Due miti da sfatare sul debito pubblico (e chi lo dovrà pagare)

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Non è vero che l'onere ricadrà sulle generazioni future. E nemmeno che saranno i “soldi dei contribuenti” a renderlo sostenibile. Il ruolo delle banche centrali e la traiettoria dell'inflazione saranno determinanti

Le misure di stimolo all'economia per l'emergenza sanitaria e la profonda recessione in corso sono destinati ad appesantire ulteriormente il rapporto debito su Pil

Secondo le stime degli analisti, tale valore salirà oltre il 150% entro la fine dell'anno

L'attuale contesto di politica monetaria rende più sostenibile lo stock di debito accumulato in passato. Il ruolo della Banca centrale sarà sempre più decisivo








Ci sono due logorate affermazioni, in tema di deficit e debiti pubblici, che sono particolarmente urtanti, se non dannose, nella temperie del 2020. La prima è quella che dice: “quando aumenta il debito pubblico si addossa un peso ai nostri figli, nipoti e discendenti vari” (l'ultimo esempio è quello della vice-ministra dell'Economia, Laura Castelli – quota 5Stelle –, che ha dichiarato: “L'Italia, come altri paesi, ha bisogno del sostegno economico europeo per non fare debito che appesantirà le prossime dieci generazioni”). La seconda affermazione è quella che stigmatizza salvataggi, sussidi ed erogazioni fatti “con i soldi dei contribuenti”.












Esaminiamo le due affermazioni, cominciando dalla prima. Quel fatto che, indebitandoci, lasciamo un debito ai nostri eredi, sembra verosimile perché istintivamente, pensiamo al nostro piccolo: se io, padre di famiglia, mi indebito e poi defungo, lascio quel debito ai miei figli, i quali dovranno arrabattarsi per pagarlo o, nella migliore delle ipotesi, avranno una eredità decurtata di quella passività. Ma quello che è verosimile e vero nel nostro piccolo non è vero nel "nostro grande", ove per questa espressione si intenda lo Stato, in quanto distinto dal privato.

Il debito pubblico può benissimo non essere mai ripagato: tecnicamente, alla scadenza può essere sostituito con altro debito, e così via fino alla notte dei tempi. Quello che gli eredi (cioè le prossime generazioni) devono pagare non è il debito ma il servizio del debito, cioè gli interessi sui titoli emessi; tuttavia, se gli interessi, come nel caso attuale, sono vicini a zero se non, per non pochi paesi, addirittura negativi, allora neanche quel fardello è un problema. Il debito, si dice, è sostenibile.




Ma cosa succede se i mercati si preoccupano del debito che aumenta e rifiutano, alla scadenza, di sottoscrivere altri titoli? La preoccupazione è legittima, ma dimentica un altro attore: la banca centrale. Secondo Will Rogers, un famoso americano della tribù dei Cherokee vissuto a cavallo del ‘900, nella storia dell'umanità ci sono state tre grandi invenzioni: il fuoco, la ruota e la banca centrale. E la terza di queste grandi invenzioni si sta rivelando molto utile. Se i titoli emessi dallo Stato sono sottoscritti dalla Banca centrale, questa, che fa parte dello Stato in senso lato, non si può rifiutare di rinnovare i titoli. E la banca centrale non avrà mai difficoltà a comprare e rinnovare i titoli perché attinge al pozzo di San Patrizio della sua facoltà di creare moneta.

Lo so, c'è qualcosa che ci disturba nel profondo su questa faccenda dello stampar soldi. Non dico che sia la stessa cosa del falsario che fa lavorare il torchio in qualche clandestina cantina, ma nondimeno lascia qualche graffiatura nel nostro sentire di quel che è giusto e quel che è sbagliato. Sembra troppo facile. Abbiamo un problema con l'economia che non cresce? Stampiamo soldi! Da piccoli ci hanno insegnato che l'ozio è il padre dei vizi, e cosa c'è di più ozioso che premere un tasto sulla tastiera del computer (oggi non è più necessario sprecare tempo ed energia per far girare il torchio!) e creare soldi dal nulla? Una creazione che sembra usurpare le prerogative del Creatore: la manna dal cielo









può solo essere elargita da Qualcun Altro!
Eppure... Eppure la possibilità di creare danaro è reale ed è un dono, se non della Provvidenza, dell'ingegnosità umana che ha creato la moneta fiduciaria. Certo, è un dono da maneggiare con cura. Agli albori della moneta fiduciaria, questa fu mal gestita. Come disse il duca di Saint Simon nella Francia del ‘700, una banca che emetta moneta cartacea può essere tentata di farlo al di là delle sue riserve in metallo prezioso; e questa “tentazione” è tanto più probabile in una monarchia assoluta come quella francese, dove la creazione di moneta era soggetta alle “necessità di guerre mal condotte, alla rapa- cità di ministri, favorite o amanti, alla prodigalità di un sovrano...”. Ma oggi le cose stanno diversamente, e, se riusciamo a scrollarci di dosso le nostre istintive severità dobbiamo riconoscere che ci sono circostanze, come quelle attuali in cui l'iniezione di liquidità è indispensabile per la sopravvivenza dell'economia. L'obiezione classica – creare moneta crea inflazione – si è rivelata fallace: se la moneta non gira perché famiglie e imprese non spendono, l'inflazione rimane dormiente e se dovesse rialzare la testa le banche centrali, che hanno il potere di creare, hanno anche il potere di distruggere: cioè di drenare la moneta creata in precedenza. Per valutare la sostenibilità del debito, insomma, bisogna guardare al debito pubblico “di mercato”, cioè quello detenuto da privati, escludendo quello detenuto dalla banca centrale, che equivale a un debito irredimibile e a costo zero (gli interessi, peraltro molto bassi, sono tecnicamente pagati dallo Stato, ma poi tornano indietro sotto forma di trasferimento allo Stato degli utili della banca centrale). La seconda logora affermazione ("i soldi dei contribuenti") viene sbugiardata dalla prima. Le spese non si fanno con i soldi dei contribuenti, ma con quelli della banca centrale, che a loro volta vengono dal pozzo di San Patrizio.





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