Giappone, "agguato" ai bond globali farà salire i rendimenti

L'euro e il dollaro hanno ceduto oltre il 3% sullo yen giapponese nel corso della mattina del 20 dicembre, in seguito alle decisioni della Bank of Japan, che hanno sorpreso tutti gli analisti in quanto più restrittive del previsto. Mentre l'aspettativa generale era quella di una nuova riunione di conferma sulle politiche monetarie in essere, l'istituto guidato da Haruhiko Kuroda ha deciso di allargare la banda di oscillazione entro la quale i titoli governativi giapponesi potranno muoversi. Il decennale nipponico, dunque, potrà toccare un rendimento dello 0,50% contro lo 0,25% precedente. Per quanto si tratti ancora di un valore in assoluto piuttosto modesto, questo aumento dei rendimenti ha decisamente aumentato l'attrattiva dei titoli obbligazionari giapponesi, sostenendo così la domanda di yen e il relativo tasso di cambio. Il rendimento del titolo governativo giapponese decennale si è presto avvicinato al nuovo valore concesso dalla BoJ, passando da 0,25% a 0,46%. Parallelamente l'indice azionario nipponico Nikkei 225 ha chiuso in calo del 2,46%, così come le borse europee hanno aperto in ribasso la seduta di martedì mattina.
L'impatto globale sui costi di finanziamento
La mossa, in parallelo, potrebbe avere un effetto negativo sulle obbligazioni governative più diffuse nei portafogli istituzionali giapponesi, che potrebbero essere “alleggerite” di qui in avanti. Il Treasury decennale ha visto un aumento dei propri rendimenti di circa 10 punti base a un massimo giornaliero (intorno alle 13 italiane) a 3,708%. In generale, la decisione a sorpresa di Kuroda contribuirà ad aumentare i costi di finanziamento in giro per il mondo – anche in Italia il redimento del Btp ha aperto la giornata in aumento, sfiorando il 4,5%, così come il Bund tedesco, maggior titolo europeo fra i governativi a basso rischio, ha osservato un aumento dei rendimenti al 2,3% (ai massimi dal 7 novembre).
Ufficialmente il presidente Kuroda ha dichiarato che “è troppo presto” per dichiarare un cambio di rotta nelle politiche monetarie espansive che, finora avevano caratterizzato le mosse della Bank of Japan, rispetto a quelle messe in campo dalle grandi banche centrali dell'Occidente. "La decisione odierna è volta a migliorare le funzioni del mercato, contribuendo così a rafforzare l'effetto del nostro allentamento monetario. Non si tratta quindi di un aumento dei tassi di interesse", ha dichiarato Kuroda, "non si tratta assolutamente di una revisione che porterà all'abbandono del controllo della curva dei rendimenti o all'uscita dalla politica accomodante". Come previsto, i tassi di riferimento sono rimasti invariati, mentre il piano di acquisti di titoli governativi è aumentato da 7.300 miliardi di yen mensili a 9mila miliardi.
"La decisione spaventa ulteriormente i mercati con anche la BoJ che si allinea alle preoccupazioni della scorsa settimana dei banchieri centrali (vedi Powell e Lagarde) sulla crescita dell’inflazione. Gli operatori potrebbero ora dover riconsiderare la loro opinione sul cambio di rotta delle banche centrali: se il Giappone sta ora cambiando politica a causa dell'inflazione, perché la Fed dovrebbe farlo il prossimo anno?", ha dichiarato a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach. "La scorsa settimana l’incertezza su un possibile dietrofront da parte della Fed ha portato il mondo obbligazionario americano a registrare una nuova battuta d’arresto. Com'è possibile osservare, la notizia giapponese, oltre ad aver generato un deciso rialzo sui rendimenti nipponici a dieci anni, ha subito innescato pressioni al rialzo sui rendimenti di Stato statunitensi. Con il paese del Sol Levante che rappresenta il più grande detentore estero di titoli di stato Usa, con 1.100 miliardi di dollari, le prospettive per maggiori rendimenti potrebbero guidare maggiori capitali in patria, con effetti al ribasso sul cambio USD/JPY (rafforzamento dello Yen)".
Giappone “bastian contrario”, per quanto ancora
Per il Giappone, storicamente avvezzo a un'inflazione estremamente bassa, il tasso del 3,6% raggiunto lo scorso ottobre ha iniziato a far vacillare, forse, la linea accomodante della banca centrale. Apparentemente tale livello, che supera ampiamente il target del 2% fissato dalla BoJ, potrebbe giustificare ampiamente un'inversione di rotta, tuttavia le autorità hanno finora sostenuto che gli aumenti dei prezzi sono dovuti a temporanee carenze sul lato dell'offerta. Di conseguenza, non ci sarebbero le basi in termini di incremento della domanda interna, in grado di convincere la Bank of Japan ad aumentare i tassi. Alla luce di queste considerazioni, ancora nell'ultima riunione, Kuroda e i suoi colleghi hanno ribadito di essere pronti “ad adottare misure di allentamento addizionali” per mantenere “in modo stabile” il loro target sull'inflazione.
Lo scorso settembre la stessa Bank of Japan aveva annunciato una mossa a supporto del cambio dello yen, attraverso l'intervento sul mercato secondario dei titoli, per evitare che la linea accomodante deprimesse troppo il valore della moneta nazionale. A partire da ottobre lo yen ha iniziato a recuperare terreno sul dollaro, portando a casa, negli ultimi tre mesi al 20 dicembre, una rivalutazione dell'8,42% sul biglietto verde (lo yen resta comunque in calo di oltre il 13% da inizio anno) e dell'1,5% circa sull'euro (con una performance negativa della moneta giapponese del 7,7% da inizio anno).
Cosa succederà da adesso in poi alla moneta giapponese? "C’era un po’ di aspettativa che l’anno prossimo avrebbe portato a qualche cambiamento, ma la decisione di alzare il tetto per i rendimenti sui decennali già a dicembre è stato sicuramente uno shock per i mercati", ha risposto a We Wealth il Fx strategist di ING, Francesco Pesole, "ora noi pensiamo che non sarà facile per Kuroda riuscire a tenere a bada la speculazione che ci saranno ulteriori round di normalizzazione monetaria nel 2023, e questo potrebbe dare un po’ piu’ di supporto allo yen".