Economia net zero, l'Italia può giocare un ruolo di primo piano

Laura Magna
Laura Magna
20.1.2021
Tempo di lettura: 5'
Globalmente, la transizione verde produrrà valore per 15mila miliardi di euro a regime. E nel nostro Paese può generare investimenti nell'ordine di 12 miliardi all'anno, creando fino a 100mila posti di lavoro. Il rischio è nel deployment, come spiega Alessandro Cadei, Partner di Bain & Company.

L'Italia esprime campioni europei nell'energia e nel complesso vale 400 miliardi di euro. Ed eccelle nel fotovoltaico e nella componentistica della mobilità verde.

Ma ci vogliono in media 26 autorizzazioni e almeno quattro anni per aprire un parco eolico. Un tempo incompatibile per abilitare efficacemente la rivoluzione green.

L'Italia potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella transizione verde, grazie ai campioni industriali che possiede. Un primato potenziale che rischia di sbriciolarsi al cospetto della burocrazia. La stessa burocrazia che ci fa finire in coda alla classifica della Banca Mondiale sull'easing of doing business, per esempio, e che diventa un ostacolo insormontabile quando si parla, per esempio, di autorizzare un parco eolico. “Ci vogliono in media 26 autorizzazioni ed almeno quattro anni – dice a We Wealth Alessandro Cadei, Partner di Bain & Company e responsabile EMEA per la practice Energy & Natural Resources – e questo rischia di vanificare tutto il potenziale che l'Italia ha nell'ambito della rivoluzione dell'energia in corso”.

Energia, settore portante dell'economia italiana


Il settore è portante per la nostra economia: vale 400 miliardi di euro di giro di affari, produce 60 miliardi di valore aggiunto e genera 20 miliardi di investimenti all'anno in primis attraverso i campioni nazionali, che spiccano in un contesto mondiale e che dovranno cavalcare l'economia net zero. Quella che si creerà nel perseguire l'obiettivo Comunitario di neutralizzare le emissioni di CO2 al 2050. Per raggiungere il traguardo con successo, sarà imprescindibile concentrare gli sforzi sull'innovazione tecnologica e su una decisa semplificazione del contesto normativo e regolatorio. Alla fine, a livello globale, questo nuovo settore economico ha un valore, secondo Bain & Company, di 15mila miliardi di euro.


L'economia net zero vale a regime 15mila miliardi


Quando parliamo di economia net zero, parliamo del fatto che per realizzarla, la produzione di energia rinnovabile dovrà passare dall'attuale 17% al 65% dei consumi di energia primaria. La capacità elettrica rinnovabile dovrà aumentare da 1.5 TW a 15 TW: ciò implica, per la sola parte impiantistica, investimenti per circa 10.000 miliardi di dollari in tutto il mondo. La velocità di riduzione dell'intensità energetica, che oggi viaggia a ritmo di circa 1% annuo, dovrebbe aumentare di almeno tre volte, favorendo la diffusione di nuove soluzioni per cicli produttivi, edilizia, riscaldamento. Peraltro, al 2030, l'economia circolare - fortemente correlata all'efficienza energetica – creerà un giro d'affari stimato in circa 2.000 miliardi di dollari a livello globale.

Infine, i consumi energetici finali dei combustibili “carbon neutral”, dovranno pesare per oltre il 10%, con almeno 2 TW di capacità di elettrolizzatori e un investimento di almeno 3.000 miliardi di dollari (senza tener conto dei necessari investimenti per infrastrutture di trasporto, stoccaggio e distribuzione ed utilizzo).

… e in Italia può muovere 12 miliardi di investimenti annui e creare fino a 100 mila posti di lavoro


Nel nostro Paese, il potenziale secondo Cadei è almeno, di 10-12 miliardi di euro all'anno in termini di investimenti all'anno, e da 60 a 100 mila posti di lavoro creati. Si tratta di stime conservative, ma che sono portate a zero se per fare un parco eolico servono 26 autorizzazioni e in media 4 anni, come detto in apertura. “In quest'ottica, si tratta di costruire un piano industriale per l'Italia che faciliti lo sviluppo di questo percorso virtuoso e smorzi i costi della burocrazia italiana. Inoltre, noi scontiamo anche delle filiere a monte del settore che sono molto frammentate. Dal punto di vista dell'innovazione, questo aspetto - se non ben gestito - può tradursi in un collo di bottiglia, perché è l'ecosistema che facilita la crescita. Se le innovazioni sono rese più immediate dalla snellezza che deriva dalla piccola dimensione, nei momenti di discontinuità in cui bisogna accelerare l'eccessiva frammentazione rappresenta un handicap”.



Il ruolo del Recovery Plan come abilitatore della transizione verde


Il Recovery Plan potrà in qualche modo contribuire a far centrare l'obiettivo net zero in Italia. “Anche se c'è discreta incertezza ancora sul piano italiano – dice Cadei – alcune delle iniziative che contiene hanno una loro logica e un discreto grado di innovatività. Ci sono tuttavia due aspetti, per quanto attiene alla parte di transizione energetica, che devono essere letti in modo accorto: i tempi di deployment al 2022, innanzitutto. Per l'Italia storicamente è una difficoltà rispettare tempi così stretti per progetti così ambiziosi, soprattutto in considerazione del contesto regolatorio/normativo, da non sottovalutare. Il secondo aspetto da tenere in considerazione è che va rafforzata proprio la lettura in chiave di "Sistema Paese", che si colleghi al tema filiera e ambiti tecnologici. Veniamo da un periodo in cui il grosso della focalizzazione è stata sulla produzione di energia elettrica: il net zero cambia questa lettura perché accelera il concetto di riduzione delle emissioni non più verso un target ma appunto a zero toccando tutti gli ambiti. E questo impone un cambiamento di visione”.



La tecnologia italiana eccelle nel solare


Dal punto di vista delle evoluzioni tecnologiche, possiamo sfruttare l'eterogiunzione che cambierà le regole del fotovoltaico, assieme alle batterie; con alcuni operatori in Italia che potrebbero svolgere un ruolo importante a livello europeo e mondiale. Ma nel percorso si aprirà una sfida anche su tecnologie nuove, “dall'idrogeno al biofuel che sono agli albori. Quando si parla di bioenergie si pensa spesso alle biomasse, ma in realtà bisogna puntare anche su biometano, biofuel,… in una chiave rivista di circular economy. Il percorso net zero – avallato anche dal Recovery Plan - apre ad applicazioni e innovazioni tecnologiche e di modelli di business che sono oggi tutte da cogliere”.



… e nella mobilità (ma serve una execution chiara)


L'Italia può esprimere un valore in diversi ambiti del net zero. Dalle rinnovabili in cui “abbiamo assistito negli ultimi 15 anni - anche grazie ai programmi di incentivi 2005-2012 al consolidamento di alcune tecnologie oggi completamente industrializzate”, dice Cadei. “Anche la mobilità è settore che - complice anche il Covid - sta avendo un'accelerazione molto importante, come era stato per il fotovoltaico. Non pensiamo solo all'offerta delle case automobilistiche, ma all'infrastruttura sottostante, che in Italia si è avviata con qualche anno di ritardo rispetto a California e Paesi nordici, che ha avuto una discreta velocità di crescita ma rimane ancora arretrata rispetto alle necessità di magliatura che saranno necessarie da qui a 3-5 anni, in base all'evoluzione attesa. Qui anche il contesto regolatorio e normativo diventa un abilitatore importante del percorso di evoluzione”. Le tecnologie sono disponibili e, anche se non lo fossero, sarebbero facilmente accessibili. La cosa più complessa ora è l'execution di questo percorso. La domanda non è "cosa?", ma "come?".


“Oggi siamo in una condizione in cui una serie di scelte tecnologiche sono chiare e caratterizzeranno il prossimo decennio, ma bisogna avere il coraggio di cominciare a guardare il settore e le sue sfide con un angolo di partenza più proiettato al futuro: l'enorme potenziale dell'Italia si scontra con il day-by-day che ne rallenta la velocità di deployment”. Un collo di bottiglia che va eliminato per non perdere una grande occasione.

Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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