni in cui i mercati salgono di quanto facciano quando scendono. Come gli struzzi, mettono la testa nella sabbia: non vogliono conoscere le cattive notizie e fingono che queste non ci siano. In ogni caso e in ogni circostanza, gli uomini controllano il portafoglio più frequentemente delle donne. Il trading online potenzia insieme l'«illusione di controllo» e l'«illusione di sapere», conducendo a minori profitti.
A quanto ammontano questi minori profitti?
Anche questo è stato misurato, da due economisti finanziari dell'Università della California, Brad Barber e Terrance Odean. Esaminando per cinque anni il comportamento di 6000 investitori, sono arrivati alla conclusione che chi compra e vende azioni più frequentemente ottiene rendimenti peggiori. Il 20% dei trader che ogni anno aveva un turnover del 250% del portafoglio aveva infatti ottenuto una media inferiore del 7% in termini di ritorni netti rispetto al gruppo con il profilo di turnover più basso.
Insomma, a condizionare le scelte sembrano essere soprattutto le emozioni…
Il rimpianto principalmente. Nel rimpianto emozione e cognizione sono connesse: ci infiliamo nella spirale del rimpianto quando abbiamo perso un treno per una manciata di minuti, quando la palla ha colpito il palo, quando abbiamo mancato la vincita multimilionaria al superenalotto per un 5 invece di un 6. Non possiamo allora sottrarci a quel ruminare interiore in cui la nostra mente mette in fila tutti gli istanti in cui le cose sarebbero potute andare diversamente, consumandoci di delusione, amarezza, frustrazione, senso di impotenza. Ebbene le regioni cerebrali che sono attive sia quando si prova rimpianto in prima persona sia quando si è consapevoli del rimpianto provato da un altro sono le stesse. Ma non funzionano allo stesso modo per uomini e donne.
Ci spieghi meglio…
Citerò i risultati di un nostro originale esperimento che è stato pubblicato su PLoS ONE, Public Librar y of Science (USA), con il titolo “Understanding others' regret: a fMRI study”. Lo studio ha coinvolto 12 maschi e 12 femmine in un gioco di scelta tra lotterie che consentivano loro di vincere o perdere reali somme di denaro. I soggetti hanno preso parte al gioco sia in prima persona (come giocatori), sia - e qui sta originalità - in terza persona (in qualità di spettatori). Ai partecipanti veniva mostrato l'esito della lotteria da loro scelta, ma anche e soprattutto quello della lotteria rifiutata: i dati emersi dimostrano che anche un'emozione complessa come il rimpianto, tale cioè da presentare un'originaria natura cognitiva, può “risuonare” nel cervello di chi la vive in terza persona, riattivando quegli stessi circuiti cerebrali che si attivano quando siamo noi stessi nella condizione di provare rimpianto.
Cosa ci dice questa ricerca sul rischio?
I risultati hanno mostrato che la propensione a rischiare nella scelta successiva, è influenzata sia dal rimpianto (o sollievo) provato in prima persona, sia in terza persona. Ma quando dagli altri “impariamo” a rischiare di più (perché li osserviamo provare sollievo), lo facciamo mediante aree coinvolte in elaborazioni fredde e razionali relative ai possibili esiti delle scelte, per esempio in termini di valore atteso. Quando, al contrario, dagli altri siamo influenzati a rischiare di meno o a non rischiare affatto (perché li vediamo provare rimpianto), lo facciamo mediante la corteccia orbitofrontale e l'amigdala, che attribuiscono un valore emotivo negativo al rimpianto anticipato.
Inoltre, il rimpianto altrui “risuona” in maniera più forte nel cervello femminile ma, in maniera proporzionale al loro livello di empatia, le donne apprendono socialmente meglio degli uomini, cioè più velocemente, soprattutto quando si tratta di rischiare di meno. A pensarci bene, non c'è niente di più irragionevole che specchiarsi nelle emozioni altrui per farsi guidare nelle scelte; eppure, per quanto possa essere affettivamente doloroso, è il modo in cui apprendiamo: tra le altre cose, a sopravvivere.
(articolo comparso sul Magazine di marzo 2021)