Con la Gen Y vince il wealth manager digitale e inclusivo

Laura Magna
Laura Magna
15.6.2021
Tempo di lettura: 5'
Tutti gli elementi che influenzano i comportamenti di acquisto della generazione del Millennio e come possono essere trasformati in valore dalle imprese finanziarie, secondo Giovanni Andrea Incarnato, EY Italy Wealth & Asset Management sector leader
Nativi digitali, attenti alla responsabilità sociale e disposti ad agire per cambiare il mondo il meglio. Più competenti di finanza delle generazioni precedenti e bisognosi di proteggere il proprio patrimonio. Attenti alla customer experience e al rapporto prezzo/qualità. Alla continua ricerca di informazioni e disposti a cambiare private bank. È molto difficile descrivere come una categoria omogenea quelli che a breve diventeranno i clienti principali del wealth management. Ma conoscerli aiuta gli operatori a orientare l'offerta. In che direzione ha provato a spiegarcelo Giovanni Andrea Incarnato, EY Italy Wealth & Asset Management sector leader.
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Partiamo da una definizione: si dice spesso che i Millennial siano ben diversi dai clienti serviti tradizionalmente dalle private bank. In cosa sono diversi?

Nella EY Global Wealth Management Research 2021 abbiamo segmentato i clienti su driver generazionali, per capire quali fossero le caratteristiche che rendono i Millennials un segmento così particolare rispetto alla Gen X o ai Baby Boomers. Innanzitutto essi mostrano una forte attitudine al digitale e, anzi, sono nativi digitali. Il secondo tratto fortemente distintivo riguarda l'ampiezza di vedute verso l'innovazione e la responsabilità sociale, dei quali si fanno portatori, con l'obiettivo di spingere il cambiamento della società e dell'economia globale. Gli operatori devono tenere bene a mente questi fattori in quanto influenzano il modo di pensare e i purchase pattern dei Millennials, che sono più informati, più fluidi e maggiormente improntati al confronto continuativo dei prodotti e servizi che acquistano.

Quali obiettivi perseguono quando si parla di patrimoni?

Innanzitutto protezione del patrimonio e sicurezza finanziaria, che riflettono la situazione dei giovani spesso incerti circa il proprio futuro finanziario, lavorativo, sociale. Rispetto a ciò, bisogna inoltre considerare come l'emergenza Covid abbia esercitato un impatto rilevante sulle attitudini di rischio, con i giovani che maggiormente dichiarano che saranno più prudenti in futuro per effetto della pandemia. Poco più della metà dei Millennials intervistati (56%) dichiara di aver raggiunto o di essere sufficientemente preparato a raggiungere i propri obiettivi. Rimane, tuttavia, una rilevante porzione di essi che pensa di non possedere sufficienti capacità per indirizzare correttamente le attività per la gestione del proprio patrimonio. Proprio per questo motivo, uno dei principali ruoli che le Private Bank devono assolvere, per costruire relazioni di successo con i Millennials, è quello di partner fidato nell'affiancamento del cliente e nello sviluppo delle competenze necessarie per il raggiungimento dei suoi obiettivi finanziari.

Ma in base a cosa scelgono di affidarsi a un wealth manager?

In primo luogo, guardano al track record di performance e al grado di evoluzione digitale dell'intermediario. Non è un caso, infatti, che le due categorie alle quali tali clienti dichiarano di volersi rivolgere in futuro siano le Private Banks e le Fintech. Queste ultime stanno lentamente ma inesorabilmente guadagnando terreno fra i clienti più giovani offrendo Customer Experiences allineate a quelle con cui i Millennials sono abituali a confrontarsi (le Big Tech come Google, Amazon) e sviluppando anche proposizioni finanziarie sempre più robuste e interessanti. Dal canto loro, le Private Banks possono vantare un track record di performance e stabilità nettamente superiore, oltre che un approccio di maggiore vicinanza e guida del cliente che va a colmare quel suo gap esperienziale verso la realizzazione dei propri obiettivi. Infine, i Millennials attribuiscono maggiore importanza ai fattori di sostenibilità e Diversity & Inclusion, e dichiarano di voler instaurare un rapporto di collaborazione con quei player che condividono questi valori e li perseguono attivamente nelle proprie politiche aziendali. Su questi elementi si decideranno vincitori e vinti del prossimo futuro.

In termini di prodotti e servizi utilizzati, come e quanto differiscono i Millennials dalle altre generazioni?

Dalla nostra indagine non emergono differenze significative in termini di prodotti e servizi utilizzati, legati alle singole strategie di gestione del patrimonio e non tanto all'età anagrafica del cliente. Ma le diversità si riscontrano nella percezione del valore generato e nell'esperienza cliente. I Millennials si dimostrano molto più soddisfatti degli altri rispetto al rapporto qualità/prezzo dei servizi ricevuti: questo è un aspetto molto incoraggiante per gli operatori che sottolinea come si stiano correttamente adeguando a questo segmento e comprendendo le loro esigenze. Il rovescio della medaglia tuttavia c'è e risiede nella preoccupazione dei clienti più giovani, e quindi con minore esperienza nei prodotti/servizi di investimento, di incorrere in costi nascosti. Su questo aspetto gli operatori dovranno lavorare in futuro, incrementando la loro trasparenza e gli sforzi di formazione dei giovani. Il secondo aspetto da considerare quando si definiscono Value Proposition per i clienti Millennials è la Customer Experience: non è importante solo il prodotto, ma l'esperienza associata ovvero il processo di sottoscrizione, come il cliente ne fruisce, come lo monitora nel tempo.

La digitalizzazione è uno dei punti cardine attorno al quale ruoteranno gli sforzi di evoluzione degli operatori per incrementare la propria attrattività verso i Millennials: corretto?

La tecnologia assolverà al ruolo fondamentale di abilitatore e orchestratore della relazione, ma da sola non è sufficiente alla realizzazione di modelli di servizio ad alto valore aggiunto. Nonostante l'elevata fiducia riposta nei benefici degli strumenti digitali, i Millennials non sono disposti a rinunciare all'elemento umano della relazione, prediligendo i modelli ibridi in cui questi due fattori coesistono in egual misura. Ciò in virtù del fatto che questa generazione più delle altre associa la digitalizzazione anche a una percezione di spersonalizzazione dei servizi offerti, percezione a cui gli operatori devono rispondere focalizzandosi sull'erogazione di servizi che, seppur digitali, devono restare “tailored” per il cliente.

L'industria bancaria ha fatto negli anni molti sforzi per guadagnare il loro favore, ma fatica a stabilire con loro una relazione duratura. È lo stesso per il Wealth Management?

La predisposizione verso una continua ricerca di informazioni e comparazione di soluzioni alternative rende i Millennials meno “fedeli” rispetto alle altre generazioni e maggiormente disposti a detenere il proprio patrimonio presso molteplici operatori (circa il 60% dichiara di voler detenere posizioni presso più intermediari). Le motivazioni risiedono nella ricerca di migliori performance e dell'eccellenza nei servizi digitali, mentre vi è un minore impatto di ragioni legate al costo del servizio. La buona notizia è che questo è un punto di partenza su cui i wealth manager possono costruire per diventare agli occhi dei loro clienti emergenti più appetibili.

(Articolo pubblicato sul numero di giugno di Wealth Magazine)
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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