Chi vincerà la guerra tra varianti e vaccini

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Il Covid combatte con le sue versioni più virulente, ma i progressi della scienza riducono i morti. Il che fa ben sperare anche per la ripresa economica: oltre alla spesa pubblica, in campo c'è un tesoretto di risparmi privati pronto a essere consumato
Fu alla fine del 2019 che una sottospecie di coronavirus – oggi ribattezzata Sars-CoV-19 – fece il suo ingresso sulla scena. Fra non molto saranno due anni da quando l'umanità ha iniziato la sua battaglia contro questo insidioso nemico. È una guerra? Sì, ma non come la si intende di solito. Quando il leader Nord-Coreano Kim Jong-un si vantò di poter colpire l'America con i suoi missili, Trump dichiarò che a quelle minacce avrebbe risposto con “fuoco e furia quali mai il mondo vide prima”. Il che va ancora bene quando si parla di 'guerre calde', ma come si fa ad attaccare un virus con 'fuoco e furia'?
Trump era nel suo elemento quando si trattava di confrontare un nemico in carne e ossa (ricordiamo anche come, nel corso di una riunione con i ministri della Difesa e degli Esteri, Trump tuonò che bisognava raddoppiare il numero delle testate nucleari, e il suo Segretario di Stato di allora, Rex Tillerson, sussurrò a un aiutante di campo che il Presidente era un 'moron', cioè 'un idiota'. Naturalmente poi smentì, ma in breve tempo fu sostituito...). Ecco spiegato perché l'America di Trump fu travolta da un virus che è insensibile alle testate nucleari...
E torniamo al Covid. A fine anno ci saranno stati 200 milioni di casi e più di 4 milioni di morti. Sono pochi? Sono tanti? Nella storia delle pandemie giganteggia la 'spagnola' del 1918-1919 (ne abbiamo parlato su queste colonne il dicembre scorso), che fece molte decine di milioni di morti e contagiò un quarto della popolazione mondiale. Molto di più di adesso, e con ragione, come vedremo più sotto. Ma ci sono inquietanti somiglianze con quel che avvenne allora: i contagiati diminuirono nell'estate del 1918, e, a inizio agosto, c'era una palpabile speranza che il virus avesse terminato la sua corsa. Ma, col senno di poi, era 'la calma prima della tempesta'. In Europa, una nuova versione del virus era emersa, più virulenta della prima. Del pari, nell'estate del 2020 – 102 anni dopo – sembrava che il contrasto al virus avesse segnato nuovi progressi. Ma, come allora, una seconda ondata emerse, più virulenta della prima, cogliendo di sorpresa tutti i governi, e non solo in Europa ma anche sull'altra sponda dell'Atlantico.

E adesso, in quest'estate del 2021, la storia si ripete ancora, con un'altra ondata alimentata da altre varianti del virus: dopo l'Alpha è venuta la Beta, la Gamma, la Delta, poi si parla della Lambda: come succede in quei videogiochi in cui il nostro eroe ha appena sconfitto un mostro, e ne spuntano fuori altri sette. Le varianti del Sars-CoV-19 sono casuali. Un seminale libretto del premio Nobel per la medicina, Jacques Monod – «Il caso e la necessità» – spiegò i meccanismi dell'evoluzione. Le mutazioni, pur casuali, procedono con tale rapidità che prima o poi ne spunta fuori una che è più 'brava' (dal punto di vista del virus) delle altre, infetta più facilmente e riesce perfino, talvolta, a scantonare le difese immunitarie.

Oggi, chi vincerà? La gara – è chiaro ormai – è fra le varianti e i vaccini. E la posta in palio è l'economia del mondo, che è stata duramente colpita nel 2020 (l'anno peggiore dai tempi tormentati della Grande Depressione degli anni Trenta dello scorso secolo) e che sembrava essere, a metà 2021, in netta ripresa. Ma l'ondata di contagi, che si è manifestata a partire da fine giugno 2021, non potrà che avere un impatto su quella nascente ripresa. La legge delle 'conseguenze inattese' di solito porta a un 'inatteso' negativo, ma questa volta c'è stato un risvolto positivo. La paura fa novanta, e vi è stata una corsa ai vaccini in molti Paesi, specie là dove sono state adottate misure per dare ai vaccinati più facili accessi alla vita sociale. Il problema è che questa stessa paura che induce a cercare la protezione dei vaccini, non può che spingere a tirare in barca i remi della spesa. E torniamo alla domanda: chi vincerà? La risposta è ottimistica: vinceranno i vaccini.

Partiamo da un fatto interessante. Un po' dappertutto si è andato riscontrando un andamento dei decessi che è molto minore di quanto ci si sarebbe aspettato dall'aumento dei casi. Tutto questo è dovuto a due fattori: da una parte, la percentuale crescente di popolazione vaccinata fa sì che anche coloro che si contagiano subiscono il Covid in forma lieve. Dall'altra parte, dopo 18 mesi di lotta alla pandemia, siamo diventati più bravi a curare gli ammalati. Ma la ripresa, come detto, viene scalfita. Si tratterà, però, solo di una correzione. La voglia di spendere continua a covare sotto la cenere, il tesoretto dei risparmi resta lì – con i vecchi e nuovi supporti dei bilanci pubblici – pronto a essere speso una volta che sia “passata 'a nuttata”, come diceva Edoardo De Filippo.

Torniamo alla domanda iniziale: chi vincerà la gara? Fortunatamente, la scienza non si ferma. In un lungo articolo sul «Scientific American» del luglio 2021 viene data contezza di un rivoluzionario nuovo modo di produrre vaccini: proteine artificiali, disegnate in laboratorio, poco costose, efficaci in dosi minime e trasportabili a temperatura ambiente: sono già iniziate le prove cliniche nel Washington State e nella Corea del Sud. Insomma, alla fine vinceranno i vaccini.

 

(Articolo tratto dal magazine We Wealth di settembre 2021)

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