Crescita cinese: non esattamente un disastro

29.1.2019
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Lo scorso anno si era chiuso all'insegna del pessimismo degli investitori per quanto riguardava la crescita cinese, con solo qualche mosca bianca a mostrare ottimismo. Ma, secondo DWS, i fatti starebbero già smentendo i pessimisti
Già un anno fa i titoli dei giornali e gli analisti si abbandonavano alla preoccupazione del tasso di crescita cinese "più basso dal 1990"
Si tratta però di un fenomeno strutturale della crescita previsto con esattezza estrema dal governo cinese, che non batte ciglio e mira adesso a costruire la sua economia domestica. A svantaggio di alcuni grossi investitori internazionali
Qualcuno ci aveva già scommesso. Il Chinese economic surprise index del resto mostrava una tendenza al rialzo, come ripreso da We Wealth. E anche il report McKinsey si attestava sul consueto equilibrio, dando una visuale a tutto tondo del fenomeno colossale della crescita cinese. Ora, anche l'asset manager DWS afferma che le previsioni della vulgata per l'espansione sgonfia del Paese di Mezzo erano decisamente pessimistiche. L'analisi è di un insider, Xueming Song, capo economista per la Cina di DWS.
Nel 2018 sono arrivati i primi dati sul rallentamento della crescita cinese. Fatto strutturale della crescita di quelle che prima si chiamavano economie in via di sviluppo: all'aumentare del Pil diminuisce la percentuale annua di crescita. Ma in quel momento sembrava che gli investitori e la stampa se ne dimenticassero, abbandonandosi ad analisi e titoli preoccupanti. Nonostante la prudenza e la trasparenza cinesi.
Il Consiglio di Stato cinese infatti un anno fa aveva formulato un obiettivo di crescita del 6,5%. Fatto che già faceva parlare del "tasso di crescita più basso dal 1990". Dichiarazione che oggi viene ancora ripetuta con preoccupazione. Ma il Dragone non batte ciglio. Con un risultato finale della crescita del 6,4% per il quarto trimestre e del 6,6% per l'intero anno, le previsioni di Beijing si sono rivelate ancora una volta estremamente precise.
Ad oggi, si sta diffondendo la convinzione che Pechino potrebbe formulare un obiettivo di crescita del 6% - 6,5% per il 2019. Ossia, "il Paese di Mezzo potrebbe rivelarsi di nuovo un rifugio di stabilità in un mondo dalle prospettive economiche più deboli", sottolinea Xueming Song, l'economista capo per la Cina di DWS.
Ma se non dovesse essere così, si ripiomberebbe nella tempesta di titoli catastrofisti sui giornali. "Gli scettici potrebbero chiedersi perché così tante società occidentali motivano la flessione delle proprie cifre trimestrali e prospettive più basse con l'indebolimento della domanda dalla Cina". La risposta la dà in un certo senso Xueming Song quando sottolinea che la Cina sta ormai puntando su consumi e servizi interni, grazie anche agli attuali stimoli economici. "Le società straniere invece in passato traevano principalmente vantaggio dagli investimenti in infrastrutture e impianti. Il margine per i classici programmi di investimento sta diminuendo di fronte alle sovraccapacità e al rapido aumento del debito, come ha anche riconosciuto il governo di Pechino negli ultimi anni".
Al lupo, al lupo!
Nel 2018 sono arrivati i primi dati sul rallentamento della crescita cinese. Fatto strutturale della crescita di quelle che prima si chiamavano economie in via di sviluppo: all'aumentare del Pil diminuisce la percentuale annua di crescita. Ma in quel momento sembrava che gli investitori e la stampa se ne dimenticassero, abbandonandosi ad analisi e titoli preoccupanti. Nonostante la prudenza e la trasparenza cinesi.
Il Consiglio di Stato cinese infatti un anno fa aveva formulato un obiettivo di crescita del 6,5%. Fatto che già faceva parlare del "tasso di crescita più basso dal 1990". Dichiarazione che oggi viene ancora ripetuta con preoccupazione. Ma il Dragone non batte ciglio. Con un risultato finale della crescita del 6,4% per il quarto trimestre e del 6,6% per l'intero anno, le previsioni di Beijing si sono rivelate ancora una volta estremamente precise.
Il nuovo obiettivo della crescita cinese
Ad oggi, si sta diffondendo la convinzione che Pechino potrebbe formulare un obiettivo di crescita del 6% - 6,5% per il 2019. Ossia, "il Paese di Mezzo potrebbe rivelarsi di nuovo un rifugio di stabilità in un mondo dalle prospettive economiche più deboli", sottolinea Xueming Song, l'economista capo per la Cina di DWS.
Ma se non dovesse essere così, si ripiomberebbe nella tempesta di titoli catastrofisti sui giornali. "Gli scettici potrebbero chiedersi perché così tante società occidentali motivano la flessione delle proprie cifre trimestrali e prospettive più basse con l'indebolimento della domanda dalla Cina". La risposta la dà in un certo senso Xueming Song quando sottolinea che la Cina sta ormai puntando su consumi e servizi interni, grazie anche agli attuali stimoli economici. "Le società straniere invece in passato traevano principalmente vantaggio dagli investimenti in infrastrutture e impianti. Il margine per i classici programmi di investimento sta diminuendo di fronte alle sovraccapacità e al rapido aumento del debito, come ha anche riconosciuto il governo di Pechino negli ultimi anni".

Il grafico dà uno sguardo al contributo della Cina alla crescita economica globale. Negli ultimi decenni, il peso del Dragone nella crescita globale è passato dal 3% degli anni '80 ad oltre il 25%. Quindi, per ogni dollaro di Pil, più di un quarto proviene dalla Cina. Negli ultimi dieci anni, questo peso è rimasta più o meno costante. Sebbene, nello stesso periodo, il tasso di crescita cinese annuo sia sceso da oltre il 10% al 6,6%. La ragione? E' matematica e rimanda a Solow. La sua economia è semplicemente molto più ampia che in passato