"Inflazione verso la svolta": perché può andare fuori controllo

Alberto Battaglia
27.6.2022
Tempo di lettura: 5'
La Banca dei regolamenti internazionali ha incoraggiato i banchieri centrali ad agire in fretta con i rialzi dei tassi: c'è il rischio di spirale prezzi-salari

“Forse stiamo raggiungendo un punto di svolta”, ha scritto la Banca dei regolamenti internazionali nel suo ultimo rapporto, “oltre il quale una psicologia inflazionistica si diffonde e si consolida. Ciò significherebbe un importante cambiamento di paradigma”.

Il rischio è che le aspettative sull'inflazione si radichino, incoraggiando i lavoratori a proteggere il potere d'acquisto tramite aumenti salariali. Questi ultimi incoraggerebbero le imprese ad aumentare i prezzi per mantenere i margini di profitto

Il ritorno dell'inflazione è stata la storia finanziaria fondamentale dell'ultimo anno; quella del prossimo potrebbe essere che l'inflazione non andrà più via. E' questo il rischio fondamentale su cui si è concentrata, nel suo rapporto economico del 2022, la Banca dei regolamenti internazionali (Bis), considerata una sorta di banca centrale delle banche centrali. 


Allo scorso aprile, ben tre quarti delle economie globali facevano i conti con un tasso d'inflazione del 5%. "La chiave per le banche centrali è agire rapidamente e con decisione prima che l'inflazione si radichi [nelle aspettative]”, ha dichiarato Agustín Carstens, direttore generale della Bis, “se così avvenisse, i costi per riportarla sotto controllo sarebbero più elevati” pertanto, “i vantaggi a lungo termine di preservare la stabilità per le famiglie e le imprese superano i costi a breve termine". E' un chiaro invito, insomma, ad accelerare i tempi della stretta monetaria – un cambio di passo che sembra già di osservare nelle decisioni e nelle dichiarazioni di Federal Reserve e Banca centrale europea. 

Prima ancora che la guerra in Ucraina peggiorasse l'outlook economico e gonfiasse i prezzi delle materie prime, l'inflazione aveva colto di sorpresa gli economisti – compresi quelli della Bis, per loro stessa ammissione. Fra le cause che hanno portato a un inatteso aumento dei prezzi la Banca dei regolamenti internazionali ha citato “l'enorme stimolo politico combinato con la spesa repressa delle famiglie, che ha messo il turbo all'attività”, unito ad una “rotazione della domanda dai servizi ai beni”. In altre parole, le persone hanno  speso il proprio reddito in prodotti, “ma non sono tornate a rivolgersi ai servizi ad alta intensità di contatto, come ristoranti e alberghi, nella misura che ci si aspettava”.


Adesso il rischio è che la persistenza dell'inflazione inizi a innescare una rincorsa fra salari e prezzi, che tende ad autolimentarsi e ad essere estremamente difficile da disinnescare. I lavoratori, infatti, quando sono convinti che i prezzi sono destinati a crescere a un ritmo stabilmente superiore, tendono a chiedere adeguamenti salariali per proteggere il proprio potere d'acquisto. In seguito, le imprese aumentano i prezzi per conservare i margini di profitto, contribuendo ad un ulteriore aumento dell'inflazione. 


“Se l'inflazione si radicherà o meno nelle aspettative dipenderà, in ultima analisi, dallo sviluppo delle spirali salariali”, ha scritto la Bis. “Il rischio non deve essere sottovalutato, a causa della dinamica intrinseca delle transizioni da regimi di bassa inflazione a regimi di alta inflazione”.


E' un problema particolarmente concreto una serie di ragioni ha scritto la banca con sede a Basilea. “La percezione che famiglie e lavoratori hanno dell'inflazione e le aspettative sulla sua evoluzione futura sono particolarmente sensibili”, si legge nel rapporto, “dato l'ampliamento delle pressioni sui prezzi, l'inflazione in generale è senza dubbio uscita dalla zona di 'disattenzione razionale', all'interno della quale ha uno scarso impatto sul comportamento, per entrare in quella di forte attenzione, nella quale inizia a influenzare il comportamento in modo più sostanziale”. Il punto di sbocco “probabile” è  “che i tagli ai salari reali indotti dai prezzi spingano i lavoratori a cercare di recuperare la perdita di potere d'acquisto”. E , “allo stesso modo, per le imprese dovrebbe essere più facile tradurre i salari più alti in prezzi più alti, data la generalizzazione delle pressioni sui salari e sui costi”.


“Forse stiamo raggiungendo un punto di svolta”, è il timore espresso dalla Bis, “oltre il quale una psicologia inflazionistica si diffonde e si consolida. Ciò significherebbe un importante cambiamento di paradigma”. Quest'ultimo non potrebbe che somigliare a un mondo nel quale i target sull'inflazione delle banche centrali vengono per lungo tempo mancati – questa volta per eccesso di rialzo, ribaltando quanto accaduto per gran parte dell'economia conosciuta dopo il 2008. 

 

Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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