Il fascino pericoloso delle bolle finanziarie

24.6.2019
Tempo di lettura: 3'
Vi sono periodi in cui i prezzi delle azioni sembrano alti solo perché tutti credono che i prezzi fossero alti domani, senza che i fondamentali offrissero una giustificazione chiara. E' il fascino insidioso delle bolle finanziarie
Sei un investitore e vivi a Londra, mentre ti scapicolli su una Boris Bike sulla pista ciclabile di Hyde Park, entri nel frame of mind proprio di chi commercia in incertezza. E ti trovi a canticchiare:
A chi sorriderò se non a te?
A chi se tu non sei più qui?
(Da “A chi”, Fausto Leali – 1967)
Il futuro è incerto, ma sei forte del concetto che i mercati realizzano una qualche forma di efficienza. Una cosa l'hai chiara: un asset corrisponde a una serie di pagamenti futuri che dipendono da varie circostanze, stati del mondo per così dire. Il prezzo di equilibrio dipende dalle probabilità dei pagamenti futuri scontati per un indice stocastico che li rende più importanti quando se ne ha più bisogno, così ti hanno spiegato a scuola.
Benissimo, ma c'è un però! Hai chiaramente visto periodi in cui i prezzi ti sono sembrati alti solo perché tutti credevano che i prezzi fossero alti domani, senza che i fondamentali offrissero una giustificazione chiara. Ed è qui che, passato l'incrocio di Hyde Park Corner, fingi di ignorare i colleghi ciclisti che ti sorpassano fischiettando l'inflazionata Mina:
Blu, le mille bolle blu
[e poi] Blu, le vedo intorno a me
Blu, le mille bolle blu
Che volano e volano e volano
(“Le mille bolle blu”, Mina – 1961)
Sospiri e guardi il cielo terso: ricordi da scuola che ci sono modelli con equilibri multipli in cui le bolle finanziarie non scoppiano mai: agenti razionali che vivono in mondi con condizioni matematiche strane – e ti hanno spiegato che non è poi difficile creare esempi di mondi così. Quando studiavi finanza all'università, spuntavano sempre gli arbitraguers che guadagnavano sull'inefficienza e riportavano il prezzo in equilibrio.
Erano infallibili: appena due beni, o asset, identici avevano due prezzi diversi, all'istante arrivavano a riportare razionalità nel mondo. Poi ti sei messo a lavorare e sei diventato tu stesso un arbitrageur: hai scoperto che le informazioni su quale sia il prezzo giusto a volte costano care, ti sei spaventato di perdere troppo per non aver capito a fondo il problema, hai capito che per guadagnare sull'inefficienza avresti dovuto rimanere solvente per un periodo potenzialmente troppo a lungo.
Nelle bolle finanziarie della tua carriera ti sei sentito piuttosto come James Dean in Gioventù Bruciata: lanciato con la macchina verso la scogliera, il primo che frena è un fifone. La bolla c'era, ma tu non potevi non cavalcarla.
Scommettere contro tutti è pericoloso. Soprattutto se molti degli altri che giocano contro di te hanno un'esposizione personale limitata alle perdite; oppure se non hai un tempo infinito per considerare tutti i dettagli degli investimenti e girare tanti modelli – può essere che tutti gli altri abbiano ragione e i prezzi continueranno a salire ancora per molto. Al gioco delle bolle a volte ti sei sentito di doverci giocare: non potevi deviare dal gruppo. E hai vissuto nel terrore di ritrovarti ad essere quello che per frenare solo quando frenano gli altri finisce nel burrone. Quella volta è andata bene, ma ci ripensi, al trovarsi soli, con quello strano magone che ti dà quella canzone inglese tradotta in Italiano:
Han spento già la luce
Son rimasto solo io
E mi sento il mal di mare
Il bicchiere però è mio
(“A whiter shade of Pale” dei Procul Harum nella versione dei Dik Dik -1967)
Non hai trovato modi di predire quando finiscano le bolle: hai trovato poche regolarità. A volte un'innovazione finanziaria ha chiarito le reali condizioni di scarsità dell'asset, altre volte
nuove informazioni sembrano aver cambiato repentinamente il sentimento collettivo, altre ancora si è creata improvvisamente una discrepanza di vedute tra gli investitori e la realtà ha dato ragione ai meno ottimisti. Ti ricordi anche di vari casi in cui sono arrivati i famosi arbitrageurs, come succedeva una volta con i mercati dei cambi valutari. L'idea di cercare le bolle con test empirici è venuta anche a te, come a tanti.
Continui a farlo ma sai che è un esercizio al di sopra delle tue capacità intellettuali e
richiederebbe molti più dati di quanti ne hai mai avuti. Peggio, a volte non sai neanche dire se repentine cadute di prezzi che hai visto nel passato corrispondevano allo scoppiare di bolle o
ad un cambiamento dei fondamentali. Hai trovato che in quegli episodi in cui hai poi pensato, troppo tardi, che si trattasse di una bolla, i volumi di transazioni erano assurdamente elevati:
così ora ci guardi con più attenzione. Non si tratta certo di uno strumento sofisticato, te ne rendi conto. La musica italiana non ti abbandona, senti una voce femminile di quando eri piccolo che sussurra:
Datemi un martello.
Che cosa ne vuoi fare?
Lo voglio dare in testa
A chi non mi va,…
(“If I had a hammer”di Pete Seeger nella versione di Rita Pavone – 1964)
Il problema poi è che le bolle che hai visto sono sempre iniziate da storie credibili. Per esempio, quando innovazioni finanziarie hanno reso possibile impacchettare grandi quantità di mutui, per molti anni hai creduto ragionevole pensare che l'aumento di accesso al credito si riflettesse in prezzi crescenti delle case. Poi sei arrivato in ufficio e la musica era finita.
(*) con questo pseudonimo, preso a prestito da un film di Paolo Sorrentino, si firma un importante gestore italiano della City.
A chi sorriderò se non a te?
A chi se tu non sei più qui?
(Da “A chi”, Fausto Leali – 1967)
Il futuro è incerto, ma sei forte del concetto che i mercati realizzano una qualche forma di efficienza. Una cosa l'hai chiara: un asset corrisponde a una serie di pagamenti futuri che dipendono da varie circostanze, stati del mondo per così dire. Il prezzo di equilibrio dipende dalle probabilità dei pagamenti futuri scontati per un indice stocastico che li rende più importanti quando se ne ha più bisogno, così ti hanno spiegato a scuola.
Benissimo, ma c'è un però! Hai chiaramente visto periodi in cui i prezzi ti sono sembrati alti solo perché tutti credevano che i prezzi fossero alti domani, senza che i fondamentali offrissero una giustificazione chiara. Ed è qui che, passato l'incrocio di Hyde Park Corner, fingi di ignorare i colleghi ciclisti che ti sorpassano fischiettando l'inflazionata Mina:
Blu, le mille bolle blu
[e poi] Blu, le vedo intorno a me
Blu, le mille bolle blu
Che volano e volano e volano
(“Le mille bolle blu”, Mina – 1961)
Sospiri e guardi il cielo terso: ricordi da scuola che ci sono modelli con equilibri multipli in cui le bolle finanziarie non scoppiano mai: agenti razionali che vivono in mondi con condizioni matematiche strane – e ti hanno spiegato che non è poi difficile creare esempi di mondi così. Quando studiavi finanza all'università, spuntavano sempre gli arbitraguers che guadagnavano sull'inefficienza e riportavano il prezzo in equilibrio.
Erano infallibili: appena due beni, o asset, identici avevano due prezzi diversi, all'istante arrivavano a riportare razionalità nel mondo. Poi ti sei messo a lavorare e sei diventato tu stesso un arbitrageur: hai scoperto che le informazioni su quale sia il prezzo giusto a volte costano care, ti sei spaventato di perdere troppo per non aver capito a fondo il problema, hai capito che per guadagnare sull'inefficienza avresti dovuto rimanere solvente per un periodo potenzialmente troppo a lungo.
Nelle bolle finanziarie della tua carriera ti sei sentito piuttosto come James Dean in Gioventù Bruciata: lanciato con la macchina verso la scogliera, il primo che frena è un fifone. La bolla c'era, ma tu non potevi non cavalcarla.
Scommettere contro tutti è pericoloso. Soprattutto se molti degli altri che giocano contro di te hanno un'esposizione personale limitata alle perdite; oppure se non hai un tempo infinito per considerare tutti i dettagli degli investimenti e girare tanti modelli – può essere che tutti gli altri abbiano ragione e i prezzi continueranno a salire ancora per molto. Al gioco delle bolle a volte ti sei sentito di doverci giocare: non potevi deviare dal gruppo. E hai vissuto nel terrore di ritrovarti ad essere quello che per frenare solo quando frenano gli altri finisce nel burrone. Quella volta è andata bene, ma ci ripensi, al trovarsi soli, con quello strano magone che ti dà quella canzone inglese tradotta in Italiano:
Han spento già la luce
Son rimasto solo io
E mi sento il mal di mare
Il bicchiere però è mio
(“A whiter shade of Pale” dei Procul Harum nella versione dei Dik Dik -1967)
Non hai trovato modi di predire quando finiscano le bolle: hai trovato poche regolarità. A volte un'innovazione finanziaria ha chiarito le reali condizioni di scarsità dell'asset, altre volte
nuove informazioni sembrano aver cambiato repentinamente il sentimento collettivo, altre ancora si è creata improvvisamente una discrepanza di vedute tra gli investitori e la realtà ha dato ragione ai meno ottimisti. Ti ricordi anche di vari casi in cui sono arrivati i famosi arbitrageurs, come succedeva una volta con i mercati dei cambi valutari. L'idea di cercare le bolle con test empirici è venuta anche a te, come a tanti.
Continui a farlo ma sai che è un esercizio al di sopra delle tue capacità intellettuali e
richiederebbe molti più dati di quanti ne hai mai avuti. Peggio, a volte non sai neanche dire se repentine cadute di prezzi che hai visto nel passato corrispondevano allo scoppiare di bolle o
ad un cambiamento dei fondamentali. Hai trovato che in quegli episodi in cui hai poi pensato, troppo tardi, che si trattasse di una bolla, i volumi di transazioni erano assurdamente elevati:
così ora ci guardi con più attenzione. Non si tratta certo di uno strumento sofisticato, te ne rendi conto. La musica italiana non ti abbandona, senti una voce femminile di quando eri piccolo che sussurra:
Datemi un martello.
Che cosa ne vuoi fare?
Lo voglio dare in testa
A chi non mi va,…
(“If I had a hammer”di Pete Seeger nella versione di Rita Pavone – 1964)
Il problema poi è che le bolle che hai visto sono sempre iniziate da storie credibili. Per esempio, quando innovazioni finanziarie hanno reso possibile impacchettare grandi quantità di mutui, per molti anni hai creduto ragionevole pensare che l'aumento di accesso al credito si riflettesse in prezzi crescenti delle case. Poi sei arrivato in ufficio e la musica era finita.
(*) con questo pseudonimo, preso a prestito da un film di Paolo Sorrentino, si firma un importante gestore italiano della City.