Famiglie e imprese: è il momento di dare una prova di maturità

24.11.2021
Tempo di lettura: 5'
Negli ultimi trent' anni la produttività in Germania è cresciuta del 23%, in Francia del 10% e in Italia è scesa del 12,5% malgrado fossimo nel pieno di una rivoluzione tecnologica e in pieno boom economico. Se ciò è avvenuto è perché il nostro svantaggio non viene da vicino, non è lieve e non si cura in pochi mesi. Ma oggi abbiamo una grande occasione
“Non ci siamo abituati e quindi fatichiamo ad ammettere che la società italiana sta dando ripetute dimostrazioni di equilibrio e sta esprimendo una voglia di stabilità che non conoscevamo da tempo”, così un editoriale del Corriere della Sera, a firma di Dario Di Vico. “Mi è già capitato di sottolineare come ciò sia dovuto al “sottostante”, ai due sistemi cardine della struttura sociale, le famiglie e le imprese, e alla loro capacità di tenuta di fronte alla pandemia”.
Riportiamo questo passaggio per evidenziarne la corrispondenza che si trova nei numeri. Quelli di Istat, per iniziare, secondo cui il clima familiare per 9 intervistati su 10 non è peggiorato nel corso della pandemia. Ma anzi è avvenuto il contrario. Non c'è stata la temuta ondata di separazioni e divorzi quale conseguenza della convivenza forzata. Gli uomini tra i 35 e 44 anni hanno significativamente aumentato il tempo dedicato alla famiglia.
Per Aipb i capo-famiglia, tra i benestanti in prevalenza uomini (80%), hanno finalmente deciso di coinvolgere la famiglia nelle decisioni che riguardano la gestione del patrimonio.
Le donne hanno sviluppato capacità decisionale per tutto il nucleo familiare, non solo in merito alla scelta della casa, del quartiere, della città. Ma anche in merito alle intenzioni di risparmio. Che grazie alla loro influenza aumenta sia in maniera casuale (33%), sia intenzionale per motivi precauzionali (33%). Ma viene accumulato anche per accrescere il patrimonio (18%) o per effettuare investimenti e spese precisi (16%).
Sul versante delle imprese il fenomeno di rinnovata fiducia è ancora più vistoso considerata la competizione internazionale esse a cui sono esposte. Le aziende sono rimaste agganciate alle economie forti. Vorrebbero assumere ma non trovano giovani talenti. Nonostante il blocco della mobilità delle merci, hanno aumentato le esportazioni e un imprenditore su due non si fa intimorire dall'incertezza e ritiene che per affrontare i mercati e le sfide globali sia arrivato il momento di crescere di dimensione. Un imprenditore su due è infatti convinto che le pmi debbano diversificare le fonti di finanziamento e affrontare percorsi di crescita sostenibile, diminuendo l'enfasi sui finanziamenti bancari, perché la cosiddetta «produttività totale dei fattori» aumenti. Ovvero l'insieme delle conoscenze, dell'organizzazione pubblica e privata, dei comportamenti collettivi e personali, della voglia e possibilità di competere, di intraprendere e di fare che sfocia in creazione di valore.
Negli ultimi trent' anni la produttività in Germania è cresciuta del 23%, in Francia del 10% e in Italia è scesa del 12,5% (dati Penn World Table) malgrado fossimo nel pieno di una rivoluzione tecnologica e i mercati del mondo si stessero moltiplicando di molte volte. Se ciò è avvenuto è perché il nostro svantaggio non viene da vicino, non è lieve e non si cura in pochi mesi. Abbiamo una spaccatura che appare insanabile tra Nord e Sud: la mostra con precisione l'indice Desi regionale, che misura la digitalizzazione all'interno del territorio italiano. Tra la prima regione del Nord, la Lombardia e la prima del Sud (la Sardegna) c'è un abisso: un punteggio che quasi si dimezza. E in generale le regioni del Nord si posizionano tutte sopra la media italiana e quelle del Sud tutte al di sotto.
E poi c'è un tema più nazionale che è la scarsa consapevolezza del valore della governance per attrarre investitori terzi e raccogliere capitale diverso da quello bancario: solo il 15% degli imprenditori ritiene che abbia rilevanza dotarsi di una governance strutturata. Alla finanza, ed in particolare al wealth & corporate advisory del private banking, il compito di contribuire ad accelerare il processo di accorpamento/fusioni delle pmi che è partito. Nel medio periodo potrebbe forse riservare qualche sorpresa nella rilevazione della dimensione media delle imprese.
La prova di maturità della stragrande maggioranza degli italiani in questi giorni dimostra che una svolta in meglio è possibile. Perché il momento d' oro è questo, o forse mai più.
*direttore scientifico Aipb (Associazione Italiana Private Banking)
Per Aipb i capo-famiglia, tra i benestanti in prevalenza uomini (80%), hanno finalmente deciso di coinvolgere la famiglia nelle decisioni che riguardano la gestione del patrimonio.
Le donne hanno sviluppato capacità decisionale per tutto il nucleo familiare, non solo in merito alla scelta della casa, del quartiere, della città. Ma anche in merito alle intenzioni di risparmio. Che grazie alla loro influenza aumenta sia in maniera casuale (33%), sia intenzionale per motivi precauzionali (33%). Ma viene accumulato anche per accrescere il patrimonio (18%) o per effettuare investimenti e spese precisi (16%).
Sul versante delle imprese il fenomeno di rinnovata fiducia è ancora più vistoso considerata la competizione internazionale esse a cui sono esposte. Le aziende sono rimaste agganciate alle economie forti. Vorrebbero assumere ma non trovano giovani talenti. Nonostante il blocco della mobilità delle merci, hanno aumentato le esportazioni e un imprenditore su due non si fa intimorire dall'incertezza e ritiene che per affrontare i mercati e le sfide globali sia arrivato il momento di crescere di dimensione. Un imprenditore su due è infatti convinto che le pmi debbano diversificare le fonti di finanziamento e affrontare percorsi di crescita sostenibile, diminuendo l'enfasi sui finanziamenti bancari, perché la cosiddetta «produttività totale dei fattori» aumenti. Ovvero l'insieme delle conoscenze, dell'organizzazione pubblica e privata, dei comportamenti collettivi e personali, della voglia e possibilità di competere, di intraprendere e di fare che sfocia in creazione di valore.
Negli ultimi trent' anni la produttività in Germania è cresciuta del 23%, in Francia del 10% e in Italia è scesa del 12,5% (dati Penn World Table) malgrado fossimo nel pieno di una rivoluzione tecnologica e i mercati del mondo si stessero moltiplicando di molte volte. Se ciò è avvenuto è perché il nostro svantaggio non viene da vicino, non è lieve e non si cura in pochi mesi. Abbiamo una spaccatura che appare insanabile tra Nord e Sud: la mostra con precisione l'indice Desi regionale, che misura la digitalizzazione all'interno del territorio italiano. Tra la prima regione del Nord, la Lombardia e la prima del Sud (la Sardegna) c'è un abisso: un punteggio che quasi si dimezza. E in generale le regioni del Nord si posizionano tutte sopra la media italiana e quelle del Sud tutte al di sotto.
E poi c'è un tema più nazionale che è la scarsa consapevolezza del valore della governance per attrarre investitori terzi e raccogliere capitale diverso da quello bancario: solo il 15% degli imprenditori ritiene che abbia rilevanza dotarsi di una governance strutturata. Alla finanza, ed in particolare al wealth & corporate advisory del private banking, il compito di contribuire ad accelerare il processo di accorpamento/fusioni delle pmi che è partito. Nel medio periodo potrebbe forse riservare qualche sorpresa nella rilevazione della dimensione media delle imprese.
La prova di maturità della stragrande maggioranza degli italiani in questi giorni dimostra che una svolta in meglio è possibile. Perché il momento d' oro è questo, o forse mai più.
*direttore scientifico Aipb (Associazione Italiana Private Banking)