L'effetto-varianti frena l'ottimismo sulla crescita. Non solo in Ue

Rita Annunziata
29.7.2021
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La crisi torna a fare capolino tra le preoccupazioni dei dirigenti globali, attenuando anche gli ottimismi sulla crescita economica. Occhi sul ritiro delle misure di sostegno

La nuova edizione mensile della global survey di McKinsey ha coinvolto oltre 1.000 partecipanti tra il 12 e il 16 luglio, ponderando i dati sulla base del contributo della nazione di appartenenza di ciascuno di essi al pil globale

Il 71% si attende un miglioramento dell’economia mondiale nei prossimi sei mesi, in calo di 10 punti percentuali su giugno. A frenare sono soprattutto gli intervistati delle economie sviluppate, per i quali la percentuale scende al 65%

Olli Rehn: “Dobbiamo stare attenti a non ritirare prematuramente i sostegni alle imprese e le deroghe ai fallimenti. Solo quando assisteremo a una forte ripresa, potremmo applicare le politiche anticicliche keynesiane e ridurre lo stimolo fiscale”

Dopo che i timori legati all'inflazione avevano mescolato le carte in tavola nel mese di giugno, la crisi pandemica torna a fare capolino tra le preoccupazioni dei dirigenti. Attenuando anche gli ottimismi sulla crescita economica. Secondo la nuova edizione mensile della global survey di McKinsey (che ha coinvolto oltre 1.000 partecipanti tra il 12 e il 16 luglio, ponderando i dati sulla base del contributo della nazione di appartenenza di ciascuno di essi al pil globale), il 71% si attende un miglioramento dell'economia mondiale nei prossimi sei mesi, in calo di 10 punti percentuali su giugno. A moderare le aspettative sono soprattutto gli intervistati delle economie sviluppate, per i quali la percentuale scende al 65% (contro l'83% delle economie emergenti).
Eguale sentiment si riflette anche sui nove scenari a essi sottoposti sugli effetti della pandemia sul pil globale. Come nel mese di giugno, i leader tendono a selezionare molto più spesso lo scenario “A1” (caratterizzato da ricadute localizzate dell'impatto del virus sulla salute pubblica e da una crescita più lenta a breve termine), seppure una quota significativamente inferiore lo consideri come il più probabile. Lo scenario “B2” (caratterizzato da una presenza del virus simile e una politica monetaria meno efficace) è diventato il secondo più citato, superando gli scenari “A3” (caratterizzato dal contenimento degli effetti del virus sulla salute pubblica e un forte rimbalzo della crescita) e “B1” (impatto sulla salute contenuto e una minore crescita a lungo termine) maggiormente selezionati nell'indagine di giugno.
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Fonte: McKinsey global survey
Parallelamente, gli intervistati continuano a segnalare un crescente ottimismo sui tassi di disoccupazione dei loro rispettivi paesi nei mesi a venire. La quota di coloro che si attendono un incremento in tal senso (26%) è la più bassa da prima della pandemia e si rilevano più del doppio delle possibilità di assistere a una contrazione rispetto a un aumento. Una situazione che si rispecchia anche in America Latina, l'unica regione in cui a giugno le probabilità attese di un aumento della disoccupazione erano maggiori rispetto a quelle relative a una contrazione. Più in generale, gli intervistati continuano a considerare la pandemia, l'inflazione e le interruzioni nella catena di approvvigionamento come le tre principali minacce alla crescita economica dei loro rispettivi paesi. Ma, come anticipato, la crisi pandemica è tornata alla ribalta e risulta più citata dall'inflazione soprattutto nelle economie sviluppate.

La recente recrudescenza del virus è dunque uno dei numerosi fattori anche nel mirino degli economisti, nel misurare la forza della ripresa nell'Eurozona. Oltre a un possibile ritiro dei sostegni fiscali prima del necessario, come accadde nel 2012. Come ricorda il Financial Times, inoltre, la crescita della regione è già in ritardo rispetto agli Stati Uniti, che sono tornati ai livelli di produzione pre-crisi quasi un anno prima rispetto alle attese sull'Eurozona. Ciononostante, la maggior parte degli economisti resta ottimista e si attende una ripartenza con una crescita tra l'1,5 e il 2% nel secondo trimestre. Senza dimenticare come la revoca dei blocchi tra aprile e maggio abbia anche dato un boost alla fiducia di imprese e consumatori in tutto il continente, mentre le vendite al dettaglio sono rimbalzate ai livelli pre-pandemici e i mercati azionari della regione sono saliti a livelli record.

Nelle parole di Christine Lagarde della scorsa settimana, l'economia della zona euro è infatti “sulla buona strada per una forte crescita nel terzo trimestre”. Si prevede che il pil della regione crescerà tra il 4 e il 5% sia nel 2021 che nel 2022, recuperando la contrazione record del 6,6% nel 2020. Ma occhio ai sostegni alle imprese, appunto. “Dobbiamo stare attenti a non ritirarli prematuramente”, avverte Olli Rehn, capo della Banca centrale finlandese e membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea. “Solo quando assisteremo a una forte ripresa, potremo applicare le politiche anticicliche keynesiane e ridurre lo stimolo fiscale”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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